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Posts Tagged ‘Pier Paolo Pasolini’

Nasceva 100 anni fa, il 5 marzo 1922, Pier Paolo Pasolini. Poeta, regista, romanziere. “Corsaro” per definizione.

Scriveva PPP il 10 giugno 1973, a proposito di un tempo che si stava chiudendo, somigliante al nostro: “Non è un cambiamento d’epoca che noi viviamo, ma una tragedia. Ciò che ci sconvolge non è la difficoltà di adattarsi a un nuovo tempo, ma un immedicabile dolore simile a quello che dovevano provare le madri vedendo partire i loro figli emigranti  e sapendo che non li avrebbero visti mai più. La realtà lancia su noi uno sguardo di vittoria, intollerabile: il verdetto è che ciò che si è amato ci è tolto per sempre.”

Uno sguardo chiaroveggente quello di Pasolini. E dolente. Come chi ascolta nel profondo l’anima del mondo.

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È notizia di questi giorni. La luminosa danza delle lucciole, di cui già Pasolini lamentava la scomparsa nei suoi “Scritti corsari”, è incredibilmente riapparsa. Con stupore e gioia di tutti.

Sembra che il lockdown abbia fatto il miracolo. Riportando le lucciole a muoversi in modo luminescente per accoppiarsi. Un suggestivo rito d’amore nelle notti d’estate. Magica poesia di grazia e di luce.

Che molto incanta. E alquanto insegna.

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“Quella voce ci affascinò come un sortilegio, un prodigio che non si poteva definire in alcun modo, la si poteva soltanto ascoltare come prigionieri di un incantesimo, di un turbamento mai esplorato prima. Ma non si può rendere appieno la tempesta di emozioni che suscitava in chi l’ascoltava per la prima volta. Perché Maria è un regalo di Dio che non si può definire nel tempo: Maria c’è sempre stata e ci sarà per sempre.”

Franco Zeffirelli, regista, su Maria Callas, scomparsa il 16 settembre 1977.

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pasolini-film

Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero. Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla […] I vizi di questo Paese sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale.” – Da “Scritti corsari” di Pier Paolo Pasolini

Le opere di Pasolini appaiono oggi, nel 2015, descrizioni lucide del presente. Nonostante siano trascorsi quarant’anni dalla sua morte.

Il suo occhio interno, profetico e corsaro, sembrava anticipare, come solo le menti geniali, quanto poi sarebbe avvenuto sotto i nostri occhi meno attenti e più opachi. E forse anche meno coraggiosi.

Ps: in dedica a lui e a chi è Altrove,

Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,
l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

(da “Antologia di Spoon River” di E.L.Masters)

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Edward Hopper "People in the sun" - 1940

Edward Hopper “People in the sun” – 1940

L’uomo medio dei tempi del Leopardi poteva interiorizzare ancora la natura e l’umanità nella loro purezza ideale oggettivamente contenuta in esse; l’uomo medio di oggi può interiorizzare una Seicento o un frigorifero, oppure un week-end a Ostia.”

Pier Paolo Pasolini, da “Scritti corsari”(1975).

Ps: riflessione non così distante, mutatis mutandis, dai recenti pensieri francescani…

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Il tempo, che sembra trascorrere sempre troppo in fretta, in realtà è fermo sugli errori dell’umanità.

Nel 1971 Pier Paolo Pasolini girò nella capitale yemenita il documentario “Le Mura di Sana’a” e lo utilizzò per lanciare un appello all’Unesco al fine di salvare lo Yemen dalla sua distruzione. Appello che nel 1986 fece dichiarare Sana’a patrimonio dell’umanità.

Ma quel cortometraggio porta in sé la forza premonitrice che tanto caratterizzò l’intellettuale friulano. A quasi mezzo secolo di distanza infatti aerei da guerra della coalizione araba hanno bombardato la Città vecchia nell’intervento militare contro i ribelli sciiti Houthi. E così il patrimonio di tutti collassa, si sbriciola, è raso al suolo.

