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Posts Tagged ‘Sicilia’

“Altri volti”, mostra di Giuseppe Leone, esposta al Ragusa Foto Festival dal 29 giugno al 15 luglio 2012.
Leonardo Sciascia. © Giuseppe Leone

A 100 anni dalla sua nascita, Leonardo Sciascia sta nel presente in modo attuale. Persistente come certa memoria civile che ci ha insegnato a coltivare.

Con la sua scrittura analizzava e denunciava. Combattendo attraverso la penna per tentare di cambiare il mondo nella sua sete illimitata di profitti.

La scrittura – diceva – non è orpello né belletto, ma strumento di conoscenza, di lotta, di redenzione. È arma con la quale combattere ingiustizie, sopraffazioni, imposture: pazienza se il divertimento di molti lettori ne sarà sacrificato.”

Insegnando in realtà ai suoi lettori a non voltare mai lo sguardo di fronte alle storture sociali. Divenendo, da “Il giorno della civetta” a “L’affaire Moro”, un modello di scrittura civile. Necessario a futura memoria.

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Un anno fa ci lasciava, addolorati e increduli e più soli, Andrea Camilleri.

E se dolore e incredulità si quietano in parte col tempo, la solitudine resta. Anzi, in certe occasioni diventa precipizio intorno al proprio sé.

Quante volte ci siamo chiesti, durante questa pandemia che stiamo vivendo, che cosa avrebbe detto Andrea Camilleri, il Tiresia del nuovo millennio? Con quali parole avrebbe ammansito le nostre paure durante il lockdown? Come ci avrebbe raccontato questo tragico evento storico? In che modo ci avrebbe affabulato per regalarci orizzonti diversi? Quale lezione ci avrebbe magistralmente regalato intorno a quanto stiamo con fatica sperimentando? E il suo Montalbano come avrebbe reagito a tale sottosopra?

Chissà… Solo ipotesi, illazioni, prove di altrui pensiero. Tentativi, balbuzie. In assenza.

Ecco perché tanto manchi, Maestro Camilleri.

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Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già, oltre Roma…

Leonardo Sciascia, da “Il giorno della civetta” (1961)

Ps: sempre attuale, a trent’anni dalla sua morte, la lezione di Leonardo Sciascia. Per imparare dal ricordo (“se la memoria ha un futuro”).

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“Il cuoco dell’Alcyon” è un’avventura bellissima e cinematografica. A 25 anni da quell’esordio folgorante che era stato “La forma dell’acqua”. Per l’intreccio inaspettato, dagli sviluppi inimmaginabili.

La storia, fin dall’apertura, appare nei suoi segni prodromica dell’uscita di scena di Andrea Camilleri. Per le atmosfere a tratti malinconiche, per le riflessioni in parte amare del commissario. Come se sul fondale scenico fosse il tramonto la luce dominante.

Montalbano si ritrova in ferie obbligate, con lo smantellamento del suo commissariato. Incomprensibile. Un vascello che salpa e approda diventa il protagonista, con i suoi carichi di merce e uomini. E di necessità il commissario diventa cuoco provetto. Dei suoi piatti preferiti, quelli che solitamente trova preparati con antica cura da Adelina.

Ruoli imprevisti, persino immaginifici, con imprevedibili colpi di scena rendono questa avventura di Salvo alquanto speciale.

Un mirabile “congedo” da parte del papà di Montalbano.

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Di Andrea Camilleri mi mancherà alquanto…

Mi mancherà, come di chiunque a cui siamo legati da affetto, la sua voce. Inconfondibile e roca. Col sorriso dentro.

Mi mancherà il racconto dolce e misurato, tra favola e mito, delle sue storie. Soprattutto di quelle minime, nate all’impronta, da aneddoti all’apparenza banali.

Mi mancherà il suo punto di vista, appassionato e civico, sui guai del mondo. Con la speranza, comunque, intorno all’animale uomo.

Mi mancherà il suo Tiresia, che giocava con l’eternità, per farci prendere confidenza con le cose ultime. E la paura ultima.

Mi mancherà il suo sguardo, anche quello ormai cieco. Perché sembrava vedere di più e oltre. Riuscendo a trasmetterlo a colori sgargianti.

Mi mancherà ancora un’avventura, arguta e pura, del suo Montalbano. Per la camurria di un’ammazzatina. Al profumo di arancini (e rottura di cabasisi). In quella lingua-dialetto che è diventata la parlata della sua Vigàta.

