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Posts Tagged ‘Olocausto’

Disegno di Thomas Geve, fanciullo ebreo di Stettino deportato ad Auschwitz all’età di 13 anni

Ricordare la Shoah. Un dovere morale, storico, civile.

Traccia mnestica indelebile per evitare che quell’orrore indicibile si ripresenti. Attraverso un rigurgito, una sopraffazione, una negazione.

Di modo che certi disegni infantili si conservino per sempre, ma non sia più possibile che alcun bambino li pensi.

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Era la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938. Iniziava la discesa verso l’inferno.

Su istigazione del ministro nazista della propaganda Joseph Goebbels inizia in Germania un pogrom contro gli ebrei compiuto da forze paramilitari e civili tedeschi.

Sinagoghe incendiate, appartamenti saccheggiati, negozi distrutti. E vetri disseminati ovunque. Circa duecento vittime. E 26.000 ebrei avviati ai campi di concentramento.

Ottant’anni fa. Ma la Storia ci riguarda sempre. E tutti.

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"Monumento ad Auschwitz" di Marcello Mascherini (1958) - Risiera di San Sabba, Trieste

“Monumento ad Auschwitz” di Marcello Mascherini (1958) – Risiera di San Sabba, Trieste

Risiera di San Sabba a Trieste.

Unico forno crematorio italiano.

Vi furono eliminati migliaia di partigiani, antifascisti, ebrei.

Oggi la Risiera è un museo.

Per ricordare che è stato.

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giorno memoria1

Il 27 gennaio 1945, all’apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitzfu rivelato al mondo l’orrore del genocidio nazista.

Alla luce degli ultimi e drammatici eventi francesi c’è da chiedersi se tutti noi stiamo tenendo fede a quell’impegno, a quel “patto” civile su cui abbiamo giurato di rifondarci, tenendo sempre l’attenzione alta e la memoria viva, in modo che una tale ecatombe non sia più. Senza dimenticare che proprio in sordina cominciò, col silenzio di tanti.

Un modo per ricordare è “inciampare”. Così ha pensato l’artista tedesco Gunter Demnig che dal 1995, partendo da Colonia, ha installato oltre 50.000 “pietre d’inciampo”, le Stolpersteine, nel selciato di molte città europee (ora anche a Torino, con la posa della pietra numero 50.000), davanti alle abitazioni teatro di deportazioni. Così i sampietrini riportano sulla piastra d’ottone il nome della persona deportata, con l’anno di nascita, data e luogo di deportazione e data di morte se conosciuta. Tentando così di restituire individualità a chi era stato ridotto a numero. Un modo per restituire memoria storica. Inciampando, fermandosi, riflettendo.

pietre inciampo

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anita b.

Lascia Auschwitz fuori da questa casa“, è la raccomandazione che viene fatta ad Anita quando, uscita dal lager, viene accolta da parenti.

Ed è ciò che è accaduto allo stesso regista Roberto Faenza al momento della distribuzione del suo ultimo film, Anita B., ispirato al romanzo autobiografico Quanta stella c’è nel cielo di Edith Bruck. “Mi è bastato accennare al fatto che la protagonista del film fosse una giovane sopravvissuta di Auschwitz ed ecco che le porte delle sale cinematografiche si sono rinchiuse”, ha dichiarato il regista alla presentazione alla stampa della sua pellicola, aggiungendo: “Abbiamo trovato difficoltà ad uscire in sala. Non mi è mai accaduto di uscire con 15-20 copie: è offensivo verso il pubblico“.

Auschwitz tabù? Per Roberto Faenza l’Italia continua a restare “in un tranquillizzante oblio, una rimozione tale da impedirle di lavorare sulla memoria come dovrebbe, questo rispetto all’Olocausto ma anche ad altre stragi o fatti atroci. Colpevole a mio avviso è la televisione che è nemica della memoria.

Di fatto il film è il racconto di un ritorno alla vita, accompagnato dalla necessità-dovere di ricordare. Un film sulla memoria, quella traccia mnestica che ci permette poi di lasciare altre successive tracce. Come pensa tra sé e sé Anita nel finale: “Sono serena perché viaggio verso il passato con un solo bagaglio: il futuro“.

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lapointe6

Abbiamo un solo faro, la memoria.

Allora, che luce sia, anche se fioca.

Solo così, nella nebbia dei giorni, non ci perdiamo.

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giornata-memoria

«Ausmerzen ha un suono dolce e un’origine popolare.
È una parola di pastori, sa di terra, ne senti l’odore.
Ha un suono dolce ma significa qualcosa di duro, che va fatto a marzo.
Prima della transumanza, gli agnelli, le pecore che non reggono la marcia, vanno soppressi».

Da “Ausmerzen” di Marco Paolini.

Nel 1933 in Germania si iniziò ad organizzare e mettere in pratica, col programma Aktion T4, la sterilizzazione e l’eliminazione di persone affette da malattie ereditarie, perché non produttive per la società. Questo sterminio di massa è stato raccontato da Marco Paolini in Ausmerzen: “T4 sta per Tiergartenstraße numero 4, un indirizzo di Berlino. Durante Aktion T4 sono stati uccisi e passati per il camino circa trecentomila esseri umani classificati come “vite indegne di essere vissute”. Cominciarono a morire prima dei campi di concentramento, prima degli zingari, prima degli ebrei, prima degli omosessuali e degli antinazisti e continuarono a morire dopo, dopo la liberazione, dopo che il resto era finito”.

Per non dimenticare…

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Maus (Maus: A Survivor’s Tale) è un graphic novel di Art Spiegelman, ambientato durante la seconda guerra mondiale ed incentrato sulla tragedia dell’Olocausto, sulla base dei racconti del padre dell’autore, un sopravvissuto ad Auschwitz. L’opera è suddivisa in due parti: Mio padre sanguina storia, che mostra il rapido inasprimento delle condizioni di vita degli ebrei polacchi negli anni precedenti lo scoppio della guerra, e E qui sono cominciati i miei guai, uno spaccato realistico della vita dei deportati all’interno del campo di concentramento durante la guerra. La narrazione delle vicende d’epoca nazista è intervallata da frammenti di vita quotidiana sul difficile rapporto tra Spiegelman e il padre, mostrando così come gli orrori patiti dai genitori si siano estesi anche alla generazione successiva.

Maus, che in lingua tedesca significa “topo”, usa la forma di fumetto allegorico (i tedeschi sono gatti, gli ebrei topi, gli americani cani, i polacchi maiali, i francesi rane e i russi orsi) dando corpo ad una narrazione essenziale nella sua dimensione tragica. Di questo romanzo – che nel 1992 gli ha fruttato uno speciale premio Pulitzer – Umberto Eco ha detto: «Maus è una storia splendida; ti prende e non ti lascia più».

Ps: a proposito di memoria, 45 anni fa sceglieva di chiudere la sua parabola umana il cantautore Luigi Tenco, che di sé scriveva: “Io sono uno / che sorride di rado, / questo è vero, / ma in giro ce ne sono già tanti / che ridono e sorridono sempre, / però poi non ti dicono mai / cosa pensano dentro.


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