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Posts Tagged ‘ebrei’

Di fronte a quanto accaduto ad Israele e Gaza si rimane impietriti. Ogni parola, in una situazione così tragica per le numerose vite coinvolte e al contempo tanto complessa per le inestricabili relazioni in campo, appare inutile e vuota.

E allora ci si affida, io mi affido, agli scrittori. In particolare a due voci di alto valore morale, Tahar Ben Jelloun e David Grossman. Ovvero l’arabo e l’israeliano. Di Jelloun riporto lo sconcerto per quanto accaduto agli ebrei da parte di Hamas. Di Grossman una riflessione di questi giorni tanto tristi intorno alla parola “pace”. Che le loro parole siano fonte di ispirazione per chi muove i fili e le fila, potendo essere un auspicio di possibile mondo condiviso e condivisibile.

Io, arabo e musulmano di nascita, cultura ed educazione tradizionale marocchina, non riesco a trovare le parole per dire quanto sono inorridito da ciò che i militanti di Hamas hanno fatto agli ebrei. La causa palestinese è morta il 7 ottobre 2023, assassinata da elementi fanatici, impantanati in un’ideologia islamista della peggiore specie. Hamas è il nemico non solo del popolo israeliano, ma anche del popolo palestinese. Io, nella mia solitudine, nella mia tristezza e nella mia vergogna come essere umano, nel mio disgusto per questa umanità alla quale mi rifiuto di appartenere, dico: no, questa è una lotta che non onora la loro causa. No, a questi applausi in certe capitali arabe. Porteremo questa tragedia nella nostra memoria come un’offesa a tutta l’umanità.” – Tahar Ben Jelloun

“Dovrebbero passare anni senza violenza. In modo tale che israeliani e palestinesi imparino a trattarsi vicendevolmente in modo equo. Non sto parlando di amore tra i popoli. Sto parlando di comprensione reciproca, di accettazione reciproca, di curiosità reciproca, di guardarsi gli uni gli altri attraverso le lenti dell’autenticità, pur in una cultura ricca di contraddizioni interne. Sto parlando di liberarsi dei pregiudizi e degli stereotipi. Vorrei che trovassimo un posto in cui sentirci tutti a casa. Desidero solo la pace. Io vi invidio, perché voi lo sapete che cos’è. E forse non ci fate neppure caso, al fatto di vivere nella pace. Ma io so cosa mi manca. So qual è il prezzo che si paga per vivere tutta la vita in un clima di guerra e come ciò ti stritoli la mente e il cuore, la vita. Sì, ho fame di pace, ho sete di pace.” – David Grossman

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Era la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938. Iniziava la discesa verso l’inferno.

Su istigazione del ministro nazista della propaganda Joseph Goebbels inizia in Germania un pogrom contro gli ebrei compiuto da forze paramilitari e civili tedeschi.

Sinagoghe incendiate, appartamenti saccheggiati, negozi distrutti. E vetri disseminati ovunque. Circa duecento vittime. E 26.000 ebrei avviati ai campi di concentramento.

Ottant’anni fa. Ma la Storia ci riguarda sempre. E tutti.

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Risultati immagini per primo levi 30 anni fa

A trent’anni dalla sua scomparsa il monito di Primo Levi continua a vibrare indelebile. Seppur a tratti inascoltato.

E non possono che risuonare sempre alte le parole che usò Claudio Magris nel suo articolo per la scomparsa di Primo Levi: «È morto un autore le cui opere ce le troveremo di fronte al momento del Giudizio Universale».

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anita b.

Lascia Auschwitz fuori da questa casa“, è la raccomandazione che viene fatta ad Anita quando, uscita dal lager, viene accolta da parenti.

Ed è ciò che è accaduto allo stesso regista Roberto Faenza al momento della distribuzione del suo ultimo film, Anita B., ispirato al romanzo autobiografico Quanta stella c’è nel cielo di Edith Bruck. “Mi è bastato accennare al fatto che la protagonista del film fosse una giovane sopravvissuta di Auschwitz ed ecco che le porte delle sale cinematografiche si sono rinchiuse”, ha dichiarato il regista alla presentazione alla stampa della sua pellicola, aggiungendo: “Abbiamo trovato difficoltà ad uscire in sala. Non mi è mai accaduto di uscire con 15-20 copie: è offensivo verso il pubblico“.

Auschwitz tabù? Per Roberto Faenza l’Italia continua a restare “in un tranquillizzante oblio, una rimozione tale da impedirle di lavorare sulla memoria come dovrebbe, questo rispetto all’Olocausto ma anche ad altre stragi o fatti atroci. Colpevole a mio avviso è la televisione che è nemica della memoria.

Di fatto il film è il racconto di un ritorno alla vita, accompagnato dalla necessità-dovere di ricordare. Un film sulla memoria, quella traccia mnestica che ci permette poi di lasciare altre successive tracce. Come pensa tra sé e sé Anita nel finale: “Sono serena perché viaggio verso il passato con un solo bagaglio: il futuro“.

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lapointe6

Abbiamo un solo faro, la memoria.

Allora, che luce sia, anche se fioca.

Solo così, nella nebbia dei giorni, non ci perdiamo.

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Marc Chagall, "The white crucifixion" - 1938

Marc Chagall, “The white crucifixion” – 1938

Proprio mentre lo inchiodavano alla croce, egli disse: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno»” – Luca (23, 34).

“La crocifissione bianca” di Chagall è il dipinto preferito di Papa Francesco. Quadro solo apparentemente naif e luminoso, in realtà colloca la croce in un paesaggio di violenza e devastazione, quelle che si compivano contro gli ebrei europei in quegli anni. Tutto è raccontato con segni che rimandano al mondo ebraico, dal tallit, scialle di preghiera con cui è ricoperto il bacino di Cristo, al menorah, candelabro sacro che dal basso investe di luce soprannaturale il crocefisso. Di forte impatto emotivo è la fuga di tutti per la sopravvivenza, senza attenzione alcuna all’agonia di Cristo. Solo alcune figure volanti sospese nel cielo mostrano commozione. Quasi volendosi unire a quelle famose parole di perdono tramandate dai Vangeli.

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giornata-memoria

«Ausmerzen ha un suono dolce e un’origine popolare.
È una parola di pastori, sa di terra, ne senti l’odore.
Ha un suono dolce ma significa qualcosa di duro, che va fatto a marzo.
Prima della transumanza, gli agnelli, le pecore che non reggono la marcia, vanno soppressi».

Da “Ausmerzen” di Marco Paolini.

Nel 1933 in Germania si iniziò ad organizzare e mettere in pratica, col programma Aktion T4, la sterilizzazione e l’eliminazione di persone affette da malattie ereditarie, perché non produttive per la società. Questo sterminio di massa è stato raccontato da Marco Paolini in Ausmerzen: “T4 sta per Tiergartenstraße numero 4, un indirizzo di Berlino. Durante Aktion T4 sono stati uccisi e passati per il camino circa trecentomila esseri umani classificati come “vite indegne di essere vissute”. Cominciarono a morire prima dei campi di concentramento, prima degli zingari, prima degli ebrei, prima degli omosessuali e degli antinazisti e continuarono a morire dopo, dopo la liberazione, dopo che il resto era finito”.

Per non dimenticare…

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