“Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.” – “La rosa che era (ora) esiste solo nel nome, noi possediamo solo nomi nudi.” Così si conclude quel long seller internazionale, da numeri vertiginosi, che è il romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco, semiologo, filosofo, intellettuale. Tra i più acuti del nostro tempo. Che ora ci lascia di sé sguarniti.
Il “mio” Umberto Eco è quello, come tutti, de “Il nome della rosa“, letto da ragazza, non capendo proprio l’intero, ma percependo la parte per il tutto, lezione a cui mi affezionai ben presto. Il mio culto per il Medioevo amanuense, segreto, sapienziale ebbe forse origine lì. In quel latino disseminato per la trama avvincente che mi costringeva a ripetute soste. Diventando così adepta della “ri-flessione” più che della “flessione”. Abituandomi a pensare intorno ai nomi delle cose. E alle loro conseguenze.
Poi il “mio” Eco divenne una “mappa per il tesoro”, e lavorare alla tesi di laurea con il suo “Come si fa una tesi di laurea“, potente “navigatore” ante litteram, mi fece provare piacere, denso, per il lavoro di ricerca. Tutto stava, ancora una volta, nella “parola”. Quel “fa” del titolo, invece di un più scontato “scrive“, mi condusse al territorio del “fare” antico in cui c’era tutta la minimalia dell’artigiano che costruisce.
Da grande ho amato e amo del Professor Eco l’attitudine, innata e sublime, al gioco linguistico, al calembour, al pastiche, al nonsense. Cercando quel divertissement, lieve e alto, ironico e sapienziale, in cui nulla appare utile, ma tutto palesemente futile. Eppure umanamente necessario per sopravvivere e comprendere. Come quella sua lectio, davvero magistrale, intorno al “Tu, Lei, la memoria e l’insulto“, di pochi mesi or sono, in cui connette i “pronomi di cortesia” con certe risposte date ai quiz televisivi, leggendo, ancora una volta “sapientemente”, il mondo.
Per Umberto Eco mi viene naturale usare la parola “sapiente”, colui che non solo ha “sapere” ma anche “sapore”, l’uomo cioè “che ha buon naso” e “investiga”, “percepisce con gusto” e “comprende”, “è saggio”.
Grazie Professor Eco per la Sua lezione di “sapidità”. I Suoi libri, come diceva Lei della lettura, ci allungheranno la vita. Con “sale”, quanto basta.
Piu’ conosco i tuoi maestri, più capisco te , cara Es, che spargi tanto sale intorno, arricchendo sempre .
Altro grande pezzo , che è già memoria . E di memoria Umberto lascia una lunga Eco dietro di sé.
Autore complesso, non facile nella sua profondità, come dimostra il suo stile ricco ed intricato, se così si può definire ( come ho trovato ” Il pendolo di Foucault” , e molti suoi articoli.
In questi ultimi anni siamo stati privati di molti grandi. Continuiamo a coltivarli , nel nome dei loro insegnamenti.
Sono molto colpita dalla scomparsa di Eco.
Anche io ho conosciuto Eco con “Il nome della rosa”, indimenticabile! Mi piace questa associazione sapere-sapore, molto vera! E il grazie è doveroso.
Cara Ester,
molto bello il tuo ricordo di Eco. In molte delle cose che dici mi riconosco: anch’io ho letto “Il nome della rosa” da giovinetta (un po’ più grande di te, mi par di capire 😉 ), non capendo proprio l’intero, ma percependo la parte per il tutto, lezione a cui mi affezionai ben presto. Il mio culto per il Medioevo amanuense non iniziò da lì ma da quella lettura ne uscì rafforzato. Così come i miei studi di filologia che ho portato a termine con la tesi su un commento trecentesco all’Inferno di Dante scritto in latino (un migliaio di pagine!), segnando il mio destino di futura prof della lingua dei Romani. Anch’io, come te, mi sono affidata ai sapienti consigli di Eco su come fare una tesi di laurea, la Bibbia di tutti i laureandi degli anni Ottanta e oltre.
Felice di aver scoperto ancora delle cose in comune con te. Un abbraccio e buona serata.
@ marisamoles
Da subito intuii con te, cara Marisa, una comunità di territori…
Un affettuoso abbraccio, Es.
@ Monique
Speriamo, cara Monique, che il “sale” lasciatoci dal Professor Eco ci sia bastevole in sua assenza…
A presto, Es.
@ sonia
Ti ringrazio, ma sei esagerata. Forse perché ami l’iperbole!
A presto, Es.
Cara Marisa, devi sapere che quello che hai scoperto di Es è solo la punta di un iceberg…. ( e non lo dico perchè è un carissima amica , ma in base a oggettività dei detti / fatti!)
Un maestro, vero.
Vero. Un magister, con quel “magis”, “più”, a caratterizzarlo.
A presto, Es.