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Posts Tagged ‘prof’

Qualche settimana fa, ad una manciata di giorni dalla fine dell’anno scolastico, una mia classe faceva il conto dei giorni all’alba, e tutti erano visibilmente contenti.

Eccetto un mio studente, passo profondo nel suo cammino. Mi guarda e mi confessa, a cuore aperto e mente oltre la finestra: “Prof, a me un po’ dispiace. Amo venire a scuola perché imparo cose nuove.” I compagni, inconsapevolmente miopi, in risposta: “Ma a settembre ritorniamo!”. E lui, a visione consapevolmente chiara, forse troppo, ribatte placido, come suo solito: “Ma il prossimo anno sarà un’altra cosa!“.

E così porto a casa, felicemente silenziosa, un piccolo ripasso della lezione per me più preziosa. Che il “maestro” è dietro l’angolo, e si presenta quando meno te lo aspetti. Per questo bisogna essere attenti e fiduciosi. Dentro e fuori scuola. Grazie Hartwig.

Ps: buone vacanze alle mie “bimbe” e ai miei “bimbi”, anche a quelli “bischeri”…

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Prof in vacanza

Stanno terminando gli esami di maturità. Con gli ultimi colloqui si mette in archivio l’estrema fatica dell’anno scolastico per i prof. E adesso? E adesso comincia la solita litania, refrain, ritornello: “Ora ti aspettano due mesi di vacanza, che fortuna!” (omissis sulla parola più usata al posto di “fortuna”…).

A parte il fatto che due settimane vanno per rientrare ad un livello di facoltà intellettive corrispondente all’homo sapiens o semisapiens. A parte il fatto che dovrebbe iniziare un periodo di autoformazione/autoconservazione per essere ancora utile ai tuoi studenti e anche a te per non essere di danno a loro. A parte il fatto che per chi lavora ci sono le “ferie” dovute, e per chi va a scuola (che, si sa, non è proprio lavoro…) chissà perché c’è la “vacanza”, cioè premio. Un mio amico ha avuto il coraggio di confessarmelo: “E’ invidia, invidia pura, è che sto ‘a rosicà’ !”. Allora, se di invidia trattasi, invidiate i prof anche:

– Quando non possono usufruire di un giorno di ferie all’anno fuori dai periodi di sospensione didattica. Mai. E scommetto che vi è successo di dire al mattino “oggi prendo un giorno di ferie”. Bene, da insegnante è cosa da scordare per sempre.

– Quando non possono abbandonare la propria postazione di lavoro (leggi “classe”), perché, prima di ogni loro esigenza (anche fisiologica), devono pensare ai loro studenti e all’ incolumità degli stessi (leggi “responsabilità civile”). Avete mai assistito ad una “prova evacuazione” (dall’edificio scolastico, al bando le battute…)? Se per qualche motivo urge scappare non siete soli, con voi ci sono 25/30 adolescenti da gestire, con calma veloce (che è un ossimoro, come notano subito i miei studenti, cioè un paradosso).

– Quando al mattino, ore 7.45, con capacità di intendere e volere ancora sotto il minimo sindacale perché la caffeina tarda a svolgere il proprio compito (o è il mio cervello che tarda a connettersi…) un tuo allievo ti corre incontro, le parole prima di lui: “Prof, prof mi ascolti…” e segue un fiume in piena da arginare con urgenza e sollecitudine, senza ricorrere alla protezione civile.

– Quando consegni un compito scritto con valutazione negativa, ovvero quando è d’obbligo, anche se per te non è giornata, l’uso dell’intera gamma della delicatezza, raccontando però la verità, per far comprendere che” la parte non è il tutto”, quindi un brutto voto non inficia l’interezza della persona.

– Quando ti trovi nel mezzo di tempeste ormonali e sentimentali e vedono l’adulto come una possibile boa cui attraccare per riprendere fiato, e tu magari sei nella settimana in cui sei stato appena lasciato o stai ripensando seriamente al senso profondo che ha il tuo matrimonio.

– Quando, dopo aver trascorso tutta la giornata a correggere i compiti di una classe, con gli occhi che bisticciano ormai tra loro a chi debba guardare per primo le parole sgangherate sul foglio, sai che per la serata ti aspetta un altro “pacco”, ancora compiti, di un’altra classe. Anche perché poi al mattino la prima domanda è: “Prof, ha corretto i compiti?”. Altro che Brunetta…

– Quando, last but non least, ricevendo la busta paga controlli solo più che gli importi non siano ancora ulteriormente diminuiti, perché un “ulteriore margine di risparmio” sui prof si trova sempre. Ma ormai siamo alla frutta ammaccata del nostro cestino della merenda.

