Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘Il nome della rosa’

umbertoeco

Ne “Il secondo diario minimo” Umberto Eco costruisce uno dei suoi divertissement, immaginando possibili risposte di filosofi, eroi, artisti et affini alla semplice domanda che poniamo incontrando qualcuno, “Come va?“.

Ecco alcune di queste, per ricordarlo nella sua arguzia e levità:

-Icaro: “Uno schianto

-Ulisse: “Siamo a cavallo

-Omero: “Me la vedo nera

-Pitagora: “Tutto quadra

-Socrate: “Non so

-Noè: “Guardi che mare

-Gesù: “Sopravvivo

-Giuda: “Al bacio

-Erasmo: “Bene da matti

-Galileo: “Gira bene

-Darwin: “Ci si adatta

-Beethoven: “Non mi sento bene

-Bellini: “Secondo la norma

-Dracula: “Sono in vena

-D’Annunzio: “Va che è un piacere

-Pirandello: “Secondo chi?

-Picasso: “Va a periodi

-Agatha Christie: “Indovini

-Alice: “Una meraviglia

-Spielberg: “Bene, E.T.?

Ps: Alla stessa domanda “Come va?“, forse il Professor Umberto Eco risponderebbe: “Va, va, va …“.

Può la terra non essergli lieve?

Read Full Post »

umberto-eco1

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.” – “La rosa che era (ora) esiste solo nel nome, noi possediamo solo nomi nudi.” Così si conclude quel long seller internazionale, da numeri vertiginosi, che è il romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco, semiologo, filosofo, intellettuale. Tra i più acuti del nostro tempo. Che ora ci lascia di sé sguarniti.

Il “mio” Umberto Eco è quello, come tutti, de “Il nome della rosa“, letto da ragazza, non capendo proprio l’intero, ma percependo la parte per il tutto, lezione a cui mi affezionai ben presto. Il mio culto per il Medioevo amanuense, segreto, sapienziale ebbe forse origine lì. In quel latino disseminato per la trama avvincente che mi costringeva a ripetute soste. Diventando così adepta della “ri-flessione” più che della “flessione”. Abituandomi a pensare intorno ai nomi delle cose. E alle loro conseguenze.

Poi il “mio” Eco divenne una “mappa per il tesoro”, e lavorare alla tesi di laurea con il suo “Come si fa una tesi di laurea“, potente “navigatore” ante litteram, mi fece provare piacere, denso, per il lavoro di ricerca. Tutto stava, ancora una volta, nella “parola”. Quel “fa” del titolo, invece di un più scontato “scrive“, mi condusse al territorio del “fare” antico in cui c’era tutta la minimalia dell’artigiano che costruisce.

Da grande ho amato e amo del Professor Eco l’attitudine, innata e sublime, al gioco linguistico, al calembour, al pastiche, al nonsense. Cercando quel divertissement, lieve e alto, ironico e sapienziale, in cui nulla appare utile, ma tutto palesemente futile. Eppure umanamente necessario per sopravvivere e comprendere. Come quella sua lectio, davvero magistrale, intorno al “Tu, Lei, la memoria e l’insulto“, di pochi mesi or sono, in cui connette i “pronomi di cortesia” con certe risposte date ai quiz televisivi, leggendo, ancora una volta “sapientemente”, il mondo.

Per Umberto Eco mi viene naturale usare la parola “sapiente”, colui che non solo ha “sapere” ma anche “sapore”, l’uomo cioè “che ha buon naso” e “investiga”, “percepisce con gusto” e “comprende”, “è saggio”.

Grazie Professor Eco per la Sua lezione di “sapidità”. I Suoi libri, come diceva Lei della lettura, ci allungheranno la vita. Con “sale”, quanto basta.

Read Full Post »