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Posts Tagged ‘Raffaella Carrà’

Alla fine hanno vinto Mahmood e Blanco, già vincitori in pectore fin dalla prima serata, con la canzone “Brividi”, in un’edizione del Festival che tale è stata, da brividi appunto, a partire dagli ascolti record ma non solo.

È stato definito il “Festival della gioia” (ritrovata), anche per gli abbracci scambiati sul palco: tanti, voluti, sentiti. Un chiaro rito liberatorio, teso a propiziare un nuovo tempo di riavvicinamento dopo i due anni di solitudine pandemica. Anche se tutti noi, che il palco non lo calchiamo, siamo ancora ritrosi (forse perché ligi alle regole?) all’effusione libera.

Diverse poi le tematiche culturali e politiche ricordate sul palco: la parità di genere, il conflitto razziale, l’inclusività, la diversità, la fluidità sessuale, la libertà d’espressione, il diritto di satira. Anche attraverso ospiti musicali di peso, quali Mengoni, che ci ricorda di mantenere alta l’attenzione sul bullismo, e Jovanotti, che recita in modo intenso la poesia “Bello mondo” di Mariangela Gualtieri. E fa vincere (facile?) Morandi nella serata delle cover. Serata che scivola tra le dita, quasi polvere di stelle, con brani di un tempo sempre presente ed alcune interpretazioni magiche.

E intorno le “Farfalle” della ritmica italiana ad incantare, e il Fantasanremo a debordare, con salti e flessioni praticate sul palco dallo stesso presentatore. Per fare punti, soprattutto nel cuore sentendoci leggeri, per volare in libertà.

E ancora l’omaggio a Raffaella Carrà, un tributo legato all’anteprima mondiale del musical “Ballo Ballo” , tratto dal film “Explota Explota”. Un tuffo al cuore e malinconia a strascico: la voce di Raffa, inconfondibile, e le sue mosse, indimenticabili, attraverso una controfigura di spalle. Un amarcord di infinito rimpianto.

Trait d’union del brioso caravanserraglio il presentatore/direttore artistico Amadeus, sempre sul pezzo, elegante e ironico, misurato e sensibile, coadiuvato nella penultima serata da una spumeggiante Maria Chiara Giannetta (notevole e divertente il dialogo con parole di canzoni sanremesi insieme al collega Maurizio Lastrico) e nella finale da una Sabrina Ferilli che interpreta se stessa, nessun artificio, una carica naturale di simpatia e profondità.

E infine il podio: Morandi terzo con “Apri tutte le porte” già destinata ad essere tormentone di allegria, Elisa seconda con una canzone difficile, “O forse sei tu”, che solo lei può permettersi, e Mahmood e Blanco primi con “Brividi”, già record di ascolti su Spotify e pronti a veleggiare per l’Eurovision Song Contest 2022, da giocarsi in casa a Torino. Chissà…

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“La colomba porta vaccini” – Disegno dell’artista Harry Greb

L’anno comincia, a fronte di una seconda e pesante ondata pandemica, con la speranza di tutti nei vaccini.

Eppure il vaccino, la soluzione tanto agognata contro SarsCov2, in breve tempo diventa lo spartiacque tra la maggioranza che lo vede come difesa per sé e la comunità, e una minoranza che lo sente come sottrazione di libertà e sottomissione al potere. Senza pensare a quella parte, ancora estesa, di mondo che non può neppure scegliere se sottoporsi al vaccino.

Tra insicurezza, infodemia, precarietà, conosciamo poi nuove parole come green pass, divenuto l’oggetto (anch’esso amato-odiato) che precede i nostri passi. Passi che hanno inciampato in nuove varianti del virus, da Delta a Omicron, lettere greche portatrici di inediti scenari e ancora ansia, come ormai da due anni.

Nel frattempo il pianeta scopre la fragilità della democrazia con l’assalto al Congresso americano e il ritorno dei talebani a Kabul. E l’Italia ammutolisce di fronte alla tragedia della funivia del Mottarone, soprattutto per lo sprezzo inusitato delle regole.

