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Posts Tagged ‘televisione’

Che tristezza scriverne al passato…

Maurizio Costanzo è un pezzo di ciascuno di noi che se ne va. La sua presenza (e come tutti i grandi non ne concepisci l’assenza) era costante (nomen omen), affabile e acuta insieme, sorniona e cinica, da autentico romano. Un po’ Alberto Sordi (con cui condivide dopo vent’anni esatti l’uscita di scena), un po’ Ennio Flaiano (per la capacità di sintetizzare in aforismi i concetti), tanto Maurizio Costanzo. Ossia la caratteristica caleidoscopica di muoversi agilmente su più tavoli comunicativi: la scrittura di canzoni (“Se telefonando” su musica di Morricone resta un gioiello), di film (quel capolavoro di sensibilità altra che è “Una giornata particolare” di Ettore Scola), di libri (numerosi, con “Smemorabilia” autentica chicca intorno agli oggetti perduti, dal telefono a gettoni al calcio balilla).

Ma è la televisione il medium in cui da pioniere (“Bontà loro” con la fatidica domanda sul “Cosa c’è dietro l’angolo?”) diventa abilissimo cerimoniere e poi maestro di ascolto pubblico e privato in quello che fu poi definito talk show. La sua intuizione furono gli ospiti seduti da intervistare, seguendoli però con incalzante acume nei loro racconti, fino a porre in luce aspetti sconosciuti nei già conosciuti e a far diventare conosciuti quelli del tutto sconosciuti (un’altra sua dote fu quella da talent scout). E il “Maurizio Costanzo Show” diviene marchio di fabbrica e palcoscenico istituzionale. Chi “passava” lí (con temuta passerella finale) poteva raggiungere, se coglieva in modo arguto l’occasione, l’agognato riconoscimento.

Chiacchiericcio leggero, note musicali, segreti a tratti smascherati, battute fulminanti, collegamenti inusitati tra ospiti, feroci duelli, e poi lui, Maurizio Costanzo a dirigere l’orchestra di parole. Con lo sgabello alle spalle degli ospiti del Teatro Parioli. Quasi psicanalista di una collettiva seduta di gruppo, in cui tutto era possibile. Anche affrontare con coraggio e spessore temi civili quali la mafia. Senza sconti, a viso aperto, decretandone peraltro l’attentato, per miracolo fallito, a lui e alla moglie Maria De Filippi.

È stata lei, Queen Mary, la sua più importante scoperta, pubblica e privata. Con un connubio lungo trent’anni, in cui la condivisione di affetti e interessi li ha resi la coppia catodica per eccellenza, scoprendo nuovi talenti (si pensi solo ai cantanti Emma Marrone e Irama e altri usciti da “Amici” di Maria) e lavorando sempre sul linguaggio televisivo.

Il sipario che scende su Maurizio Costanzo ci coglie impreparati. Seppur quanto da lui inventato resti anche a sipario chiuso. Grazie.

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A tre giorni di distanza uno dall’altro si sono spenti due grandi dell’informazione italiana, Eugenio Scalfari ed Angelo Guglielmi. Per età, ma soprattutto per idee e metodi, due padri del racconto del reale nel nostro Paese.

Pionieri geniali entrambi. Scalfari con un approccio manageriale e filosofico, Guglielmi col piglio coraggioso dello sperimentatore. Hanno svecchiato carta stampata e televisione come chi ha una visione chiara della realtà e dei suoi possibili sviluppi.

Chissà come avrebbero commentato l’incartamento della politica in questa surreale crisi di governo. Ci mancheranno tanto le loro intuitive indicazioni di rotta.

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Tergiverso, prendo tempo, rimando.

Perché scrivere di Raffaella Carrà al passato mi risulta alquanto difficile e doloroso. Farlo implica infatti tagliare il filo del palloncino colorato che mi lega al tempo della spensieratezza inconsapevole. Quello in cui bambina (ne avevo già scritto) ripetevo fino allo sfinimento, insieme a mia sorella, i passi dei suoi balletti, sperando che anche il mio caschetto tornasse subito a posto come il suo firmato Vergottini. E le sue canzoni sprigionavano immediatamente bollicine di felicità istantanea. Da bambina, da ragazza, da adulta. Fino all’altro ieri, a quella notizia-pugno che ti stende il cuore a terra e i pensieri volano altrove cercando di trattenere quanto è stato.

Sarà arduo sentire ancora il frizzo delle bollicine aprendo una di quelle mitiche “lattine” di Raffaella Carrà, in cui energia inesauribile e gioia sincera ti arrivavano dentro in modo talmente vigoroso da contagiarti, regalandoti appunto l’ebbrezza di una felicità immediata.

