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orso bruno

La storia dell’Orso Bruno cominciò qualche tempo fa con un mio ingresso in classe. Dissi: “Ragazzi, oggi ho mangiato male, ma male, ma proprio male!”.

Davvero, prof?“, mi chiese preoccupato uno studente. Io insistetti, con sorriso incorporato. Al che un altro, forse futuro copywriter, disse: “Ma Prof! Sta citando l’Orso Bruno della pubblicità!“.

Da quel giorno seguiamo, la mia classe e moi, le avventure “umane” dell’Orso Bruno, dalle improbabili partite a tennis alle temerarie pattinate, e spesso usiamo le sue battute quale sottocodice interno al gruppo per sdrammatizzare citando.

Ultimamente, quando vedo i miei studenti preda di ansie e preoccupazioni immotivate, parte la battuta: “Come siete teneri, quasi quasi vi mangerei!“.

Battute a parte, L’Orso Bruno della pubblicità viene considerato un vero fenomeno e, come tale, spopola in Rete.

Studiosi della comunicazione e attenti semiologi hanno analizzato i motivi di questo successo, che vede un animale farsi umano per sponsorizzare un prodotto, come lo fu il nero Calimero per un detersivo o l’ippopotamo Pippo per dei pannolini.

In questo caso l’orso piace perché rimanda ad un animale goffo ma simpatico, più Yoghi nel Parco di Yellowstone che autentico e pericoloso orso bruno. Ma Bruno piace soprattutto per la sua voce, che gli è stata prestata dall’attore Diego Abatantuono.

Diego poteva scegliere tra diverse sfumature, da quella “eccezzziunale” con cui il pubblico l’ha conosciuto a quella più recitata per cui è piaciuto a grandi registi. Invece ha scelto un tono informale, poco personale, ma con quel modo nonchalance e leggero di porgerci la battuta che solo un nostro amico poco “orso” potrebbe avere. Rendendocelo davvero simpatico.

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