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Posts Tagged ‘Stati Uniti’

“V-J Day in Times Square”, fotografia di Alfred Eisenstaedt – 14 agosto 1945

Sarebbe bello, se solo fosse vero.

Il 9 maggio 1945 fu il giorno che segnò la fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa. Divenne ben presto il giorno dell’orgoglio nazionale russo per la vittoria sul nazismo, mentre per l’Europa il giorno della vittoria fu considerato l’8 maggio, come da dichiazione degli Stati Uniti.

E sembra già esserci in nuce, in quelle date, la divisione marziale dei nostri giorni: da una parte la sempre fragile e multiforme Europa a sostenere l’invasa Ucraina, sotto stretta dettatura statunitense, dall’altra la Russia con l’ostentazione patriottica delle proprie forze armate belligeranti, sotto dittatura nazional-imperiale putiniana.

Ci piacerebbe vedere nuovi baci tra marinai ed infermiere per festeggiare la fine della guerra, di questa, nata da una soverchia invasione, come spesso purtroppo accade. Ma si sa che il condizionale presuppone appunto una condizione. In guerra il “cessate il fuoco”. Ad oggi davvero poco realistico.

Eppure, sarebbe bello…

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Graffito dell’artista afghana Shamsia Hassani

Tutto è drammatico a Kabul.

È drammatico il bilancio degli annunciati attacchi terroristici all’aeroporto.

È drammatico il tentativo disperato di salire su uno degli ultimi aerei in uscita dall’Afghanistan.

È drammatico partire, lasciando tutto.

È drammatico restare, perdendo tutto.

È drammatico assistere ancora una volta ad un’umanità di “sommersi e salvati”.

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Decine di migliaia di persone, al grido di “Black Lives Matter” e “I can’t breathe”, hanno manifestato in tutti gli Stati Uniti contro l’uccisione di George Floyd.

Ovunque si assiste al rito di inginocchiarsi per otto minuti e quarantasei secondi, il tempo in cui un poliziotto di Minneapolis ha tenuto il ginocchio premuto sul collo dell’afroamericano, uccidendolo.

I cortei più numerosi a Washington e New York,anche se ormai in tutto il mondo, da Hong Kong a Roma, da Sidney a Londra, si manifesta, sottolineando quanto ancora nel 2020 la parola “razzismo” sia purtroppo d’attualità.

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In guerra si sa che tutto, purtroppo, è lecito. Così anche nello scontro dei dazi i colpi violenti e quelli bassi non mancano.

A farne le spese, tra il resto, il nostro “Parmigiano”. Che da anni gli americani tentano di emulare, riuscendoci solo e in parte nel nome, “Parmesan”.

L’eccellenza casearia emiliana Doc non può che essere un sogno per le aziende a stelle e strisce. Però… Resta un però.

Se una scheggia di Parmigiano diventa più preziosa della grammatura dell’oro, ça va sans dire che gli americani si rivolgeranno, obtorto collo, al Parmesan. Con le relative aziende in festa per gli introiti. Insieme a Trump.

Senza pensare che al prossimo giro potrebbe essere la Coca Cola a pagare dazio.

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Esserci stata, in quel luogo di terrore e dolore e oggi di memoria, ha fatto virare la mia percezione di quella data ormai tristemente storica, 11 settembre 2001 New York City.

Ho respirato un perimetro di tristezza, in cui l’acqua scende verso il basso, fondamenta di quelle torri, un tempo gemelle come oggi le liquide vasche, “Reflecting Pools”, coi nomi incisi di chi è stato vittima di un atto terroristico impensabile.

In una città come New York in cui tutti camminano sempre veloci, il “9/11 Memorial” è invece un’area di lentezza e silenzio. I passi che lì muovi sono un viaggio verso il fondo di quel giorno tanto buio. Pur con il “Survivor Tree”, l’albero sopravvissuto a tanta distruzione, ad ergersi quale simbolo della vita stessa.

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L’anno si è curiosamente aperto col “gioco dei bottoni”. Quel gioco antico praticato dai bambini del secolo scorso, in mancanza di autentiche pedine. Pedine che ora siamo noi, gli ultimi del pianeta Terra, in mano a chi di bottoni millanta profonda conoscenza.

Due bambinoni, uno dittatore che presiede un pezzo di Corea, l’altro presidente che ditta su un pezzo considerevole di mondo, quello detto “nuovo” dagli antichi. Si confrontano sui rispettivi luoghi in cui conservano la loro personale merceria (“ho il bottone del nucleare sulla mia scrivania”) e si dilettano sulle misure, ahi ohi, dei propri bottoni (“il  mio bottone è più grande del tuo”).

Peccato non si rendano conto che quel tipo di bottone valga nè una giacca nè una messa, ma “soltanto” una guerra. E purtroppo, come diceva Einstein, l’ultima.

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Non solo anglismi a iosa nella nostra lingua, con rinuncia ormai preventiva a qualsiasi tentativo di traduzione, ma anche tradizioni altre che adottiamo d’ufficio, con scarso interesse alla loro origine, perché ciò che conta è il brand.

Così, dopo l’abbuffata di Halloween e affini, siamo ora al “Venerdì nero”, che non è giornata finanziaria negativa bensì una interminabile ventiquattrore di saldi, ops sales. Quel “Black Friday” con cui le aziende vanno agli incassi. Per rendere “neri” e non più “rossi” i loro conti.

Successivo negli Stati Uniti al “Giorno del Ringraziamento”, il Black Friday apre il tempo dello shopping natalizio. E noi, che amiamo a prescindere quanto arriva da Oltreoceano, ci accodiamo in questa mitica corsa all’oro. Nero.

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bb-king

Il Blues ha perso la sua nota di colore più intensa.

Onore ad un Re che umanamente scorre.

Onore a B.B. King che artisticamente resta.

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11settembre1

Quel pomeriggio dell’undici settembre, dopo aver camminato come un animale in gabbia per due ore, ho capito che l’altrove è proprio qui, dentro di me, è sul volto dei miei figli, di mia madre, dei miei amici e, ridete pure, mi sono messa a cucinare dei piselli per la cena. Perché il mio compito è quello di continuare a fare il mio dovere di brava formichina, occupandomi delle piccole, improrogabili cose di tutti i giorni. Con grande fatica, con le lacrime agli occhi, sentivo che mi mancava la terra sotto i piedi e cercavo un pezzo di pavimento per poter fare il passo successivo, quando la routine mi è venuta in soccorso con la dolcezza delle abitudini nelle quali mi abbandono volentieri. E quel piatto di piselli era come una cattedrale nella quale rifugiarmi.” – Mina

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manhattan

Rendo omaggio a quello che era lo skyline di New York.

Prima dell’inimmaginabile.

Per ricordare cosa ora manca.

Per non dimenticare.

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