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Posts Tagged ‘Turchia’

Un’ecatombe. Da magnitudo 7,8 scala Richter. Sull’incrocio di tre faglie, tra Turchia e Siria.

Edifici sbriciolati. Interi villaggi rasi al suolo. Migliaia di vittime. L’Anatolia spostata di tre metri. Le devastanti onde sismiche registrate in tutto il mondo.

Siamo piccoli e vulnerabili noi umani. Eppure lo dimentichiamo. Quasi sempre.

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La Turchia di Erdogan, Paese Nato, ha sferrato il suo attacco ingiustificato contro i curdi. Mancanti di una propria terra, ma fieri e coraggiosi. Al punto da combattere l’Isis a mani nude. Per tutti noi. Che sembriamo già aver dimenticato.

E ancora una volta il popolo curdo è perseguitato.

Nella democratica Germania un neonazista uccide per odio razziale nell’intento di compiere una strage in sinagoga. Filmando in diretta il compiersi del suo orrore.

E ancora una volta il popolo ebreo è perseguitato.

Tutto ciò sta avvenendo all’ombra dell’Europa, il continente che si dice in pace dalla fine della seconda guerra mondiale.

Ma si può dire in pace chi vede il male e resta con le mani in tasca? E si può dire in pace chi nicchia di fronte all’escalation di azioni che proprio alla seconda guerra mondiale ci riportano?

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Quanto appare lontana la Istanbul luminosa di Paul Signac.

E quella poetica di Hikmet. E quella visionaria di Pamuk. E quella rossa di Ozpetek.

Ma, seppur ferita, quella Istanbul sopravvivrà.

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Modalità: classica. L’esercito occupa strade e mezzi di comunicazione. Anche se il preavviso del golpe alle ambasciate è alquanto inconsueto.

Durata: anomala. Quattro ore convulse e veloci. Come tutto quanto accade nel tempo 2.0. Perciò dense di avvenimenti. O forse solo di voci sugli stessi. Pur con reali caduti sul campo.

Reazione del destituito Presidente pro-tempore: Non chiara. Alcuni lo davano in volo per i cieli di mezza Europa in cerca di asilo, mai concesso. Altri lo davano sempre presente in Istanbul. Nel frattempo Erdogan si rendeva evidente al “suo” popolo attraverso quei social da lui continuamente ostacolati. Una Nemesi al contrario. Perché il richiamo al popolo ha sortito l’effetto voluto.

A chi giova?: proprio ad Erdogan che ne esce più forte. Il golpe fallito gli permette di far fuori i suoi nemici interni, militari e magistrati in primis, puntando dritto alla repubblica presidenziale.

Sconfitti: coloro che pensavano di eliminare il “sultano” turco poco laico e ancor meno democratico. Nonostante sia giunto al potere attraverso elezioni del popolo.

Intanto l’Europa trema perché la Turchia ha un piede, non solo fisico, nel suo continente. E l’America? Rigetta sdegnata le accuse che le muove Erdogan, suo alleato Nato, di complicità passiva poiché ospita l’esiliato Gulen, per lui l’autentico tessitore del golpe.

Che dire poi del riavvicinamento Putin-Erdogan di poche settimane fa? Appare di una tempistica perfetta. Forse persino sospetta.

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L’antica Bisanzio viene ferita là dove è moderna, globale, connessa. Nel suo aeroporto, simbolo per antonomasia del collegamento veloce tra i luoghi della terra.

E Istanbul, seppur lontana, è vicina. Almeno a noi europei.

Per quel ponte sul Bosforo che la rende città bifronte su due continenti.

Per quella richiesta antica, seppur finora non soddisfatta, di varcare la soglia del vecchio continente.

Per quel suo epiteto di “seconda Roma” che la sposta su un terreno nostrano. Ma che oggi risuona stonato perché fa di una capitale straniera una capitale prostrata come Parigi o Bruxelles.

In altre parole il cuore pulsante e primigenio dell’Europa. Ancora una volta sotto attacco. O forse sotto scacco.

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Il vile e devastante attentato di Ankara fa venire i brividi e pone inquietanti domande.

Perché chi manifesta pacificamente è da tacere più di chi procede armato uccidendo?

Perché i pacifisti sono tanto destabilizzanti per i poteri forti?

Perché la Pace fa paura?

Forse perché la Pace è “povera”. La Pace non trascina con sé denaro. Come invece fa la guerra.

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kobane

E così, nonostante i raid aerei della coalizione internazionale, i miliziani Isis, alias terroristi, sono giunti assediandola alla città siriana di popolazione curda Kobane. Nome che a noi occidentali poco racconta, a meno di non osservarne la posizione geografica. Solo così Kobane diventa molto di più, assumendo le vesti di simbolo. Perché Kobane è una città al nord della Siria, vicino al confine con la Turchia. Come a dire che il famigerato Isis, che nulla ha da spartire con l’Islam se non gli inneggi ad un Dio espropriato del tutto della propria sacralità, sta per mettere un piede in Turchia, che è membro Nato oltre ad essere una delle porte d’Europa.

E forse, in incredibile ritardo, è ora che il Vecchio Continente si posizioni a riguardo di quanto accade. Possibile che la neo Lady Pesc (Politica estera e sicurezza comune) Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione in campo sicurezza, non abbia ancora speso una parola sull’argomento, se non per ammettere tale minaccia? Quali saranno le strategie militari? E quelle umanitarie? Quali i piani europei per affrontare una parte di mondo necessitato a spostarsi per non essere massacrato? O vogliamo ancora liquidare quanto sta accadendo, in termini di spostamento di popolazioni, con la semplice etichetta “Immigrati”? Perché qui, difficile che non sia ancora chiaro, si tratta di “Rifugiati”, a cui spetta, per umanità e Convenzione di Ginevra, l’asilo politico.

Ecco perché Kobane, città simbolo, sta diventando affare di tutti noi europei.

 

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