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Posts Tagged ‘pioggia’

L’Emilia Romagna straziata.

Pezzi di strada sparsi come tessere di un puzzle. Infrastrutture interrotte. Versanti di colline in frana rovinosa sulla pianura. Un paesaggio geograficamente mutato. E purtroppo anche umanamente, con diverse vittime.

Piogge violente e persistenti su un terreno fragile, franoso, stanco. Immagini impressionanti. Con la parola “emergenza” che sta diventando sistemica.

Il cambiamento climatico è palesemente in atto, nonostante ci sia ancora chi minimizza. In modo miope e superficiale.

Ps: ma davvero il Ponte sullo Stretto di Messina è una priorità per il nostro Paese?

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Pioggia. La grande assente.

Un tempo (sembrano secoli fa) veniva vista come iattura con cui cominciare la giornata. Poteva rovinare una gita, rendere lento il traffico mattutino e veloce il rientro tra le mura domestiche. Non parliamo poi di un matrimonio bagnato, che si diceva fortunato giusto per salvare la festa.

Oggi tutto è cambiato. Siamo disposti a tanto per un po’ di pioggia, anche ad antichi riti propiziatori. Perché l’acqua, finalmente lo si sta comprendendo, è vita. Infatti intorno a noi ogni elemento si fa siccitoso, fiume-albero-uomo. Con la linfa vitale che fatica a scorrere e rigenerarsi.

Presto diremo “finalmente una bella giornata” quando, seppur sempre più di rado, sentiremo l’odore della pioggia e il suo scroscio.

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Che tristezza vedere risbobinarsi il solito tragico nastro… Con la Natura a reclamare il suo spazio, ancora una volta, esigendo un dolorosissimo contributo umano.

C’è il cambiamento climatico, è palese. Però a Ischia c’è anche un tasso alquanto elevato, il cinquanta per cento sul totale degli edifici, di abusivismo edilizio. E i condoni sempre promessi, reiterati, continuati. Senza mai considerare che mettere in sicurezza il territorio significa partire proprio da lì. Interrompendo infine la illogica, se non per fini elettorali, catena infinita di condoni. Investendo soldi pubblici come se non ci fosse un domani. Affinché possa esserci.

Ps: come è possibile, per il capriccio di qualcuno, inserire in manovra la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, quando è primario ri-costruire tutto lo sfinito e abusato territorio dello Stivale?

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Un pianeta sempre più in sofferenza per il caldo e la siccità.

Le temperature salgono segnando nuovi record, i ghiacciai arretrano perdendo risorse millenarie, la desertificazione avanza in luoghi insospettati, l’acqua scarseggia rivelandosi il vero oro della Terra.

E noi umani, sfatti e stremati, arriviamo a pregare per la pioggia, quasi dipendesse dagli dèi come credevano i nostri antenati. Forse ancora una volta per sottrarci alla nostra evidente colpa.

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“Dopo la pioggia viene il sereno
brilla in cielo l’arcobaleno.
È come un ponte imbandierato
e il sole ci passa festeggiato.

È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede, questo è male
soltanto dopo il temporale.

Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa si che sarebbe una festa.

Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra.”

Gianni Rodari

Ps: a quarant’anni dalla sua morte (e a cento dalla sua nascita), Gianni Rodari resta attuale e augurale nella sua profondità leggera di spuma.

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Ancora acqua. Dal cielo e dal mare.

Acqua per tutto lo Stivale. Dentro lo Stivale. Che mostra, sfinito, tutte le sue fragilità. Di territorio e di strutture.

Sembriamo quasi alla resa. Pur continuando ad essere, la maggior parte, uomini di buona volontà.

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Inizio novembre di 25 anni fa.

Pioggia persistente che in pochi giorni diventa violenta alluvione. Esondano i fiumi Po e Tanaro e Belbo. Il territorio piemontese, in particolare Alessandria, è ferito a morte. Settanta vittime e più di duemila sfollati.

Cosa ci ha insegnato quel disastro idrogeologico? Apparentemente poco visto il periodico ripetersi di tali calamità dovute in parte all’incuria umana. Seppur la popolazione abbia acquisito maggiore consapevolezza intorno ai rischi ambientali.

Molto resta tuttavia da pensare, a livello politico, sugli investimenti dovuti alla fragilità di un Paese spesso sott’acqua per cause naturali. Ma quasi sempre sotto scacco perché sull’orlo di una crisi di nervi.

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Dipinto di Andre Khon

Ma che colore ha una giornata uggiosa“?

Quello della nostra tavolozza acquosa.

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Sarà il procedere dei cambiamenti climatici, sarà la chiusura definitiva delle mezze stagioni, sarà la liquidità del tempo stesso, ma ottobre non sembra più tale.

Ottobre era il sinonimo di castagne, funghi, ombrelli, stivali, maglioni. E il sole pronto a traslocare il proprio calore sull’altro emisfero.

Invece oggi, a dispetto del calendario, da ogni dove occhieggiano tessuti estivi e pelle scoperta. Con i gelati a farci ancora compagnia.

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Viviamo in un tempo storico in cui ogni evento, umano e naturale, tende agli estremi. Lasciandoci storditi, ma essendone ormai parte in causa.

Gli effetti del surriscaldamento del pianeta sono adesso talmente evidenti non solo più sugli atolli tropicali destinati a sparire o in aree caraibiche devastate dai tifoni. Gli alberi caduti giù come birilli durante un furioso temporale – tornado in una città del mondo cosiddetto “avanzato” come Torino o la temperatura di 43° gradi centigradi a Parigi, capitale europea un tempo nota per il clima continentale, scuotono le coscienze e inquietano gli animi. Ma non spostano di un centimetro le politiche ambientali.

Perché? Forse per provare il brivido dell’azzardo?

O più prosaicamente perché non rende? Eppure offende. E il tempo non attende…

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