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Posts Tagged ‘regista’

Uomo senza nome, Soldato Jonathan, Ispettore Callaghan. Antieroe duro, burbero, scontroso. Così Clint Eastwood diventa famoso e popolare.

Straniero senza nome, Texano dagli occhi di ghiaccio, Cavaliere pallido. Con metodica cura Eastwood continua a scolpire personaggi iconici diventando regista di sé stesso.

E dietro la macchina da presa sorprende, lavorando in modo sempre più asciutto ma denso, un nuovo John Ford. “Gli spietati” e “Million Dollar Baby” gli valgono meritatamente ben quattro Oscar.

Ma Eastwood pare più interessato alle storie che ai premi. Scava intorno ai personaggi, regalandoci la loro anima. Walt Kowalski, reduce della guerra di Corea, in “Gran Torino” è uno di questi.

E continua, a 90 anni, a narrare esistenze: “Ciò che mi interessa più di ogni altra cosa nel lavoro e nella vita è la ricerca della verità. Questo percorso mi spinge ancora a dirigere film.”

Auguri Clint! E grazie per quel tuo sguardo “azzurro” con cui tratteggi il mondo.

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Più arduo e solitario il cammino senza un tal nocchiero.

Difficile condensare il regista Bernardo Bertolucci in una sola parola, ma forse Maestro si avvicina. Per quel di più, magis appunto, insito nella parola “magister“.

Per padre il poeta Attilio che gli fa amare lo scavo nella parola, per vicino di casa il giovane Pasolini che lo vuole aiutante nel suo primo film.

Il resto è storia del cinema. Perché “Ultimo tango a Parigi”, “Novecento”, “L’ultimo imperatore” , “Il té nel deserto”, “Piccolo Buddha” sono capolavori assoluti, pietre miliari della settima arte. E Bertolucci è l’unico italiano ad aver vinto il premio Oscar come miglior regista.

Mi piace ricordarlo con i versi di una poesia, “Decisioni per un orto”, di suo padre Attilio che ho avuto l’onore di incontrare in occasione del Premio Montale: “Bisogna rivalutare questo orto / recingerlo dove è aperto di rete metallica / azzurra“.

Ecco, penso che l’azzurro, colore dei poeti, sia quello con cui sta ora “giocando” il Maestro Bertolucci. L’ultimo imperatore del cinema.

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Pupi Avati, il regista di “Regalo di Natale” e di tante pellicole su storie italiane di provincia, ha compiuto ottant’anni.

Ma quando penso a lui lo “svesto” dei suoi pubblici panni e rivedo il “mio” Pupi Avati, l’uomo che una decina di anni fa ebbi l’onore di intervistare nel suo studio di Roma.

In quel meraviglioso “antro acherontico”, pulsante cinema da ogni centimetro di parete, e con le foto dei miti della settima arte ad occhieggiare ovunque bellissimi ed eterei, la mia intervista col grande regista si trasformò presto in una chiacchierata di profondità su temi e passi comuni. Con un idem sentire intorno all’umanità e alla sacralità della vita. Buona parte di quelle parole restarono solo nostre, specie quelle intorno ai genitori, che interpretai come un segnale dall’Altrove.

Per me quell’incontro, indimenticato, fu un “Regalo di Natale” inaspettato. E non solo perché fuori stagione.

Grazie Pupi, e auguri affettuosi.

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Quando il destino, e anche la residua forma che ti è permesso dargli, è tutto nel nome.

Lina Wertmüller, novant’anni appena compiuti e una filmografia cult da regista, ha all’anagrafe un nome che suona così: Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich.

Questa lunga sequela di nomi non ricorda forse la particolare caratteristica dei lunghi titoli delle sue pellicole, in cui la storia è già tutta esposta negli stessi?

Da “Mimì metallurgico ferito nell’onore” a “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto“, da “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici” a “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico“, per citare solo i più noti.

Come se i nomi anagrafici della Wertmüller fossero già, in nuce, il suo primo lunghissimo titolo filmico.

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Il mondo è sempre stato salvato da chi guardava avanti“.

Franco Zeffirelli (intervista al Tg2 – 13 novembre 2006)

Auguri per i suoi novant’anni e per quel suo sguardo sempre proiettato in avanti. Illuminato da “Fratello sole, sorella luna“.

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