Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘vaccino’

Siamo stressati. È indubitabile. Propriamente nel senso di “stretti”, ma anche “angosciati”.

“Stretti” nelle sacrosante ma pesanti maglie sociali limitative dettate da una pandemia che si è ormai appropriata di una quota importante del nostro tempo, ormai quasi due anni. E “angosciati” per un “tempo orizzonte” di ristretta misura, con le carte di  navigazione buttate a mare, dati gli inevitabili e continui aggiustamenti di rotta.

Quindi la “paura” dell’ignoto dello scorso anno pre-vaccinale, che ci permetteva di guardare solo al passo/metro successivo, ha lasciato il posto ad un’ansia diffusa nei confronti di un Tempo Covid indubitabilmente più gestibile, ma anche più allungato. Comprendendo infine, obtorto collo, che la “convivenza” con il virus assume il suo significato letterale di “vivere con”. Da cui “ansia”, nel dover tenere tutto sotto controllo (che per l’uomo è già una bella fola in tempo di pace…), e “fatica”, sentendo un “peso” che pare non alleggerirsi mai.

Quasi nuovi Sisifo. Costretti, per la nostra tracotante sfrontatezza, a spostare di continuo massi, per poi ricominciare. Scaltri, ma infine derelitti.

Pubblicità

Read Full Post »

Neppure il tempo di riprendere fiato e riposizionarsi in coda per la dose booster del vaccino, che entra in scena “omicron”, ultima arrivata (dal Sudafrica) variante Covid. Il che ci fa provare il senso frustrante e distopico del loop, ossia del ciclo continuo, della scena reiterata, della giostra che gira sempre uguale, del cerchio da cui non si esce. Come dalla “o” di “omicron”, appunto.

Dicono i saggi che la lezione, se non compresa, si ripresenta uguale. Forse è tempo di considerare la precarietà quale naturale compagna degli umani passi, come ben suggerisce il filosofo Umberto Galimberti ne “Il libro delle emozioni”:

Le pandemie dei secoli precedenti, con cui si fanno tanto i confronti, erano perlopiù ‘regionali’. Dobbiamo renderci conto che il Covid, invece, è la prima pandemia dell’era iperconnessa e globalizzata: questo vuol dire che il virus ci accompagnerà ancora per molto tempo, la sfida per l’uomo sarà adattarsi. Noi siamo abituati a essere assicurati contro qualsiasi imprevisto, ma la vita non è assicurata contro nulla: dovremmo consegnarci alla precarietà dell’esistenza, accettando che oggi siamo ancora più precari che nel passato”.

Quel senso di precarietà che ci fastidia, perché ci ricorda che non tutto si può controllare, bensì dipende dalla “preghiera”, dalla “grazia”, dalla “volontà di altri”. Proprio quanto la parola “precario” racconta.

Read Full Post »

Quando sento dire che le parole sono solo parole mi allarmo. E poi mi arrabbio. Perché parlare se si tratta solo di aria? Perché usare parole privandole del loro significato? Perché riempire i vuoti se i pieni non sono tali? Del resto i social, sempre più incubatori ed amplificatori di parole vuote, di ciò si nutrono. Innescando infiniti giri di giostra a basso divertimento e a zero utilità. Ma ad aumento esponenziale di confusione mentale. E la pandemia, purtroppo, è stata e continua ad essere terreno di coltura per tale caos.

In questi giorni torna in scena, purtroppo, la parola “lockdown”, già parola dell’anno 2020. Sembrava che su tale termine “chiuso” potesse nel 2021 avere la meglio quel termine più “aperto” al futuro e al vivibile che è “vaccino”. E in parte è stato così. I numeri, più oggettivi delle parole, fanno emergere le differenze dallo scorso autunno. Eppure…

Eppure l’impressione è che stiamo entrando in un tempo a spirale in cui, seppur con scenari diversi, certi meccanismi sembrano inceppati in un inquietante “loop” distopico. In cui le parole sembrano svuotarsi sempre più, a primo impatto, del loro significato. Quando in realtà sono sempre gravide del loro “pieno”. Ovvero di tutto ciò che portano, e comportano, col loro semplice suono. Dalla implicita “perdita di libertà” in “lockdown” allo “scudo immunitario” nel “vaccino”, fino al “ciclo chiuso e ripetitivo” del “loop”. E se ogni “parto” comporta  una “nascita”, la stessa chiede spazio, mentale e fisico, per prendere “aria”. Affinché sia vissuta “piena” e consapevole, come ogni parola che usiamo.

Read Full Post »

Giuseppe D’Asta, “Il mare in testa”

Per me “il mare in testa” è una costante.

