2 agosto 1980, stazione di Bologna. Era una mattina di partenze, era tempo di vacanze. Era estate.
Ore 10,25. Fu l’impensabile che accadeva, fu la vita che si disfaceva. Fu inverno.
Rivedo me stessa ragazzina con il suo papà al baretto della spiaggia sentire alla radio la spaventosa notizia prendere atrocemente forma: 85 morti, oltre 200 feriti. Una nazione in lutto.
E ricordo che la vacanza, appena cominciata, perse i suoi colori soliti e stabili. Come se anche per me, seppur piccola, quell’orologio fermo all’ora della strage indicasse la fine dei giochi. Di un tempo buono, uguale a se stesso, fintamente eterno.