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Posts Tagged ‘storia’

C’è chi si ostina nel fastidio (“parliamo ancora di fascismo?“), chi invece rievoca con qualche nostalgia (pochi ma pericolosi), chi infine sente giustamente un dovere morale ricordare quel 28 ottobre 2022, “una data funesta – come ha detto Liliana Segre – della storia italiana, che segna l’inizio del fascismo, la più grande sciagura della storia nazionale del secolo scorso“.

Non dimenticare gli eventi storici, cercando di comprenderne le cause, è buona e doverosa pratica che va insegnata alle nuove generazioni in una sorta di passaggio del testimone. Affinché le democrazie, sempre fragili, sempre in divenire, possano sviluppare anticorpi stabili verso possibili sottrazioni di libertà ed uguaglianza.

Anche il cinema, attraverso il documentario “Marcia su Roma” del pluripremiato regista Mark Cousins, con archivi inediti ferma la riflessione su quell’evento epocale, l’ascesa al potere di Mussolini e la sua Marcia su Roma nel 1922, che innescò una catena di accadimenti sempre più tragica. Influenzando poi molte delle tirannie mondiali dal XX secolo in avanti.

Ricordare, senza relegare un tale episodio a fenomeno di contorno, è necessario. Anche per l’esecutivo di un Paese. Di qualsiasi parte politica esso sia.

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Quattro giorni di festeggiamenti per i 70 anni di regno della Regina Elisabetta II.

Una folla oceanica di sudditi, e non solo, per omaggiare un regno lungo decenni. E Lei, The Queen, sempre al suo posto nonostante l’età, consapevole del ruolo e di quanto rappresenta.

Sul trono dal lontano 1953, quando il “suo” Primo Ministro era Winston Churchill ed era Sommo Pontefice il Papa Pio XII. Ovvero la Storia. Capace però di rimanere sempre dentro il tempo presente, diventando iconica. Come in questi giorni, condividendo il tè delle cinque col famoso orsetto Paddington. Giocando così in modo autoironico con la propria immagine. Da vera Regina.

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Otto Dix, “Il bombardamento di Lens” – 1924

dove stanno i vichinghi e gli aztechi,
e gli uomini e le donne di Cro-Magnon?
dove stanno le vecchie e nuove Atlantidi,
la Grande Porta e la Invincibile Armata,
la Legge Salica e i Libri Sibillini,
Pipino il Breve e Ivan il Terribile?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro le molli mascelle del tempo:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:
dove stanno le Triplici e Quadruplici,
la Belle Epoque e le Guardie di Ferro?
dove stanno Tom Mix e Tom Pouce,
il Celeste Impero, gli Zeppelin, il New Deal,
l’Orient Express, l’elettroshock, il situazionismo,
il twist, l’O.A.S., i capelli all’umberta?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro la pancia piena della storia:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:
oh, dove siete, guerre di porci e di rose,
guerre di secessione e successione?
oh, dove siete, guerre sante e fredde,
guerre di trenta, guerre di cento anni,
di sei giorni e di sette settimane,
voi, grandi guerre lampo senza fine?
finite siete, lì a pezzi e a bocconi,
dentro il niente del niente di ogni niente:
qui, se a una guerra non ci pensa una pace,
un’altra pace ci ha lì pronta la guerra:
principi, presidenti, eminenti militesenti potenti,
erigenti esigenti monumenti indecenti,
guerra alle guerre è una guerra da andare,
lotta di classe è la guerra da fare:”

Edoardo Sanguineti, “Ballata della guerra” – 1982

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Octavia Monaco, “Alice e Carroll”

Noi fanciulle ne abbiamo sentite (e ne sentiamo) proprie tante su di noi genere femminile, fin dalla notte dei tempi.

Ci mancava lo storico Alessandro Barbero, noto divulgatore, negli ultimi tempi di un po’ di tutto, a ricordarci cosa ci manca per non giungere quasi mai ai brillanti risultati dei maschietti nel mondo.

Dice il nostro (si fa per dire): “Rischio di dire una cosa impopolare, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali tra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che in media le donne manchino di quella aggressività, spavalderia, sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi.”

Che dire? Ben poco, se non che è davvero svilente e pure triste constatare che siano considerate caratteristiche positive l’aggressività e la spavalderia. Proprio quei tratti che hanno portato l’Uomo, in generale anche se in prevalenza maschio, a risolvere le posizioni divergenti con violenze e conflitti. Questo almeno ci racconta la Storia. Ma questa è materia del citato divulgatore.

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Il principe Filippo, duca di Edimburgo, ha concluso la sua vicenda terrena, legata indissolubilmente alla Regina Elisabetta d’Inghilterra.

Sempre un passo indietro alla Sovrana come da protocollo, ma sempre al suo fianco in modo pragmatico e affettuoso. Come ha ricordato la sua Lilibeth, unico a poterla chiamare così, “è stato la mia forza“.

Forse quello che più provoca effetto in questa perdita, è sapere di essere stati contemporanei di un protagonista della Storia. Che ora, uscendo dalla scena terrena, entra di diritto in quelle pagine.