Diceva Pasolini, in un tempo passato e futuribile, che “vista l’impossibilità di far qualcosa per l’Italia, già antropologicamente sconfitta e distrutta dalla speculazione edilizia, non resta che l’utopia della salvezza almeno del terzo mondo“.

Oggi, neppure tanto.

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Era l’ultimo dei grandi editori solitari.

Pubblicò “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini e “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana” di Carlo Emilio Gadda, ma anche Mario Soldati e Paolo Volponi. Ha scoperto Ferdinando Camon e ha pubblicato, nella collana verde di Poesia, autori come Mario Luzi, Giorgio Caproni e Attilio Bertolucci. E le Garzantine occhieggiano da molte delle nostre librerie.

Livio Garzanti ha avuto intuito e amore per il suo lavoro. O meglio, mestiere. Quello dell’editore artigiano. Sempre più lontano.

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Il 26 settembre 1973 ci lasciava un’icona della storia del cinema, Anna Magnani, chiamata affettuosamente Nannarella.

E’ stata la prima attrice italiana ad aver vinto l’Oscar, nel 1956 per il film “La rosa tatuata”, ma era già divenuta famosa nel 1945 per l’interpretazione intensa e commovente nel film manifesto del Neorealismo, “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, film in cui Anna Magnani entra di diritto in una delle sequenze più celebri della storia del cinema: la corsa dietro un camion tedesco, nel quale è rinchiuso il marito, sequenza che si conclude con la drammatica uccisione del suo personaggio, la ‘Sora Pina’, da parte dei mitra nazisti.

Ha lavorato con i mostri sacri del nostro cinema, da Luchino Visconti, con cui interpreta la madre sognatrice ma dignitosa di “Bellissima“, a Pier Paolo Pasolini nel cui film “Mamma Roma” tratteggia, attraverso la figura di una prostituta, l’umanità disagiata che sogna il proprio impossibile riscatto sociale.

Alla sua morte, come disse Eduardo De Filippo, “Tutti i selciati di Roma hanno strillato. Le pietre del mondo li hanno uditi“.

Come quel suo grido disperato in Roma città aperta, che aveva fatto scrivere al poeta Ungaretti: “Ti ho sentito gridare Francesco dietro un camion e non ti ho più dimenticato“.

Così Nannarella resta nel nostro immaginario.

anna magnani

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Un omaggio a Pier Paolo Pasolini.

Meglio, un atto d’amore nei confronti di quel Fondo Pasolini, di cui l’anima è sempre stata l’attrice Laura Betti.

Lavorando su quel dedalo di carte, sotto l’occhio tutelare di una bisbetica Betti, Emanuele Trevi “incontra” quasi realmente il poeta friulano.

Insieme a molti suoi misteri. Come quella P del suo ultimo ed incompiuto romanzo “Petrolio”, del 1992. Un anno che sembra segnare una linea d’ombra per il nostro Paese. Con Tangentopoli crollava un sistema, con le stragi di Falcone e Borsellino crollava la speranza.

Ps: fino agli ultimi voti scrutinati ieri sera al Ninfeo di Villa Giulia a Roma sembrava Emanuele Trevi il vincitore del Premio Strega. Ma una manciata di voti finali ha fatto tagliare il traguardo ad Alessandro Piperno col romanzo “Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi”. Da tempo si dice che questo Premio sia “guidato” dalle case editrici, soprattutto da quelle potenti. Un caso la vittoria di “Mondadori” piuttosto che “Ponte alle Grazie”?

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Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal». Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno.

Pier Paolo Pasolini, da “Saggi sulla letteratura e sull’arte”.

Ps: voglio continuare a pensare che la maggior parte dei goal che vediamo e partecipiamo siano gesti atletici belli e poetici, come diceva Pasolini. E voglio continuare a pensarlo altrimenti vado nel “pallone”.

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