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Posts Tagged ‘poesia’

E’ terminata la mia sospensione di giudizio sul comportamento post Nobel di Bob Dylan.

All’annuncio di tale riconoscimento il 13 ottobre scorso ero contenta. Per la scelta open dell’Accademia di Stoccolma, per il nome del poeta destinatario e per la motivazione: “Per aver creato una nuova espressione poetica nell’ambito della grande tradizione della canzone americana.” Canzoni come “Blowin’ in the wind” o “Knockin’ on Heaven’s Door” sono diventate inni dei movimenti pacifisti e per i diritti civili, interpretando il sogno americano di libertà.

Mi aspettavo da subito una dichiarazione del cantautore. E invece ho cominciato ad aspettare, come tutti, un segno da parte del compositore. Una sua, seppur minima, reazione. Viceversa, il silenzio.

Così, mentre lui taceva io entravo in epoché, sospendendo il mio giudizio sul suo atteggiamento.

Dopo una quindicina di giorni poche parole in stile Dylan: “Che sorpresa il Nobel. A Stoccolma ci andrò, se sarà possibile.” Ora sappiamo che non gli sarà possibile, perché “già occupato in precedenti impegni.” Comunicato che lascia dietro di sé una scia fastidiosa e sgradevole di arrogante superiorità. Anche se le sue canzoni continueranno con merito a “bussare alle porte del Paradiso.

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Ci sono boe di posizionamento tali che, quando scompaiono dal tuo orizzonte, ti senti disorientato.

Questo per me la perdita di Leonard Cohen, un Poeta in musica. Non è un caso che questo blog porti, come bonheur di viaggio, un suo verso/monito: “In ogni cosa c’è un’incrinatura. Lì entra la luce.

Solo di un mese fa l’uscita del suo ultimo lavoro, “You want it darker“, un poema su Dio e la morte. Quasi una preveggenza, ora un album testamento. Con la voce che si fa scura nel dire “I’m ready, my Lord“, “Sono pronto, mio Signore“.

Un Poeta Leonard Cohen, prima che cantautore dalla voce baritonale di ruvido velluto. Canzoni celebri, da “Suzanne” ripresa anche da Fabrizio De André ad “Hallelujah” ballata tra le più famose al mondo. Sofisticato in “I’m Your man“, visionario in “The Future“.

Sempre elegante, delicato, spirituale, malinconico, a tratti struggente. La voce roca e ipnotica. Capace di creare atmosfere magiche, raccontando in poesia i turbamenti dell’uomo.

Quella Poesia che in Cohen è comunque antecedente la musica, diventando compagna e metodo: “Vorrei dire tutto ciò che c’è da dire in una sola parola. Odio quanto possa succedere tra l’inizio e la fine di una frase.

Tra i suoi desideri, “Vivere, amare, leggere libri di nobili princìpi e ideali e fingere di uscirne diverso.” Non così lontano dal “poeta-fingitore” di Pessoa.

Una sua raccolta poetica porta un titolo che è la sua eredità per questo pianeta, “Le spezie della terra“.

Grazie per la tua Poesia, Leonard Cohen. E per il modo in cui la recitavi al mondo. Facendocene dono.

Hallelujah a te.

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A cento anni dalla sua morte, avvenuta il 9 agosto 1916, la lezione di Guido Gozzano resta quella di una profonda intuizione sulla natura umana: “Quei ‘cosi / con due gambe’ che fanno tanta pena”.

Ripenso alla tenerezza antica della sua Signorina Felicita, una “beltà fiamminga” pur “priva di lusinga”, “efelidi leggiere” tra “iridi sincere”, e intorno alla cucina quegli odori “di basilico, d’aglio e di cedrina”.

E l’ironia lieve del Poeta nel raccontare a questa donna la sua necessità di partire: “viaggio per fuggire altro viaggio…”.

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petaloso

I miei studenti mi hanno interrogata. Intorno a “petaloso“.

Si sono divisi in due scuole di pensiero, richiedendo la mia collocazione.

Mi piace/non mi piace, modalità Facebook. Modalità primaria, che non contempla né posizioni intermedie (tertium non datur), né chiose critiche.

E’ stata l’occasione montaliana per addentrarci nei “boschi critici”, quelli che permettono di evitare “le trappole, gli scorni di chi crede / che la realtà sia quella che si vede“.

Cosa rende particolare questo neologismo? La discrasia tra significato e significante. Il significato infatti appare poca cosa, risultando quasi tautologico: è “petaloso” ciò che “tanti petali ha o mostra”, assumendo forse nelle metafore più consistenza. Si potrà quindi dire “la questione appare petalosa”, ovvero “con aspetti multipli da dirimere”. Oppure, “quella bottega è davvero petalosa” per dire che la stessa vende “molti manufatti”, quasi sicuramente “belli e colorati”.

Ma “petaloso” gioca tutte le sue carte, ops petali, sul suono che produce, che rende lo stesso “coccoloso”, “armonioso”, “fantasioso”. Musicalmente piacevole. Quindi potenzialmente poetico.

Forse un giorno leggeremo in una lirica un endecasillabo di tal sorta: “Era un tramonto a tratti petaloso“. Vedendo così un cielo con stralci di nubi aranciate da un sole in declino.

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E’ stato un pezzo d’Italia, Ettore Scola.

E non solo per un tipo di cinema davvero superlativo. Bensì per una narrazione particolare, come quella sua “Giornata”, capace di raccontare e vedere ad ampio raggio la storia italiana nel secolo breve. In fondo la storia di una “Famiglia” in cui ci si è “Tanto amati”. E dove anche “Ballando, ballando” si diventa grandi.

