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Posts Tagged ‘neve’

Un tempo c’era l’inverno.

Era scuro, freddo, silenzioso, nevoso.

Adesso, eccetto per le ore prescritte di buio, sembra una stagione nuova, nel senso di aliena. Con acqua, improvvisa e tanta, bufere estemporanee di vento, temperature di un perenne autunno, e la neve ormai solo più sognata dalla terra e dall’uomo.

Con le volpi residuali a chiedersi se hanno smarrito la strada.

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Quando si ha voglia di neve senza coinvolgere cielo e terra ma solo pensiero, nulla di meglio di una “boule de neige”.

E il mondo piccolo della palla di vetro, con una semplice scossa, si fa immenso e bianco e incantato.

Regalandoci, senza addormentarci, la sensazione del sogno. E del possibile.

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Il film non l’ho visto. Non ancora.

Ma ciò che mi ha incantato è stata la locandina. Minimale, poetica e bellissima.

Il trailer poi mi sembra un invito ghiotto ad un’immersione in una particolare bolla di sguardi condensati sul mondo. In un silenzio terso di cui sentiamo, da troppo tempo, la mancanza.

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L’inverno procede, come di natura, nel suo pattinare.

Con fredda eleganza, quasi mai discreto.

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In tempi di riscaldamento globale l’esito nevoso è ormai talmente raro da risultare quasi anomalo quando infine si concretizza.

Così anche pochi e radi fiocchi di neve ci appaiono evento magico, segno divino, speciale manna in caduta libera dal cielo.

A far respirare città, uomini, anime.

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Beffarda coincidenza che proprio nella settimana della Memoria quelle categorie usate da Primo Levi per dire della linea sottile tra vita e morte, “i sommersi e i salvati”, si affaccino alla mente per le vittime e i sopravvissuti della slavina sull’Hotel Rigopiano in Abruzzo.

È in tali occasioni che si fa più evidente, con prepotenza, che quella linea sta lì sempre, per tutti.

Linea che però noi umani, per colpa o noncuranza, spesso alziamo. E non poco.

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Perché la Natura chiede periodicamente un alto tributo umano?

Deve essere davvero fuori misura l’oltraggio che noi commettiamo.

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Claude Monet - "La Pie" (1869)

Claude Monet – “La Pie” (1869)

Il mio Monet preferito è quello d’acqua dolce, pozza verde-blu di ninfee e calma interiore. Il Claude Monet del suo jardin a Giverny. Con le persone fuori dalla tela.

Perciò alla mostra torinese (peraltro tutta francese visti i prestiti del Musée d’Orsay) ho dovuto “accontentarmi” del Monet acqua salata, quello del mare/vele/riflessi ad Argenteuil. Quel Monet che, con pennellate all’apparenza scomposte, ti fa respirare e vibrare il suo “en plein air“.

Ma è un quadro senz’acqua, o meglio non in forma liquida, a lasciarmi sempre senza fiato. “La pie“, la gazza sulla neve che dalla staccionata sembra attendere lo spettatore, per poi guardarlo allontanarsi mentre lascia le sue impronte nel bianco.

Questo capolavoro presente alla mostra, con la sua gamma sfumata di rosa e azzurri a raccontare la luce della neve, invita chi osserva ad entrare in quel paesaggio di silenzio. E per una frazione di tempo eterno, mentre osservi diventi parte del dipinto. Con un effetto di magico incantamento.

Ps: Nota dolente della mostra la confusione e gli spazi ristretti per opere che necessitano “aria”, “plein air“. E’ lo stesso artista a dichiarare: “Gli altri pittori dipingono un ponte, una casa, un battello. Io voglio dipingere l’aria, la bellezza dell’aria in cui si trovano il ponte, la casa, il battello.

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buacneve

Bucano la neve.

Aprendo una falla nell’inverno.

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John Churchman - "Lamp post in the evening snow".

John Churchman – “Lamp post in the evening snow”.

E’ arrivata la neve.

E a parlare è il silenzio.

Sottovoce, of course.

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