
La giornata è storica. La Gran Bretagna ha scelto: fuori dall’Unione Europea. Un autentico terremoto per il vecchio continente, con onde di propagazione in ogni dove.
I sondaggi dicevano di un Paese diviso, ma lievemente sbilanciato pro Remain. Anche le Borse avevano scommesso sullo status quo della situazione.
Poi i dati reali, con un’affluenza del 72,2%, segno che i cittadini hanno sentito la chiamata quale momento storico per esprimersi. E infine, alle prime luci dell’alba, lo spoglio delle schede mette a fuoco la scelta britannica facendoci svegliare col dato nudo e crudo: Brexit ha vinto. L’impensabile è accaduto.
Ora tutto sarà diverso. Non solo dal punto di vista economico, capitale umano/ spostamenti/ trattati/ scambi, ma anche da quello politico. Da oggi infatti bisognerà fare i conti con un’Europa più piccola e meno forte ma anche con un potenziale effetto domino da parte di altre nazioni europee, in primis Olanda e Danimarca.
Quell’Europa nata sulle macerie della seconda guerra mondiale e attraverso il sogno di un gruppo di illuminati visionari appare lontana e sfocata, attorniata da schiere di euroscettici che spingono per disconoscerla e da istituzioni svuotate delle intenzioni originarie.
E intanto il bilancio delle prime ore post Brexit vede le Borse in caduta libera e le dimissioni del Primo ministro britannico David Cameron, colui che per fortificarsi ha compiuto tale azzardo. Un monito per altri leader.
L’instabilità regna quindi sovrana. Col fantasma di Donald Trump più vicino alla Casa Bianca. Ma è un mondo liquido e velocissimo. Quindi quasi completamente imprevedibile.
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