
Due installazioni dell’artista Mike Stilkey
Edizione 25. Quella con cui si fanno alcuni bilanci importanti. Come per una coppia, un’amicizia, un lavoro.
Ragazzina, già da tempo persa tra i libri, mi introdussi in punta di piedi in quella kermesse apparendomi una magica biblioteca con migliaia di volumi da sfogliare e tanti autori da ascoltare guardandoli quasi negli occhi. E fin da subito mi innamorai delle piccole case editrici, quelle che ti regalano oggetti belli e storie inaspettate, quelle case che poi impari ad aspettare con pazienza e trepidazione tutto l’anno.
Qualche anno dopo il Salone del Libro divenne per me palestra di giornalismo. Era il momento topico per le interviste che mi venivano commissionate dal giornale. E gli scrittori divennero qualcosa di più tangibile e umano. Con i loro pensieri e le loro manie. Quasi sempre inafferrabili entrambi.
Ci fu poi l’anno in cui tra quelle bancarelle occhieggiava, copertina di colore e di fiori, anche il mio libro, e ne fui orgogliosa ma anche un po’ intimorita perché mostravo parte della mia nicchia privata. Raccontare il senso delle mie parole di scrittura mi fece però sentire appagata, con una tessera importante di me che trovava la sua collocazione.
E ancora gli anni recenti, quelli in cui rivedevo in uno stand l’intervista che avevo fatto al regista Pupi Avati nella sua casa-studio di Roma, piuttosto che la conferenza tenuta sugli adolescenti, “classe sociale” che avevo definito essere del “color cane che fugge” prendendo a prestito il titolo di un romanzo.
In mezzo innumerevoli libri. Visti, comprati, letti, regalati, sfogliati. Ogni volta con l’entusiasmo di chi continua ad essere innamorato. Anche dopo 25 anni.
Ps: a proposito di libri e creatività, che dire delle installazioni di Mike Stilkey, artista di Los Angeles che dipinge direttamente sulle copertine dei libri vintage?
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