Il nostro Dante ha però reso bella, ancora una volta, l’Italia nel mondo, in occasione del suo 700° anniversario. Insieme al premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, ai campioni olimpici di Tokyo, alla Nazionale di calcio, al gruppo musicale dei Maneskin. E tra le buone notizie la liberazione di Patrick Zaki.

Che fatica però lasciar andare chi ha reso bello il nostro tempo umano, da Franco Battiato a Raffaella Carrà, da Milva a Carla Fracci, da Jean Paul Belmondo a Lina Wertmüller. E anche chi ci ha mostrato la generosità di sé, come Gino Strada.

Anno complesso e complicato. Di luci e ombre. Alla ricerca di orizzonti.

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Tergiverso, prendo tempo, rimando.

Perché scrivere di Raffaella Carrà al passato mi risulta alquanto difficile e doloroso. Farlo implica infatti tagliare il filo del palloncino colorato che mi lega al tempo della spensieratezza inconsapevole. Quello in cui bambina (ne avevo già scritto) ripetevo fino allo sfinimento, insieme a mia sorella, i passi dei suoi balletti, sperando che anche il mio caschetto tornasse subito a posto come il suo firmato Vergottini. E le sue canzoni sprigionavano immediatamente bollicine di felicità istantanea. Da bambina, da ragazza, da adulta. Fino all’altro ieri, a quella notizia-pugno che ti stende il cuore a terra e i pensieri volano altrove cercando di trattenere quanto è stato.

Sarà arduo sentire ancora il frizzo delle bollicine aprendo una di quelle mitiche “lattine” di Raffaella Carrà, in cui energia inesauribile e gioia sincera ti arrivavano dentro in modo talmente vigoroso da contagiarti, regalandoti appunto l’ebbrezza di una felicità immediata.

Grazie Raffaella, per i doni che ci hai fatto, per la leggerezza che hai emanato. La terra non può che esserti lieve.

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Ironia dissacratoria come solo un aretino, con il senso immediato e sfrontato per la battuta. Capacità sublime di nobilitare l’arte del nulla attraverso l’uso sapiente del surreale. Visione acuta e predittiva dei mezzi di comunicazione unita ad un’intelligenza vivace e giocosa. Con la leggerezza a segnare la rotta di navigazione. Nell’etere e nell’esistenza.

Questo è stato Gianni Boncompagni. Ma il mio “Bonco” é stato soprattutto quello di me piccina, che capivo e non capivo, forse perché piccina, forse perché con poco senso. Seppure un senso alto, doppio, acuto come l’arco, senza freccia, oltre il reale. Quel senso che, ora lo so, piace a me fin da piccina, allora non sapendolo. Quello che mi faceva rientrare da scuola in fretta per ascoltare i tormentoni e i non-sense di “Alto gradimento”. Abbeverandomi ad altra scuola, che trovava il suo farsi, disfarsi e avvilupparsi nei senza senso pieni. Che, nel caso di Boncompagni, si palesavano anche attraverso testi musicali in cui le rime si accoppiavano danzando e giocando, come una “ballerina di Siviglia”, la sua appunto, “con lo scialle di ciniglia”, a cui si chiedeva di “non scoprire la caviglia”.

Bischero cazzeggio, nobile fraseggio. Leggerezza a tratti insostenibile. Ma necessaria, quanto e più dell’aria.

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carrà

Non ho scelto per caso questa immagine della Raffa nazionale. La scelta è stata affettuosa perché si tratta della copertina di un 45 giri per me speciale, regalo desiderato e arrivato in una dolce Epifania.

Bambina, con gli anni da contare su una sola mano, avevo il culto della Carrà, imitandone gli scatenati balletti incluse le mosse col caschetto Vergottini che tornava sempre a posto. Ma che musica maestro la cantavo con quella spensieratezza che, se sei fortunato, dura una manciata di anni o poco più. E Tuca Tuca, Chissà se va, Rumore, Tanti auguri seguirono la prima come perline di una mia personale e adorata collanina di felicità.

Ecco perché oggi, augurando buon compleanno a Raffaella, fatico a pensarla accanto ad un numero che è tanto, settanta. Perché per me lei continua ad essere “Maga Maghella”, che mi faceva sentire la vita, in poche note, facile e bella.

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