Grazie Raffaella, per i doni che ci hai fatto, per la leggerezza che hai emanato. La terra non può che esserti lieve.

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Scelse il nome d’arte Valeri dal poeta Paul Valéry. Iniziando così quel sommo mascheramento fatto di arte, intelligenza, ironia. E surrealtà dosata con maestria.

Inventando personaggi indimenticabili, dalla Signorina Snob alla Sora Cecioni, calcando con estro e leggerezza e acume i palcoscenici di teatro, cinema, televisione.

Ma soprattutto Franca Valeri ha insegnato a noi donne l’autoironia, mostrandoci come non prenderci sul serio per farci prendere sul serio dal mondo. Oltre lo scontato ruolo canonico.

Anche per questo, Franca, grazie.

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Ci ha spiazzato Nadia Toffa.

Prima, per la forza e la serenità con cui affrontava la malattia. Con quel sorriso sempre presente, ad illuminarle gli occhi. E a noi il cuore.

Poi, per la sua uscita di scena. Inaspettata. Perché ci aveva convinti, da vera guerriera, che la battaglia poteva esser vinta.

Infine, per aver sparigliato le nostre convinzioni, minime e banali, sul vincere e sul perdere.

Ps: nel suo essere “iena”, Nadia Toffa teneva sottotraccia la sua stoffa di giornalista davvero brava.

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La notizia spiazza. Come quando sai di qualcuno di casa, interposta, che se ne va. Proprio per la funzione di oggetto familiare che assume a volte la TV.

E Fabrizio Frizzi è stato una persona di televisione più che personaggio televisivo. Senza diaframmi divistici, solo educazione e sorriso. E una professionalità ferrea, mascherata da leggerezza. Anche negli ultimi tempi.

Questa la sua autentica Eredità.

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Tutto è relativo. Quindi anche l’ora esatta si arrende alla liquidità dei tempi.

Non è infatti più possibile assicurare la precisione delle lancette radio-televisive. E così quei sei secondi sonori che scandivano l’arrivo dell’ora “perfetta”, a cui si controllavano gli orologi, taceranno.

Con il nastro del tempo interiore che potrà arrotolarsi qualche voluta in più. O in meno.

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A proposito dell’autopromozione televisiva di un “figlio di papà” (leggi Salvo Riina) nel salotto maggiore della Tv di Stato italiana, forse conviene far parlare chi intuì, già anni fa, il “potere” della televisione.

  • Il potere appartiene a chi ha in mano uno studio televisivo.” – Ryszard Kapuscinski, da “Autoritratto di un reporter”(2006).
  • La televisione ha nella sua funzione culturale tutta la prepotenza del potere.” – Pier Paolo Pasolini, da “I dialoghi” (1992).
  • La realtà dello schermo è tutto quello che si vede.” – Noam Chomsky, da “Il potere dei media” (1994).

E così in televisione proprio tutto scorre.

La buona notizia è che però anche lì tutto scorre. E se ne va.

Panta Rei.

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cronache_di_frontiera

Un nuovo tipo di narrazione è partito su Sky TG24, “Cronache di frontiera”, docu-serie in quattro puntate sulla periferia italiana. Ovvero religioni e tradizioni diverse poste a stretto contatto, raccontate senza filtri.

Zero domande, zero giornalisti, zero mediazioni. In presa diretta il mondo che si narra da sé.

Esperimento televisivo, o meglio filmico, alquanto interessante per la forza delle immagini e delle storie. E la riflessione personale che si impone proprio per l’assenza di una presa di posizione stabilita a priori.

Semplicemente “pedinare gli uomini con la macchina da presa“, come teorizzava il grande Cesare Zavattini. Gesto ormai divenuto, in un mondo che esonda ovunque parole e pregiudizi e slogan, parecchio difficile.

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Letterman logo

Dopo 33 anni di onoratissima carriera chiude i battenti il potente talk show statunitense.

Alla sua poltrona si sono seduti innumerevoli ospiti, dalla politica alla spettacolo. Non per essere incensati ma spiazzati. Dal mitico e geniale David Letterman. Una forza naturale. Fatta di capacità di monologare e dialogare, con uno stile sempre pungente e corrosivo. E con la città di New York a fargli amorevolmente da spalla.

Perché in realtà il “David Letterman Show” è stato essenzialmente un prodotto della Tv generalista newyorchese, con un ottimo script su cui la capacità di improvvisazione di Letterman ha trovato il “canovaccio” ideale per le sue “scorribande” serali. Diventando un modello di comunicazione televisiva, graffiante ma cortese, e soprattutto autoironico. Quindi difficile da replicare.

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