Ripenso alla vicenda tristissima e annunciata di Willy Duarte Monteiro. Al suo omicidio volontario per mano di “due loschi figuri”, come il Pereira di Antonio Tabucchi definisce gli spietati assassini di un altro giovane, idealista e sorridente alla vita, Francesco Monteiro Rossi. Un personaggio nato dalla penna dello scrittore, che con Willy ha in comune il cognome Monteiro e un pestaggio mortale. Addotto nel romanzo dalla violenza intimidatoria del regime dittatoriale del Portogallo di Salazar, addotto qui dalla violenza sopraffatoria di un regime piccolo, ma non meno pericoloso, di una banda delinquenziale in un piccolo borgo nell’Italia di questi anni ’20 del secolo nuovo.
E allora penso al tempo che passa, ma in realtà non passa mai. Almeno come Storia. Che anzi si ripete. Con le sue storture, i suoi drammi/danni, le sue violenze. E riavvolgendo il nastro, come in un film, riprendono vita, e ahimè morte, i fotogrammi del secolo scorso. Con leggi fascistissime e poi razziali. Con deportazioni e violenze. Con la morte assegnata per capriccio e per procura. E poi i pochi sopravvissuti a raccontarci con dignitosa fatica gli orrori indicibili. Tra cui la senatrice Liliana Segre. Che in occasione del suo novantesimo ha ricordato, ancora una volta, la necessità di tenere alta l’attenzione.
Perché la sopraffazione può annidarsi ovunque. Perché Caino uccide Abele, ancora. E noi tutti non possiamo volgere altrove lo sguardo, riducendo l’evento ad un caso di cronaca. Peraltro nerissima.