Qualche sera fa, mentre osservavo con incantato stupore questo tramonto versiliano, riflettevo sulla bellezza della luce diurna in caduta. Metafore umane a parte.
Fotografando poi tale quotidiano lavoro (o capolavoro?) della natura, per fermare l’attimo certificandone ahimè la sua fine, fui attratta dalla tavolozza dei colori. L’arancio denso del giorno si inchiostrava, senza spruzzo alcuno come un tuffatore provetto, nel blu metilene della notte. Armonizzando nelle sfumature l’incontro pittorico.
Infine, riguardando in seguito l’esito fotografico, venivo colpita dall’inganno dolce perpetrato dalla luce esterna al mio laboratorio interno. Davanti allo scatto io vedevo, e vedo, un tramonto terso, di smalto, in terra d’Africa, in cui però non sono mai stata. Come se la terra di Tuscia divenisse ai miei occhi ancora più bella, quasi esotica. Quindi più lontana. Forse perché non quotidiana.
il Principe di Piemonte? Bellissimo
Cara Alidada, hai ragione a decantarne la bellezza. Un edificio che ci riporta agli anni ’20 del secolo scorso…
A presto, Es.
Ma che poesia cromatica!
Cara Es ,
è proprio vero che la luce crea inganni…
al punto da trasformare un quadretto paesaggistico in un altro .
In questi magici tramonti estivi.si coglie bene quel momento in cui ogni oggetto pare prendere forma e consistenza nuova,quel volume che la luce diurna aveva cancellato.
Quando la luce abbagliante di Luglio si attenua, i colori diventano più caldi e più morbidi, ricompaiono le ombre e ogni oggetto acquista così un aspetto nuovo, al punto da …creare inganni!
Buon proseguimento.