Eppure, nonostante tutto, la vera invidia che dovreste provare, e forse neanche vi sfiora, è quando i cuccioli d’uomo entrando in classe ti chiedono affettuosi: “Ma a che ora è andata a dormire, prof?”. E io a tranquillizzarli sulla mia vita sociale, spiegando loro che si è trattato “solo” di compiti (quelli della prima domanda che mi pongono, ancora nel corridoio…). O quando condividiamo nel profondo una poesia o discutiamo appassionatamente intorno ad un argomento. O quando qualcuno, suonata la campanella, si avvicina alla cattedra per dirti: “Legga questo libro, prof, le piacerà”. Allora capisci, ancora una volta ma è sempre nuova, che i cuccioli stanno imparando a camminare, e il testimone lo puoi serenamente passare a chi continuerà la corsa.

Ecco, se avete qualcosa da invidiare ai prof, forse è soprattutto questa possibilità preziosa di assorbire sempre qualcosa, respirando ogni giorno la vita nel momento in cui trabocca per eccesso. Quell’eccesso che, nel volgere di poco tempo, entrando nell’ingranaggio automatico del sistema, evaporerà…

In fondo, avete ragione ad invidiare i prof. E ora, come dite voi che ci invidiate, VACANZA!

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Gioia frammista a malinconia. Aria di cose disfatte, di valigie da preparare. Voglio portarmi tutto, come sempre quando preparo le valigie. Ma solo la memoria riesce in questo compito…
Come non portare nella mia valigia le parole dello studente-occhi di mare che, al mio ingresso in classe con occhiali scuri, quasi rimproverandomi mi disse: “Ma prof, io vengo a scuola e voglio vedere i suoi occhi”, e poi più dolce: “Perché lì dentro accadono cose e si vedono tutte.” E come non pensare a chi mi chiedeva una mattina sì e l’altra anche: “Prof, quante ore ha dormito?”, tenendo affettuosamente sotto controllo il mio livello di benessere? E che dire del club delle “mangia-libri” con cui ho condiviso i banchetti di carta stampata e le abbuffate che abbiamo fatto di storie? E i vostri sguardi che stupiti hanno accompagnato bocche che sono diventate “ohhh!” di fronte ad una nuova scoperta di parola-pensiero? E i ragazzi di “seconda”, i “piccolini”, che ho visto sgusciare dai morbidi e rotondi tratti di bambini per mostrare i tratti più affilati e nervosi dell’adolescenza, facendo intuire le giovani donne e i giovani uomini che tra poco saranno? E la condivisione con la “quinta” di alcuni “timoni” per l’esistenza, come il pensiero di Lucrezio o di Leopardi o di Pirandello? E come non ricordarmi dell’autentico interesse che ha provato la “terza” scoprendo che il poeta latino Catullo cantò il suo amore per Lesbia con versi bellissimi, raccontando le emozioni che tutti in ogni tempo abbiamo vissuto / viviamo / vivremo intorno a questo ineffabile mistero? “Vivamus, mea Lesbia, atque amemus …”. E i 150 anni dell’Unità d’Italia che con la “seconda” abbiamo ripercorso attraverso il libro di Fruttero e Gramellini , sentendo vive e pulsanti le radici del passato di ciascuno di noi? E quanti eventi d’attualità abbiamo commentato rendendo la classe una vera koinè culturale?
E poi qualcuno, lo studente-sguardo lontano, pochi giorni fa, mentre eravamo in aula computer lavorando sulle tesine, mi ha affettuosamente ricordato che esattamente un anno fa, nello stesso luogo, lui e un suo compagno mi chiedevano se fosse possibile “avermi” come prof per la “quinta” perché loro “perdevano” la loro docente (i tagli Gelmini…). E’ vero, successe là, e io che non decido nulla ebbi proprio quella classe e altre due, la mia “testa”, il mio “cuore” e la mia “pancia” di quest’anno. Un “corpo” che ho abitato con gioioso benessere e profonda leggerezza…
Buone vacanze a tutti voi! Che l’estate si faccia densa di ricordi per la vostra “valigia”…

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