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Posts Tagged ‘Palermo’

Fratel Biagio

Due giorni fa, il 16 gennaio 2023, è stato catturato a Palermo il “capo dei capi” Matteo Messina Denaro, latitante da trent’anni. Data storica per l’Italia, da dedicare alla memoria di chi ha lottato contro la mafia sacrificando anche la propria vita.

Eppure Palermo è molto di più. Nello stesso giorno della cattura del boss mafioso Messina Denaro, la città piangeva Fratel Biagio, un missionario laico che ha dedicato la sua intera esistenza ai poveri, fondando la “Missione di Speranza e Carità” di Palermo. Migliaia di palermitani gli hanno reso l’ultimo saluto.

Forse gli stessi che hanno ringraziato i Carabinieri del Ros per il lavoro svolto con dedizione e tenacia giungendo ad un così alto risultato, quale l’arresto di chi ha ordito nell’ombra sanguinarie trame contro lo Stato.

Ecco perché ho scelto il volto luminoso di Fratel Biagio e quello oscurato dei Carabinieri del Ros per raccontare la Palermo di questi giorni. Calando invece un velo su chi è stato il mandante di tanto dolore.

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Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fu inviato a Palermo come prefetto nel 1982 a fine aprile per fronteggiare la terribile offensiva di mafia di quei mesi, dall’omicidio del maresciallo dei Carabinieri Alfredo Agosta a quello del politico Pio La Torre. Cento giorni di speranza per i palermitani e di solitudine per lui. Fino all’omicidio di Via Carini del 3 settembre 1982, in cui perse la vita insieme a sua moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo.

A quarant’ anni da quel sanguinoso epilogo resta intatto, nonostante tutto, l’esempio del suo alto senso morale: Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi; non possiamo oltre delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti”.

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La Fiducia è un sentimento di sicurezza per qualcuno, tale da porsi “nelle sue mani”. È quanto fa Fiammetta, la figlia di Paolo Borsellino nella foto. Che è poi quanto si fa coi propri genitori se si è stati bambini fortunati.

Poi c’è la Fiducia nelle istituzioni, per cui alcuni uomini la rappresentano, credendo nelle istituzioni stesse, giungendo persino a sacrificare la propria vita.

Un audio inedito del giudice è stato da poco ritrovato negli archivi dell’Istituto siciliano di studi politici ed economici, una registrazione di un suo discorso tenuto a Palermo in municipio nel gennaio 1989. Una lucida analisi della Sicilia di quegli anni, di poco precedenti a quella terribile ecatombe, umana e civile, che furono la strage di Capaci e quella di via D’Amelio.

E Paolo Borsellino in tale audio insiste sulla parola “fiducia” legata allo Stato: “Fiducia nello Stato significa anche fiducia in un’efficiente amministrazione della giustizia sia penale, sia soprattutto civile”. In modo da evitare che, continuava, “si perpetui e consolidi il ricorso a un sistema alternativo criminale di risoluzione delle controversie”.

E diventano parole guida ancora per l’oggi, per quel sistema giustizia che arranca, minando la fiducia, appunto, del cittadino nello Stato.

Ecco perché a quel 19 luglio 1992 va sempre tributato un ricordo, umano e civile. Perché in quella via di Palermo trovarono un’orrenda fine un giudice e cinque agenti che rappresentavano la Fiducia nello Stato, credendoci profondamente.

Ps: oggi ricorre anche il ventennale del G8 di Genova, che rievoca altre pagine tragiche e oscure del nostro Paese, con i violenti scontri di piazza e la morte di Carlo Giuliani, nonché gli abusi (quando non torture) della polizia alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. A proposito di quella Fiducia…

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Ogni anno il 23 maggio per me è quell’anno. 1992, annus horribilis.

Salone del Libro, ancora fiera giovane e leggera. Io a zonzo tra i miei oggetti più amati. No Internet, no social, no cellulari. Tutto si diffondeva lentamente, le notizie le apprendevi con il telegiornale della sera.

