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Posts Tagged ‘occhiate’

Immagine tratta dalla copertina del libro “La cronologia dell’acqua” di Lidia Yuknavitch

In questi giorni di pausa mi è accaduto di cadere in un acquario.

Come “Alice nel paese delle meraviglie” sono sprofondata tra azzurro silenzio e luci soffuse nell’acqua salsa.

E poi, improvviso, l’incantamento: acciughe e occhiate a circondarmi in una danza vorticosa e voluttuosa, tale da farmi sentire, per qualche manciata di secondi, parte del Tutto.

Con i pesci a trasformarsi in Cappellai Matti e Bianconigli intenti a sottrarmi dal tempo umano a nastro per immettermi in quello epifanico a bolla.

Riuscendoci pienamente. Per qualche magica manciata di secondi.

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Nei giorni (che poi erano notti) più cupi e chiusi e stretti del lockdown, tra le immagini a cui riandavo per bere spazio e libertà e benessere c’era il mio acquario.

La boccia in cui sono solita immergermi nei giorni torridi del calendario, nel mare piccolo delle mie estati belle, quelle in cui il passo adolescenziale appena intravedeva sullo sfondo, sfocato, lo scollinamento adulto.

Aver ritrovato tutto in ordine, pesci e fondo e trasparenza, quell’acquario senza pareti, è stata gioia pura. Come l’abbraccio infine sciolto con l’amico di sempre. Senza alcuna restrizione né timore né remora. Solo gioia. Con le occhiate, grandi e piccole, a circondarmi a frotte. Equoreo benvenuto.

Ps: e poi la sorpresa. Ho seguito, nel mondo di sotto, un improvviso bagliore argenteo, ritrovandomi in un banco di grossi pesci, che pinneggiavano con forza seguendo una precisa direzione. Accogliendomi come parte del gruppo. Fintanto almeno che le branchie mie lo hanno permesso.

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Oggi ho goduto di un mare di “occhiate”.

Eleganti, ipnotiche, incantatrici. Argentee sirene del mare.

Forse per quel moltiplicarsi quasi infinito dei loro occhi sulla coda. Che rapiscono lo sguardo di chi le incontra, ammaliandolo.

E lasciandolo preda di un amplificato stordimento visivo.

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Oggi mi è capitato in sorte, nello specchio salato di immersione, un branco multiplo di felici occhiate.

Mi garbano assai le occhiate. Per il loro “occhio” nero in coda che le rende facilmente identificabili. E poi, ça va sans dire, per il loro nome, che mi permette di fantasticare sulla possibilità moltiplicata del vedere essendo visti.

Ecco perché posso affermare di essere stata sedotta, ma non abbandonata, dalle occhiate. Mie predilette dell’estate.

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Incontrandole spesso sott’acqua le considero un po’ mie. Le occhiate, pesci con una specie di “terzo occhio” sulla coda.

Viaggiando a tratti con loro, per quanto mi è permesso dalla mancanza di branchie, ricevo “occhiate” mentre le guardo. In un gioco di rimandi in cui l’acqua si fa specchio.

Ecco perché le occhiate sono mie. Le mie occhiate silenziose sul fondo. Del mondo.

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