Perché il liquido specchio di sale è mio orizzonte di festa in testa. E perché onde e pesci esplicitano alquanto il mio mare di pensieri in fieri.

Oggi, in un giorno che all’orizzonte appare di maroso per contestazione e protesta, spero che a tutti salga “il mare in testa”. Al fine di ritrovare i suoni armonici di quando eravamo branchie e pinne e squame. Costruttori minimi di ben altre trame.

Read Full Post »

Le seguenti notizie potrebbero essere dei Pesci d’aprile di questo 2021. Ma solo una notizia, incredibilmente, è falsa. Indovinate!

1) Il vaccino AstraZeneca è stato ribattezzato col nome “Vaxzevria”.

2) Il giornalista Maurizio Mannoni a “Tg3 Linea notte” dell’altra sera si è chiesto: “Ma giovedì e venerdì era necessario fermare di nuovo la scuola per le vacanze pasquali?”.

3) Harry e Meghan hanno deciso di tornare a vivere a Londra.

4) Durante il periodo pasquale non si possono raggiungere le seconde case in altra regione rispetto a quella di residenza, ma ci si può spostare in altra regione per prendere un volo per le Baleari.

Ps: il Pesciolino è la English fake… Il resto è tutto vero!

Read Full Post »

È trascorso un anno, ma sembra un secolo, da quando tutto ebbe inizio.

È cambiata la nostra percezione del tempo, in continua tensione come un elastico, e quella dello spazio, in stretta torsione su inedite metrature.

I giorni si assomigliano l’uno all’altro, quando va bene. Le stanze diventano sempre più strette, quando va male.

Le notti si sono dilatate occupando spazi di luce. L’orizzonte, sempre meno visibile, si è ristretto. Fuori e dentro.

Mutate le relazioni. No abbracci, no baci. Sguardi fuggenti, parole nervose.

Schizoide il lavoro. In overdose bulimica tra pericolose consegne sul filo di un tempo immobile e compulsivo smart working di respiro orwelliano. Sempre che sia sopravvissuto, il lavoro.

La salute sospesa, tra paura e pericolo e azzardo e mancanza. Persino la lacrima, antico lavacro, rischia contagio. Quindi si asciuga. Involuzione meccanica. E triste.

La leggerezza un ricordo. La grazia un privilegio. La speranza una sfocata inquadratura.

Ma la primavera appare a portata di data. Seppur qualche nota risulti ancora stonata.

Read Full Post »

A mural by street artist “TV Boy” (Photo by Andreas Solaro) 

Comunque lo guardiamo il 2020 è l’anno della pandemia SarsCov2.

Tutto è ruotato, al contrario e fuori binario, intorno a Covid19, avversario feroce del sistema immunitario. Capace di trasformare persino il vocabolario del genere umano.

Questo ne è il diario minimo. Ripercorriamolo. Sperando funga, almeno in parte, da catarsi collettiva.

L’anno inizia con l’eco, che appariva geograficamente lontana, di un virus contagioso partito dal mercato cinese di Wuhan, talmente epidemico da costringere nottetempo la popolazione a costruire un ospedale. Ma alle nostre latitudini ci si appresta all’appuntamento nazional-popolare del Festival di Sanremo, e tutto è ancora incredibilmente leggero. Seppur la canzone vincitrice di Diodato, Fai rumore, sembri preannunciare, inconsapevole, quanto sarà da lì a poco: “Ché non lo posso sopportare / questo silenzio innaturale“.

La deflagrazione giunge nei giorni di Carnevale, costringendoci a passare, inopinatamente, dalla maschera di Carnevale alla mascherina chirurgica. Da subito però oggetto introvabile, per cui provvisoriamente sostituito dal “distanziamento sociale”. E altre parole cominciano a fare la loro comparsa, quasi una neolingua di orwelliana memoria: droplet, smart-working, lockdown. Meglio se straniere, perché il significato rimane sfumato. E l’angoscia solo posticipata.

Perché si tratta di reale “incubo”, ossia “ciò che giace sul dormiente”. Infatti le notti si fanno piccole ma lunghissime, uguali nel loro dipanarsi ai giorni. Tutti chiusi, noi e il tempo, nelle case, mentre fuori il virus circola, incombe e miete vittime. I suoni di sirena vanno ad intrecciarsi in modo sinistro con i rintocchi delle campane, mentre le file divengono il nuovo modo di stare e di andare. Tutto fermo, immobile, e vuoto. Un quadro metafisico. Con la solitudine dell’uomo che si amplifica a dismisura intorno alla fine. E il silenzio che fa rumore.

