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Posts Tagged ‘fotografia’

Mads Nissen, “The First Embrace”, Vincitore World Press Photo 2021.

Un ritorno alla vita. Un inno all’abbraccio quale modalità umana d’elezione per raccontare, senza parole, quanto sentiamo vicino l’altro.

Così la foto vincitrice del World Press Photo 2021, “Il primo abbraccio” di Mads Nissen, ci ricorda in modo semplice ma potente la magia di due umani stretti e avvolti tra le braccia l’uno dell’altro. Quasi ali celestiali.

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Helmut Newton per Sports Illustrated – Antibes 1991

Un Ferragosto, di necessità, in bianco e nero. Ovunque e comunque.

Anche se, almeno in fotografia, il bianco e nero scolpisce, raggiungendo l’essenza.

Come ha dimostrato Helmut Newton. E come lo si può apprezzare attraverso la retrospettiva firmata Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation di Berlino, a lui dedicata. Fino al 20 settembre alla GAM di Torino.

Le copertine per Vogue, i ritratti di personaggi famosi, le fotografie di nudi. Tutte immagini iconiche quelle di Helmut Newton. Non solo lussuosamente eleganti ma narranti lo spirito dei tempi. Scatti seduttivi e sorprendenti. In una parola belli.

Con quel chiaroscuro che focalizza, scava, racconta. Come questo strano Ferragosto.

Helmut Newton, “Debra Winger” – Los Angeles 1983

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“Cielo d’Africa in terra di Tuscia” – Photo by Ester Maero

Qualche sera fa, mentre osservavo con incantato stupore questo tramonto versiliano, riflettevo sulla bellezza della luce diurna in caduta. Metafore umane a parte.

Fotografando poi tale quotidiano lavoro (o capolavoro?) della natura, per fermare l’attimo certificandone ahimè la sua fine, fui attratta dalla tavolozza dei colori. L’arancio denso del giorno si inchiostrava, senza spruzzo alcuno come un tuffatore provetto, nel blu metilene della notte. Armonizzando nelle sfumature l’incontro pittorico.

Infine, riguardando in seguito l’esito fotografico, venivo colpita dall’inganno dolce perpetrato dalla luce esterna al mio laboratorio interno. Davanti allo scatto io vedevo, e vedo, un tramonto terso, di smalto, in terra d’Africa, in cui però non sono mai stata. Come se la terra di Tuscia divenisse ai miei occhi ancora più bella, quasi esotica. Quindi più lontana. Forse perché non quotidiana.

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A volte la felicità, oltre ad essere una piccola cosa, è rivedersi felici.

Magari in una foto, in cui si era bambini, e spensieratamente leggeri e felici. Senza averne consapevolezza. Che c’è mentre si riguarda quella foto nel presente. E per brevi istanti, pur non ricordando, attraverso insondabili vasi comunicanti si è nuovamente felici. Dell’esserlo stati. Grati a chi tanto ci ha permesso.

A me succede con una foto di montagna in cui, due anni e tanti punti di domanda, sono in braccio a mio papà e sono felice. Chissà cosa scatenò quel mio sorriso pieno. Comunque, a rivedere quel mio stato, in modo misterioso io sorrido nuovamente. Grata al mio papà di aver reso eterno un momento di grazia.

Frammento affettuoso a cui sometimes ritorno. Per ricordarmi quale mondo mi girava intorno…

A papà Sergio e a quel tempo azzurro

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Una mostra fotografica che racconta la vita quotidiana a New York. Dal punto di vista di una bambinaia con la passione della fotografia, Vivian Maier.

Nella cornice della Palazzina di Caccia di Stupinigi un centinaio di scatti raccolti sotto il titolo “Vivian Maier. In her own hands”. A delineare un ritratto, di questa street photographer, che prende forma attraverso il suo sguardo, fatto di silenzi e sensibilità.

I suoi stessi negativi giacevano all’oscuro in un box andato all’asta. Un giovane americano, John Maloof, ne compra il contenuto e scopre Vivian Maier.

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Neil Aldridge, “Aspettando la libertà” (2017) – 1°premio categoria Ambiente “World Press Photo 2018”

Ultimi giorni torinesi per la mostra internazionale “World Press Photo 2018”, il concorso più prestigioso di fotogiornalismo.

Quest’anno la foto vincitrice assoluta è di Ronaldo Schemidt che, durante una manifestazione di protesta contro il presidente venezuelano Maduro, ha immortalato un ragazzo con una maglietta che sta prendendo fuoco.

La mia preferita è però quella di Neil Aldridge, vincitrice nella categoria “Ambiente”. Ritrae un rinoceronte bianco sottratto ai bracconieri, sedato e bendato, perché in attesa di tornare alla sua naturale libertà. In Botswana, al Delta dell’Okavango.

Mi hanno incantato i semplici ma intensi cromatismi: un unico tocco rosso su campo grigio. Una mascherina per riposarsi ad un gigante della savana. Il pericolo scampato e un unico sogno, la libertà.

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“Pinguini” di Sebastião Salgado

Riguardando questa famosa foto di Sebastião Salgado ho ripensato alla moria di cuccioli di pinguini.

E non ho potuto che riflettere sul destino inesorabile di tutte le specie viventi.

Un destino intessuto, a trama fittissima, di salti nel vuoto. Con una disperata rete di protezione, a maglia larghissima.

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Jaime Rojo, "The Monarchs in the Snow" - 2017

Jaime Rojo, “The Monarchs in the Snow” – 2017

Sembra un quadro. Invece è una foto. Tra quelle vincitrici del World Press Photo 2017 sezione natura. Autore Jaime Rojo. Titolo “The Monarchs in the Snow”.

Sono farfalle Monarca addormentate, ibernate dicono gli esperti, sulla neve. Caduta abbondante e inaspettata in Messico. Dove non dovrebbe. Ma dove l’uomo, con i suoi comportamenti ha fatto in modo che accadesse. Variando, o meglio storcendo, il corso naturale degli eventi.

Ma la Natura batte l’uomo 1 a 0 sempre. É diventata “resiliente”, adattandosi alle difficoltà. Così questo tappeto di butterflies attende diligentemente che il bianco sottostante le loro ali si smaterializzi. Per tornare poi a dare forma volante al proprio essere. E ai nostri sogni.

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Once upon a time c’era la fotografia. Per documentare luoghi, eventi, ritratti. Per fermare l’attimo fuggente. Per evidenziare un punto di vista.

In this time si fotografa proprio tutto, dal cibo a se stessi. Riversandolo poi, come un infinito blob, sulla Rete. Replicandolo così a dismisura.

Non si osserva, si scatta. In un’ansia montante di conservazione. Senza consapevolezza alcuna del momento.

Il paradosso ultimo, last but not least, è la foto dello scatto famoso (occhio alle mostre). Come elevare alla seconda, annullando però il fattore iniziale.

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E’ divenuto famoso per lo scatto della “Ragazza afghana”, quello sguardo magnetico da “Gioconda” che porta inscritto, senza mostrarlo, il mondo circostante. Occhi verdi e drappo rosso.

E poi gli scatti delle Torri Gemelle in fiamme, in rovina, in caduta. A raccontare un mondo che finiva.

Ma il fotografo Steve McCurry è soprattutto la cura millimetrica, linee e colore, nello scolpire con la luce e l’intuizione i volti delle latitudini meno ricordate. Asia in particolare.

La mostra che gli fa omaggio a Venaria Reale, oltre che ricca di materiale, è un viaggio intorno al paesaggio Uomo. Narrato da un sublime sguardo d’artista.

 

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