Con la Poesia per colonna sonora e l’Etica quale bussola di cammino.

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Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” – Italo Calvino

Sono trent’anni che lo scrittore Italo Calvino ci ha lasciato.

La sua lezione sulla leggerezza riecheggia però ancora oggi nella pesantezza delle stanze del vivere.

Regalandoci il senso profondo e leggero della sottrazione.

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Jacques Henri Lartigue, "Fuborg" - 1929

Jacques Henri Lartigue, “Fuborg” – 1929

Stamane vado a scuola e, ancora una volta, torno a casa con la lezione del giorno.

Nel senso che ho ripassato un tema che nella corsa quotidiana rischiamo di perdere dalla vista del cuore.

Un mio studente quindicenne, ma con un tempo interno alquanto sviluppato, dopo aver sostenuto la mia interrogazione torna al proprio banco e mentre io sono già al successivo interrogato, tra sé e sé sorride, ma di un sorriso che odora felicità allo stato brado. E io che tutto quanto è “obliquo” annuso, entro in punta di piedi nella sua “bolla” per chiedergliene conto. Perché se, come dice il Poeta Trilussa, “la felicità è una piccola cosa“, sfiorarla è però raro.

E la sua risposta, nella meravigliosa apertura di chi sale la propria “collina”, è stata semplice e profondissima: “Prof, da adesso sono in vacanza!“, con un altro sorriso a proseguire quanto i suoi occhi stavano già intravedendo. Pregustandone la felicità. Quasi ape “su un bottone di rosa“…

Grazie, Faber.

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magrelli

Libro all’apparenza “strano”, nel primitivo senso del termine. “Estraneo”, cioè “fuori dal conosciuto”, quindi “etranger“-“straniero”.

In effetti già il titolo appare “strano”: “la lingua restaurata e una polemica – otto sonetti a londra“. Una commistione/ibridazione/gioco libero, che è poi il libro stesso.

Partendo da 12 prose/quadri su 12 luoghi di Londra che il Poeta rende concretamente eterei e bellissimi, il libro osa poi una variatio intorno al concetto di “restauro” dell’arte, sia essa colore o lingua. Spunta anche una discussione politica tra Machiavelli e il “Tenerissimo”, alias l’autore stesso, sulle sorti dell’Italia.

Libello non semplice ma bello, soprattutto per il gioco ardito sul sonetto, composto/tradotto/scomposto, che ne fa un’autentica chicca per i linguisti e i curiosi. E gli omissis di copertina, tratti neri di pennarello su parole, non tolgono/coprono/nascondono. Bensì aprono spiragli/riflessioni/fantasie. Perché, come scrive Magrelli, “in poesia, il meno è il più“. Così il Poeta, in sottrazione, toglie patina alla lingua e ai pensieri. Facendosi restauratore.

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benigni

La protagonista è stata la Poesia.

Roberto Benigni ne è stato l’interprete. Incantato e incantatore. Nel trasmetterci la passione per la Parola di tanto Autore.

Tra i diversi vocaboli sottolineati nel racconto i miei preferiti sono stati “libertà” e “silenzio”. Autentici archetipi di “umanità”.

Forse perché intimamente intrecciati col “cammino” e la “riflessione”.

Ma la Poesia nasce così.  …”e tu puoi contribuire con un tuo verso” (Walt Whitman).

Ps: nel frattempo, mentre ripassavamo le Tavole della Legge, in una scuola pakistana un manipolo di talebani ignobilmente le violava.

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banchi1

Qualche settimana fa ho affrontato con la “mia” (antica illusione quella per cui consideriamo sempre un po’ nostre le persone con cui ci intratteniamo…) classe seconda di liceo l’argomento “Poesia”. Complesso, lo so. Ma ogni volta so anche che tale “operazione” (capirete tra poco perché la definisco tale) mi regala albe e tramonti, direttamente sui banchi. Sarà perché la poesia è connaturata a tutti noi viventi, è solo necessaria una levatrice che porti “alla luce” la vita più intima che, interna a ciascuno di noi, già pulsa.

E così ho assistito, ancora una volta, al miracolo della nascita poetica, che è poi la nascita più autentica, profonda,  e animica di ogni essere umano. Perché entra in contatto con le parti più nascoste e potenti del sé.

Dopo aver spiegato ed esemplificato l’acrostico, ovvero quel particolare tipo di componimento, solitamente dedicatario, che porta per ogni verso nelle sue lettere iniziali un nome proprio, ho chiesto a loro di provare a scriverne uno, ricordando di raccontare, attraverso i versi, la persona il cui nome fa acrostico.

Vi riporto qualche esempio, ricordandovi che sono ragazze/i quindicenni, quelle/i che solitamente vengono descritti “sdraiati” e “smanettoni”, cioè nullafacenti, alias nullapensanti.

Fabio, nuotatore fin da bambino, si è raccontato così:

Fin da bambino/Amavo nuotare/Battevo gli avversari/In tutte le gare./Ora son sempre uguale.

Michele, solitamente tranquillo ma attento ad ogni evento, si descrive in questo modo:

Mi/Immergo/Completamente./Ho/Eleganza,/Lentezza/Esagerata.

Assia, con un suo sfaccettato mondo interno, scrive di sé:

Aiutami,/Sono/Sola/In questo/Abominio.

Sebastiano descrive la bellezza di Rebecca:

Rossa/E/Bella/E/Calda/Come la notte/Appena prima che arrivi.

Giada racconta il proprio rapporto con Edoardo:

Eravamo/Due ruote di legno,/Ora/A mala pena/Riesco a/Distinguerti nel mio/Orizzonte di tristezza.

Cosa ne dite? Possiamo ancora definirli nullapensanti?

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