Poi ci fidiamo, troppo, della luce dell’estate. Senza ricordarci che questo virus è infido e subdolo. Approfitta del nostro esser cicale per non permetterci di tornare ad essere formiche nell’autunno. E la seconda ondata ci sommerge, costringendoci in zone chiuse anche se colorate. Numeri spaventosi, come in una guerra. Con la parola “vaccino” a farsi però realtà, seppur ancora minima.

In questo torbido sfondo sempre presente, abbiamo assistito al movimento dei “Black Lives Matter” in memoria di George Floyd e all’elezione complessa di Joe Biden a 46° Presidente degli Stati Uniti d’America.

E abbiamo dovuto dire addio a tanti punti cardinali, sentendoci più sperduti. Luis Sepúlveda, Ezio Bosso, Ennio Morricone, Franca Valeri, Quino, Sean Connery, Gigi Proietti, Diego Armando Maradona, Paolo Rossi, Kim Ki-duk, Pierre Cardin.

Anno di fatica, di gravità, di resistenza. E di ingresso, doloroso, nella Storia.

Read Full Post »

Si leggerà sui libri di storia:

‘Il 27 dicembre 2020 iniziò in tutta Europa la campagna vaccinale contro SarsCov2. Lo chiamarono V-day (rischiando la confusione con un altro giorno V, di altra e più antica memoria), ovvero “Vax-day”, “Giorno del vaccino”. Gli automezzi del gelo (il primo tipo di vaccino richiedeva per la conservazione una temperatura di -70°) consegnarono per tutto il Vecchio Continente le prime dosi, considerate l’inizio emblematico di uscita da quell’anno virale, e straordinario nel male, per tutto il pianeta. I primi vaccinati, operatori sanitari e ospiti delle Rsa, ripresi e fotografati dai mezzi di comunicazione per diffondere la Buona Novella. Già dalle prime ore di quel giorno storico sorsero però i primi dubbi, divenuti poi dibattiti e polemiche, sulla spartizione di quelle iniziali e simboliche dosi. L’Italia figurava fanalino di coda rispetto agli altri partners europei. Forse perché aveva scommesso maggiormente sul proprio vaccino, che però tardava per problemi riscontrati nell’ultima fase di sperimentazione. O forse perché in quel tempo il Bel Paese continuava ad essere considerato un po’ meno che alla pari degli altri Stati membri dell’Unione Europea. Per motivi che all’epoca venivano imputati a questioni minime di debiti e credibilità. Ma il tempo quasi tutto ristora, e infatti sappiamo ora… “.

Invece adesso, 27 dicembre 2020, ancora poco sappiamo. Persino non ci accorgiamo che stiamo scrivendo, nostro malgrado, la Storia.

Read Full Post »

SEBASTIAN MÜLLER – AERIAL PHOTOGRAPHY AWARDS 2020

È necessario.

Dobbiamo stare. Nel presente. Fermi. Anche con la mente.

Senza nasconderci la realtà. Senza ancorarci alle forme del passato. Senza precipitarci verso le forme del futuro.

Dobbiamo stare. Aspettando che passi l’onda. Sopra le terre emerse. Sopra le nostre teste.

Senza dimenticare che la vita è primaria su tutto. Ma proprio su tutto. Interessi, profitti, consuetudini.

Read Full Post »

Chi sfoglierà in futuro i libri di storia avrà un brivido a leggere che il Natale 2020 fu normato. Per tutto il globo terrestre. Al fine di evitare una terza ondata di pandemia. Quella da SarsCov2, che sconvolse la vita degli umani in quel terribile 2020, sottraendo a molti umani la vita stessa. In modo rapinoso e drammatico, lasciando una scia di devastazione in chi tanto perdeva. Restando attoniti, senza congedi, senza consolazioni. Perché il contagio stava nell’ombra e alla luce, sempre pronto a fagocitare altre vittime.

Ecco perché, si leggerà, in quel 2020 annus horribilis si decretò per legge cosa fare e come comportarsi a Natale.

Senza feste e abbracci, più soli che accompagnati. Tavole con sparuti commensali, generazioni divise. Territori isolati, viaggi vietati.

E il colore rosso, quello per antonomasia del Natale, temuto per la sua componente intrinseca di pericolo alto di contagio.

E il calendario dell’Avvento che sciorinava ogni giorno, all’apertura della casella, un numero tristissimo di vite sottratte alla vita.

E la speranza del Bambino riposta in un nuovo vaccino. Che stava per giungere, salvando forse l’Uomo, ancora una volta, dal suo peccato…

Read Full Post »

Older Posts »