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Posts Tagged ‘parole’

Henry Rousseau, “La guerra” – 1894

Le parole non sono mai vuote. Soprattutto se ripetute. Prendono forma, portando con sé il contenuto che raccontano. Dandogli risonanza, anche “solo” nell’immaginario.

Le parole “terza guerra mondiale” e “nucleare” sono da sempre parole tabù. Perché riguardano il destino di tutti noi, dell’umanità intera.

Averle sentite da più parti negli ultimi giorni rende inquietante non solo la tempesta, ma ogni refolo di vento.

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La città di Torino in questa settimana è assorta in ogni dove nella lettura. Almeno questo è l’intento dell’iniziativa che ruota intorno alla filiera del libro, dalle Biblioteche all’Università, dal Salone del Libro al Circolo dei Lettori.

Allora tutti tra le pagine di un libro, in un cammino che regala comunque paesaggi inediti. Anche su se stessi.

Suggerisco un libello di Marco Balzano, “Le parole sono importanti”, per soffermarci con ritrovato piacere e pensiero sulle parole appunto, che tanto di noi trasportano. Infatti, come ci ricorda lo scrittore, “La ‘parola’ è una ‘parabola’, un suono che fa un percorso da chi lo pronuncia a chi lo ascolta. Non si parla a sé stessi, si parla sempre a qualcuno, anche quando parliamo da soli“.

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Siamo in carenza. Di risorse.

Ma non solo economiche e naturali.

Siamo in carenza di pensieri e visioni. Di parole cercate con cura e saggia misura. Di gesti meno eclatanti e più eleganti. Di buona educazione e di antico equilibrio. Per non perderci definitivamente tra dichiarazioni sensazionali e azioni poco concrete.

Siamo pericolosamente in carenza di risorse umane.

E dalla carenza all’assenza il passo risulta alquanto breve.

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Strana storia quella di “Stoner”, il protagonista dell’omonimo romanzo di John Williams.

Storia semplice ma densa e magnetica. Non succede quasi nulla eppure ti senti da subito necessitato alla sua lettura, trattenuto da un fluire abilissimo di parole.

Un esempio? “A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra.”

E pensare che, pubblicato per la prima volta nel 1965, il romanzo non ebbe riscontro di pubblico. Forse perché troppo avanti. Ristampato nel 2003 si rivela infatti un fenomeno mondiale.

Come ha dichiarato lo scrittore inglese Ian McEwan, la storia di Stoner “è una vita minima da cui John Williams ha tratto un romanzo davvero molto bello. Ed è la più straordinaria scoperta per noi fortunati lettori.”

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good-houskeeping

Lo strano cammino delle parole.

Sentiamo pronunciare “attenzione“, ed immediatamente scattiamo sull’attenti.

E’ difficile del resto che “Acthung” non rievochi tempi spaventosi.

Eppure l’attenzione è anche cura per l’altro, occhio speciale e affettuoso verso qualcuno a cui vogliamo bene.

O che, semplicemente, ha bisogno di noi in quel momento.

Attraverso un gesto di attenzione. Che, se affettuosa, si fa “manutenzione”.

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papa

Appena ho sentito Papa Francesco a proposito del “pugno” mi sono detta: “E l’altra guancia che noi cristiani dovremmo porgere?“.

Poi riflettendoci è stata evidente la reazione istintiva del Papa. Che, pensando ad un’offesa alla propria madre mossa persino da un suo amico, avrebbe reagito con un “pugno”.

E ho ripensato ai miei studenti più piccoli, quelli che tra i 14 e i 15 anni passano il loro tempo ad offendere le madri dei propri compagni, con particolare riferimento al mestiere più antico del mondo, sullo stile dei ragazzini del film “Stand by me“. Volendosi comunque bene. Pur dandosele, sometimes, di santa ragione.

E così mi rendo conto che in questa espressione, “santa ragione”, torniamo ai discorsi di questi giorni e di questi tempi, in cui certe “ragioni” rischiano di essere “santificate”.

Penso davvero che il Papa abbia detto la frase del “pugno” senza pensarci. Ma forse, specie se portatori di ruoli tanto alti, l’uscita delle parole dovrebbe avere un tempo un po’ più riflettuto. Oppure, dopo l’uscita istintuale, spiegarne il senso. Perché questo è il tempo delle strumentalizzazioni. Soprattutto in campo religioso. E la curia romana, che Papa Francesco sta cercando di assottigliare, aspetta nell’ombra passi falsi. O meglio, quelli istintivi. Che la curialità non conosce.

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Voglio dimenticare tutte le parole politiche e demagogiche sulla scuola. Almeno per oggi, prima campanella dell’anno.

Voglio invece portare con me, nelle mie classi, quella gioiosa curiosità che aveva caratterizzato il mio primo incontro, a sei anni, con la scuola. E con quelle lettere che già allora mi affascinavano, pur non essendo ancora consapevole del valore di cui fossero portatrici. Dipendentemente però dal loro comporsi, diventando parole. Forma e contenuto in cammino. Con la possibilità di conoscere così mondi nuovi. Sguardo sul mondo, mano al pensiero.

Buon anno scolastico!

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La forza dirompente delle parole…

La scorsa settimana, guidando in città, mi imbatto per caso in una scritta, Hotel “Lo squalo”. Rallento pensando che il caldo e la stagione mi traggano in inganno, trasportandomi sul set acquatico di Steven Spielberg. In realtà trattasi di autentico Hotel a tre stelle.

Ora le domande sorgono, almeno a me, spontanee.

Perché un tale nome, così aggressivo, per un luogo che, almeno sulla carta, all’ospitalità rimanda?

Perché il richiamo marino in una città ai piedi delle Alpi?

E allora mi si affaccia una sola, inquietante, possibilità di soluzione ai miei dubbi estivi e irrilevanti.

Che il proprietario voglia essere onesto da subito. Al primo impatto. O meglio, al primo assalto.

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parole

Tanto si è aspettato per una nuova legge elettorale. Con buona pace del “maialino” mandato infine al macello.

Ora che tale legge sembra entrare in sala parto, al di là di quanto qualunque cosa sia sempre perfettibile da un punto di vista tecnico, perché non battezzare con più cura e attenzione la futura neonata?

Perché proprio un nome, Italicum, tanto sinistro e doloroso, che richiama immediatamente alla mente una delle pagine oscure della nostra Repubblica, tra l’altro nell’anno in cui cade il quarantennale di quella terroristica strage?

Perché sempre più non diamo importanza alle parole? Queste portano con sé richiami, storia, immagini, riferimenti.

Porcellum docet.

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Apriamo le finestre!

Per prendere finalmente aria.

Per liberarci di certe ossessioni.

Per far uscire le parole vuote.

Per far entrare luce pulita.

Per rigenerarci.

Sconnessi da tutto.

In sintonia col tutto.

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