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Posts Tagged ‘naufragio’

L’attenzione è sempre selettiva, quindi spesso migrante.

Annegare a centro metri dalla riva sembra poco fatale. Ci sarà da comprendere. Nel frattempo riflettiamo e preghiamo. A testa bassa (con un po’ di vergogna).

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“Il naufragio” di Moses Levy (Tunisi, 1885 – Viareggio, 1968)

Di solito si spiaggia, come una balena, arrivando dal mare. E per la creatura marina non è buona cosa, essendo l’onda che ha dietro sè il proprio elemento naturale.

C’è poi un altro spiaggiare. L’arrivo umano da terra verso l’ultima lingua di suolo antistante l’elemento acqueo salino. Lasciandosi alle proprie spalle, per una manciata di giorni, le onde quotidiane e straordinarie delle private e pubbliche tempeste di terra.

Si tratta del buon naufragio.

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La resistenza alle avversità, rimbalzando indietro. Questa la resilienza.

Un tronco d’albero che, naufragato, torna sulla terra da cui era partito.

Tutti noi, dopo e per molti versi ancora durante Covid19, ci siamo scoperti resilienti? O semplicemente relitti di quanto eravamo?

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Vignetta di Makkox

Ancora migranti morti nel “Mare nostrum”. Che di “nostro” ha solo più l’indifferenza.

Il Mediterraneo degli anni duemila rischia così di essere tramandato solo quale mare di morti. Con tesori perduti sui suoi fondali, come ha tratteggiato di recente il disegnatore Makkox.

Lo spunto è arrivato dal libro “Naufraghi senza volto” di Cristina Cattaneo, medico legale che ha raccontato di quei “tesori” trovati addosso ai corpi dei migranti annegati: una pagella scolastica, un sacchetto di terra patria, una tessera di biblioteca.

Perle rare, sprofondate in mare.

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Il segno, seppur liquido, che attendiamo: “La parola che squadri da ogni lato”.

Per farci riprender fiato.

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Il 10 luglio 1967, dieci lustri fa, nasceva Corto Maltese, l’elegante marinaio di Hugo Pratt.

Il mitico Corto non poteva che vedere la luce in mare. La sua prima avventura fu infatti “Una ballata del mare salato”, che lo vide entrare in scena al largo delle Isole Salomone su una zattera, in seguito ad un naufragio per ammutinamento.

Uomo mediterraneo ma anche anglosassone, quindi maltese. Solitario, piratesco, misterioso. Sorriso di chi è risolto con se stesso, sguardo di chi vede oltre se stesso. Fascino naturale frammisto a sottili malinconie. All’apparenza cinico ed egocentrico, in realtà leale e attento all’altrui passo. Uno degli ultimi romantici, gesti eroici e ideali antichi.

Forse per questo continua ad esercitare il suo potere attrattivo. Oltre il tempo. Come chi entra nel nostro immaginario. Per farci stabilmente affettuosa compagnia.

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Che il referendum pro muro anti-migranti dell’Ungheria di Orban non abbia raggiunto il quorum è un segnale forte con cui rendere omaggio a tutte le vittime migranti del Mediterraneo.

Ora è tempo di azioni concrete per far cessare il “Fuocoammare”.

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rifugiati papa 6

Papa Francesco, al ritorno dal suo viaggio/conforto all’isola di Lesbo, ha condotto con sé alcuni migranti. Come li ha scelti? Già, in quale modo è avvenuta la sua “scelta”?

Perché, purtroppo, è dell’umano, anche se Altissimo, essere costretto a scegliere. Quale criterio adottare? Ulteriore snodo che si scioglie, anche per il Papa, solo col sorteggio. Metodo democratico, certo, ma riconducile pur sempre al gioco, alla sorte. Quindi la “scelta” papale è avvenuta attraverso il caso.

E se invece fosse Dio a giocare a dadi, in posta i Suoi umani?

Che però si domandano, ci domandiamo, “Perché?“.

Ps: nel frattempo, purtroppo e ancora, un altro naufragio di più di 400 migranti in questo “mare nostrum” ormai straziato.

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Opera di Andrea Crostelli

Opera di Andrea Crostelli

«Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell’isola
e del mondo col tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale,
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.

Mare nostro che non sei nei cieli,
all’alba sei colore del frumento
al tramonto dell’uva e di vendemmia.
ti abbiamo seminato di annegati più di
qualunque età delle tempeste.

Mare Nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le visite,
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, abbraccio, bacio in fronte,
madre, padre prima di partire»

Erri De Luca, Piazzapulita 20 aprile 2015

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migranti

Perché ci stiamo abituando al peggio, al tragico, al morituro?

Migranti che muoiono di freddo vicino alle nostre coste. Che sono calde, ma più spesso lontane.

Paesi che dondolano, con il loro carico umano, sul bordo di una guerra. In stato permanente.

Bambini che vengono uccisi per ideali lontani dalle idee. Facendo così evaporare ogni valore.

Eppure rischiamo di abituarci a tanta distorsione quale rumore di fondo.

Diventando noi stessi profughi. O meglio transfughi, autentici disertori della nostra umanità.

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