E allora lo penserò come il suo personaggio. A sorseggiare il caffè del mattino, di fronte al mare luccicante di Marinella a Punta Secca, intento a meditare su qualche nuovo caso intorno all’esistenza. Voltandosi poi a dire, come già ne “L’odore della notte”: “È un gioco tinto, quello dei ricordi, con cui finisci sempre per perdere“.

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È ingiusta la mortalità. Quando sottrae agli affetti più intimi. Ma anche quando la sottrazione avviene nelle maglie più larghe, ma non meno forti, della comunità sociale, civile, letteraria, artistica.

E bisogna fare uno sforzo sovrumano a non pensare più Andrea Camilleri presente nel dibattito civile e attivo nella scrittura di nuove casi del suo figliolo Montalbano.

Eppure sembra di sentirlo il Maestro. “Ma che, volete babbiare? A tutto c’è una fine, tutto è già stato scritto.”

Grazie Maestro. Per le storie che ci hai raccontato, con ironia e maestria. E per le parole, poetiche e lungimiranti, che ci hai donato.

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Auguri speciali al “papà” di Montalbano che compie novant’anni.

Andrea Camilleri continua ad insegnarci, con acuta intelligenza e fine ironia, che la produzione creativa può essere non solo longeva ma anche geniale.

Il commissario di Vigata, ormai dotato di vita propria e conosciuto in tutto il mondo, lo dimostra.

Auguri Maestro!

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Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia… Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.

Da “L’agenda rossa di Paolo Borsellino” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza (ricostruzione delle pagine dell’agenda scomparsa nella strage di Via D’Amelio, in cui il giudice annotava riflessioni e verità che andava scoprendo).

Ps: di questi giorni l’intercettazione choc delle parole dette su Lucia Borsellino (figlia del magistrato, già assessore alla sanità della giunta Crocetta) da Matteo Tutino, ex primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo (già arrestato per truffa, falso e peculato), al governatore della Sicilia, “Va fatta fuori come suo padre“. Alla luce di questo assumono un nuovo ed inquietante significato le parole sopra citate di Paolo Borsellino.

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mattarella

Con un numero di voti più ampio del previsto, 665 sui 505 del quorum, il giurista palermitano Sergio Mattarella è il 12° Presidente della Repubblica Italiana.

Unanime il giudizio sulla persona, di altissimo profilo e rigore, uomo delle istituzioni e garante della Costituzione, ma anche sul suo cursus honorum, già ministro negli anni ’90 e dal 2011 giudice costituzionale. Il suo imprimatur è stato posto sulla legge elettorale che porta il suo nome, Mattarellum, e su quella di riforma delle Forze Armate che abolì il servizio obbligatorio di leva. Restano famose le sue dimissioni da ministro per protesta contro la legge Mammì pro-Berlusconi e la sua definizione “un incubo irrazionale” l’ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo. Era stato però un evento privato, l’uccisione di mafia nel 1980 di suo fratello Piersanti, allora Presidente della Sicilia, a farlo entrare sulla scena politica pubblica, costringendolo a mettere da parte il suo ruolo da studioso. Ora un nuovo ruolo, quello istituzionalmente più alto.

Ma in questi giorni di elezione è stato paradigmatico, a livello di strategia politica, il “machiavellismo” sotteso ai “giochi”, “scarti” e “accordi” che i “mossieri” hanno compiuto per le proprie “contrade”. Come per il Palio, è il cavallo che entra per primo a segnare il passo degli altri. La prima, e unica, mossa a sorpresa, la fa il premier fiorentino, un nome secco e irrinunciabile, per ricompattare i suoi. La sinistra così si ritrova unita, col “tradito” Nazareno a fare solo più da sfondo. E gli altri, spiazzati, non possono che scegliere l’astensione o la salita sul “grande carro”. Il Ministro degli Interni, poi, a non votare il Presidente rischia un unicum istituzionale, aprendo un possibile vulnus, alias l’apertura di una crisi di governo. Così tutto rientra e Sergio Mattarella diventa il Presidente in pectore. E forse a breve, la Storia insegna, “risorge” anche il Nazareno. Tutto che sembra cambiare, affinché nulla in realtà cambi.

Ma oggi è il giorno di Sergio Mattarella: giurista, politico. E da oggi 12° Presidente della Repubblica Italiana.

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paolo_borsellino_strage_damelio

La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.

Paolo Borsellino, magistrato italiano (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992).

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