In punta di piedi, leggera come era, se n’è andata Mariangela Melato. Un’attrice di inarrivabile talento, un pezzo di cinema italiano e di teatro.
Voce inconfondibile, roca e carezzevole, bellezza fuori dai canoni ma ricca di fascino, autentica mattatrice adatta ai vari registri, dalla commedia alla tragedia, dalla levità allo scavo.
Il suo sguardo è sempre rimasto gioioso, con gli occhi a ridere di quanto la vita le offriva.
Di lei ho il ricordo di quei film, titolo lunghissimo, di Lina Wertmuller, con Giancarlo Giannini a farle da controcanto, da “Travolti da un insolito destino…” a “Mimì metallurgico…”. E poi il teatro, in quella sua versatile capacità di rivestire i panni, da quelli scomodi di Medea a quelli sfaccettati di Filumena Marturano, fino a spogliarsi dei propri nella più recente performance “Sola me ne vò”, in cui senza più maschere né ruoli, ha raccontato se stessa, in quella sua necessità di esplorazione andando sola senza esserlo.
Di lei ho il ricordo di una sua risposta alla domanda: “Perché signora Melato non si è mai sposata?“. “La stima di se stessi è più forte di qualsiasi altra cosa. Non c’è peggiore solitudine di certe coppie che vedo al ristorante, “dammi il sale” e fine del dialogo. E poi non mi sono mai sposata – risata dal suono d’argento – perché nessuno me lo ha mai chiesto!“.
Con quel sorriso che il trascorrere del tempo ha reso racconto della sua luce interna, bella e radiosa. Quasi avesse colto frammenti di verità. Forse semplicemente la dedizione per quanto sentiva di essere nata a fare.
Grazie Mariangela della tua profonda leggerezza, quella che amavi citare dal “tuo” Shakespeare: “Noi attori siamo spiriti e ci sciogliamo nell’aria lieve”.