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Posts Tagged ‘paesaggio’

La devastante alluvione di Germania-Belgio-Olanda racconta di un paesaggio scardinato. Uscito cioè dai cardini precedenti. Non di natura, bensì quelli decisi dall’Uomo. Per cui il corso di un fiume è stato deviato e reso ruscello per dare spazio ad una miniera a cielo aperto. E le dighe imperversano sulle mappe come le armate a Risiko, senza tener conto che ora l’acqua giunge improvvisa e torrenziale per il riscaldamento globale.

Bilancio? Il paesaggio geografico si riprende con furia i suoi antichi spazi, e il paesaggio umano conta purtroppo e ancora una volta le sue vittime.

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Irpinia, ore 19.34 del 23 novembre 1980. La terra comincia a tremare per novanta infiniti secondi ad una magnitudo di 6,9 della scala Richter.

Fu l’Apocalisse. Tremila morti, novemila feriti, trecentomila sfollati. Paesi isolati per giorni, case inghiottite dalla terra, viadotti sbriciolati, frane ovunque. Soccorsi in ritardo, aiuti disorganizzati, ricostruzione lentissima. E il paesaggio, umano e geografico, sfregiato per sempre.

Una lezione dolorosa che obbligò il Paese, da allora, ad inventarsi la macchina della Protezione Civile. Che tante volte è stata messa in moto per i movimenti tellurici del nostro territorio. Come se avessimo compreso il modo, rapido ed efficiente, in cui muoversi dopo un evento catastrofico per portare soccorso. Senza mai imparare però a prenderci cura del territorio prima, con visione prospettica e azione concreta.

Vizio antico, purtroppo, del nostro Bel Paese.

 

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La natura ottobrina si fa cangiante tavolozza: le foglie dal verde virano al giallo, passando per l’arancione e il rosso, fino a giungere al marrone, al prugna, al viola.

Sublimi cromatismi d’Autore.

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Vincent van Gogh "Primi passi" - 1889

Vincent van Gogh “Primi passi” – 1889

La maturità 2016 è cominciata. Prima prova, italiano.

Alcune tracce come da previsione, in particolare Umberto Eco e il voto alle donne in Italia. Di questa traccia è da brivido, alla luce dell’attuale astensionismo, la citazione dell’autrice di “Artemisia”, Anna Banti: “Quel 2 giugno nella cabina di votazione avevo il cuore in gola.”

La traccia su un testo di Eco intorno alla funzione della letteratura, più fruibile in un saggio che non in un’analisi testuale, risulta invece aprire ad un tema metaletterario, più per addetti ai lavori che per studenti liceali. E pensare che il Maestro aveva chiesto di non essere celebrato per i successivi dieci anni dalla morte. Detto, fatto. Ma nel testo del semiologo un passaggio è da sottolineare, quello della letteratura quale “bene immateriale“, che “tiene anzitutto in esercizio la lingua come patrimonio collettivo“. L’immaterialità della cultura quale bene da salvaguardare.

Che torna da fil rouge, o meglio verde (quel colore indicato ieri dal Ministro, come aiuto per gli studenti), nella traccia sul valore del paesaggio, intriso di storia/uomini/arte, e in quella sul famoso discorso del 1968 di Robert Kennedy intorno al PIL immateriale, che “non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari o l’intelligenza del nostro dibattere.”

Ci riconosciamo ancora oggi nelle parole kennediane e nella loro forza visionaria che ha spinto l’uomo anche nello spazio. A quella sua avventura è dedicata la traccia del tema scientifico, avventura che ha avuto nel viaggio di Samantha Cristoforetti il momento di massima popolarità e che, attraverso la sperimentazione e l’esplorazione, ci fa varcare confini in spostamento continuo.

Già, i confini, la mia traccia preferita. Perché “confine” è segno fisico e mentale, limen di apertura e chiusura. Passaggio, soglia, voglia di capire. Il confine necessario a se stessi per non disperdersi e per non invadere l’altro, ma anche per riconoscersi nell’altro. Incontro tra mondi diversi, per arricchirsi e crescere. Col dettato di Machado, “Cammino apre cammino“, a farci da bussola. Superando barriere, muri, limiti. Costruendo ponti. Tra luoghi, persone, culture. Sfidando di continuo i propri interni confini.

Che è poi quanto siamo costretti a fare per uscire dall’ambiente conosciuto, primario, familiare. Per poterci da esso benignamente affrancare. Come in quel quadro di Van Gogh, “Primi passi”, in cui il bambino mette alla prova se stesso abbandonando le braccia fidate della madre per giungere infine a quelle del padre. Ma per farlo deve superare il suo confine, il suo timore e avventurarsi nell’orto sconosciuto, muovendo i primi passi da solo.

Nel rapporto col padre si giocherà poi, come fa intuire la traccia artistica dei temi, il cammino adulto. Divenendo figli a volte prodighi, come nel dipinto di Giorgio de Chirico, altri sottomessi come in Kafka e Tozzi, altri ancora risolti come in Saba. Che riconosce infine il proprio tratto di gaiezza nel padre. Ma solo da adulto e dopo un percorso psicoanalitico che lo rende non più figlio-Edipo né figlio-Narciso, bensì, come ha raccontato lo psicoanalista Massimo Recalcati, un figlio Telemaco che sa aspettare e guardare nella giusta direzione. Pur continuando sometimes a guardare, almeno una parte di noi, in direzione ostinata e contraria.

Ps: La poesia è stata la grande assente dalle tracce di quest’anno. Forse perché considerata traccia antica. Seppur polvere di qualsiasi traccia lasciata dall’uomo.

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Sono scomparsi i bei colori verdi e rosei della terra. Le montagne, i campi, i piani sembrano lontani e velati. Solo i torrenti si riempiono di suoni e il loro grido giunge alle case del paese. Il sole ha uno splendore freddo e il cielo sembra allontanarsi e diventare altissimo. Tutte le mattine la terra si desta come da un sonno faticoso. I movimenti degli uomini sembrano incerti, come quelli di chi pensa al suo avvenire.

Corrado Alvaro, da “Paesaggio di novembre”.

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Ma perché il nostro Paese sembra il Punjab ad ogni evento di pioggia?

Forse perché da tempo non sappiamo più cosa sia la pulizia dell’alveo dei fiumi?

Forse perché continuiamo a costruire sugli argini dei corsi d’acqua, dimenticandoci che la Natura riprende sempre quanto le viene sottratto?

Forse perché l’ultimo degli interessi dei nostri governanti è pensare ad un serio piano idrogeologico?

E mentre i perché di ciascuno si sgranano come un rosario, ancora una volta contiamo le vittime. Quasi accettando passivamente di dover perdere di necessità una parte del nostro paesaggio umano.

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