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Si leggerà sui libri di storia:

‘Il 27 dicembre 2020 iniziò in tutta Europa la campagna vaccinale contro SarsCov2. Lo chiamarono V-day (rischiando la confusione con un altro giorno V, di altra e più antica memoria), ovvero “Vax-day”, “Giorno del vaccino”. Gli automezzi del gelo (il primo tipo di vaccino richiedeva per la conservazione una temperatura di -70°) consegnarono per tutto il Vecchio Continente le prime dosi, considerate l’inizio emblematico di uscita da quell’anno virale, e straordinario nel male, per tutto il pianeta. I primi vaccinati, operatori sanitari e ospiti delle Rsa, ripresi e fotografati dai mezzi di comunicazione per diffondere la Buona Novella. Già dalle prime ore di quel giorno storico sorsero però i primi dubbi, divenuti poi dibattiti e polemiche, sulla spartizione di quelle iniziali e simboliche dosi. L’Italia figurava fanalino di coda rispetto agli altri partners europei. Forse perché aveva scommesso maggiormente sul proprio vaccino, che però tardava per problemi riscontrati nell’ultima fase di sperimentazione. O forse perché in quel tempo il Bel Paese continuava ad essere considerato un po’ meno che alla pari degli altri Stati membri dell’Unione Europea. Per motivi che all’epoca venivano imputati a questioni minime di debiti e credibilità. Ma il tempo quasi tutto ristora, e infatti sappiamo ora… “.

Invece adesso, 27 dicembre 2020, ancora poco sappiamo. Persino non ci accorgiamo che stiamo scrivendo, nostro malgrado, la Storia.

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Chi sfoglierà in futuro i libri di storia avrà un brivido a leggere che il Natale 2020 fu normato. Per tutto il globo terrestre. Al fine di evitare una terza ondata di pandemia. Quella da SarsCov2, che sconvolse la vita degli umani in quel terribile 2020, sottraendo a molti umani la vita stessa. In modo rapinoso e drammatico, lasciando una scia di devastazione in chi tanto perdeva. Restando attoniti, senza congedi, senza consolazioni. Perché il contagio stava nell’ombra e alla luce, sempre pronto a fagocitare altre vittime.

Ecco perché, si leggerà, in quel 2020 annus horribilis si decretò per legge cosa fare e come comportarsi a Natale.

Senza feste e abbracci, più soli che accompagnati. Tavole con sparuti commensali, generazioni divise. Territori isolati, viaggi vietati.

E il colore rosso, quello per antonomasia del Natale, temuto per la sua componente intrinseca di pericolo alto di contagio.

E il calendario dell’Avvento che sciorinava ogni giorno, all’apertura della casella, un numero tristissimo di vite sottratte alla vita.

E la speranza del Bambino riposta in un nuovo vaccino. Che stava per giungere, salvando forse l’Uomo, ancora una volta, dal suo peccato…

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In tale disgraziato (perché la grazia ha volto altrove il suo sguardo) tempo pandemico ci sentiamo tutti, improvvisamente, molto più vecchi.

Vengono in mente i versi della Achmatova scritti nel 1916, già a due anni dall’inizio della guerra mondiale, di quella ecatombe che contenne in sé anche una pandemia, la cosiddetta “influenza spagnola”.

Scriveva Anna, la poetessa russa, “Invecchiammo di cent’anni. E questo accadde in un’ora sola.”

Anche a noi, abitanti del 2020, succede tanto. Siamo, saremo nelle pagine dei libri di storia. Ecco forse perché in tale opprimente modo sentiamo ora il peso del tempo su di noi.

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Ad una prima e sommaria lettura delle tracce del tema di maturità di quest’anno, viene da chiedersi: “Perché tanta insistenza, addirittura enfasi, sulla Storia?”. Forse per le critiche addotte da più parti intorno alla “sparizione” del tema storico?

Sarà un caso che la tematica della lotta alla mafia, contenzioso che ha portato il Ministro degli Interni a non partecipare quale istituzione alle celebrazioni per il 25 aprile, sia presente in ben due tracce, peraltro con nomi di caratura eccezionale, dal sacrificio sul campo del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa alla scrittura civile di Leonardo Sciascia?

Sarà un caso ricordare e sottolineare il rapporto tra lo sport e lo Stato, peraltro attraverso un Grande Giusto quale il ciclista Gino Bartali, quando si sa che tale rapporto fa correre il comune pensiero in una precisa area storica?

Sarà un caso trovare, quale autore per l’analisi del testo, il Poeta Giuseppe Ungaretti, peraltro sublime nella disamina del “naufragio universale”, che aderì nel 1925 al fascismo, firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti?

Sarà un caso che il testo argomentativo sul patrimonio culturale parta proprio da quel pensiero di Tommaso Montanari, peraltro ottimo a parte le ultime storture dichiarate sul Maestro Zeffirelli, valorizzante vivaddio la Storia (“Entrare in un palazzo civico, percorrere la navata di una chiesa antica, anche solo passeggiare in una piazza storica o attraversare una campagna atrofizzata vuol dire entrare materialmente nel fluire della Storia“)?

Sarà un caso che il testo argomentativo storico-politico riguardi una riflessione di Corrado Stajano, peraltro fine e acuto giornalista, sugli eventi del Novecento e sul conseguente senso di smarrimento di fronte al nuovo che avanza?

Sarà ancora un caso che il testo argomentativo tecnico-scientifico prenda avvio proprio dalla riflessione di Sloman e Fernbach sull’illusione della conoscenza, peraltro davvero illuminante, in quella parte in cui ci ricordano la possibilità, sempre presente, di inventare atrocità che distruggono l’uomo?

Sapete che succede? Che per questa maturità non svolgo alcun tema. Consegno in bianco e ripeto l’anno. Amen.

Ps: Maestro Camilleri resisti! Urge la tua parola…

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“Lo sboccio in rosso” – Photo by Ester Maero

La liberazione dell’Italia dal nazifascismo è valore fondativo della nostra Costituzione. Come tale va rispettato. In primis da tutti i rappresentanti delle istituzioni. Che non possono dimenticare né sovvertire i fatti storici.

È forse un caso che il nuovo Esame di Stato non preveda più il tema di storia?

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