Ma di quella ecatombe bestiale, strage di Capaci la chiamarono, l’eco sopraggiunse anche nel tempio che fa l’uomo meno bestia. E il mondo tutto, cartaceo e umano, si fermò. Sotto una cappa di incredulità e dolore ripresero, dopo qualche secondo, respiri e battiti di tutti. Senza più quelli dei caduti di Capaci. Senza più quelli nostri ancora intoccati dalla potenza devastante del male.

Davvero soltanto banale?

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don puglisi

A volte certi eventi sembrano succedere in una concatenazione di eventi non troppo casuale.

Infatti abbiamo appena dato l’addio a Don Gallo, che sulla strada operava, e ricordato ieri le stragi di mafia, quando oggi sembra incastonarsi il ventesimo anniversario dell’uccisione di Don Pino Puglisi da parte della mafia per il suo costante impegno evangelico e sociale.

Don Puglisi si spendeva infatti per togliere dalla strada, e quindi dalla mafia, bambini e ragazzi del quartiere Brancaccio di Palermo. Per la mafia significava veder diminuire la nuova manovalanza. Da qui la sua condanna a morte, una vera esecuzione mafiosa davanti al portone di casa nel giorno del suo 56° compleanno. Mandanti i fratelli Graviano, capi-mafia della famiglia del boss Bagarella.

Oggi la sua beatificazione per martirio. Il cardinale Paolo Romeo, primate di Sicilia, ha ricordato che Don Puglisi è stato ucciso “perché era un prete che formava le coscienze, costruiva la comunità parrocchiale e aiutava le persone a uscire dai meccanismi che le rendono schiave. Questo evidentemente dava fastidio. La sua beatificazione ci aiuterà a prendere coscienza del vero cambiamento da attuare. La gente pensa infatti che devono cambiare gli altri. E invece don Puglisi ci dice che ognuno di noi ha qualcosa da cambiare nel proprio cuore, nel proprio pensare, nel proprio agire“.

Perché, come amava ripetere questo prete in prima linea,”Venti, sessanta, cento anni…la vita. A che serve se sbagliamo direzione?“.

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giornata legalità

Il 23 maggio è ormai una data simbolo nel segno della memoria storica del nostro Paese.  Per ricordare i tragici eventi del maggio-luglio 1992 che costarono la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, alla moglie di Falcone Francesca Morvillo, e agli  agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina.

Il 23 maggio è una data per ribadire il “No alla mafia”, in particolare da parte degli studenti che ancora una volta, imbarcati da Napoli e Civitavecchia sulle due “Navi della Legalità”, sbarcheranno a Palermo per raggiungere diversi luoghi simbolo della città, tra cui l’Aula Bunker del carcere Ucciardone, via D’Amelio, via Notarbartolo in cui si erge l’Albero Falcone.

Un impegno ad intraprendere nuove rotte. In nome della legalità.

Nave-legalit

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Palermo, 3 settembre 1982, ore 21.15: vengono uccisi a colpi di Kalashnikov il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.

Sono trascorsi 30 anni da quei “cento giorni a Palermo” del prefetto Dalla Chiesa, giorni cominciati con l’uccisione di Pio La Torre il 30 aprile e conclusi il 3 settembre con l’omicidio di via Carini. Giorni di sfida alla mafia, di lavoro coraggioso e onesto, ma anche di impotenza, frustrazione e solitudine. Nella sua ultima intervista il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa disse a Giorgio Bocca: “Un uomo viene colpito quando viene lasciato solo”.

Ancora, già allora. Uomini dello Stato lasciati soli. Dieci anni più tardi morivano, nuovamente isolati, i giudici Falcone e Borsellino.

Trent’anni dopo si parla di trattativa Stato-Mafia. Ma appare una discussione imperfetta.

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