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Posts Tagged ‘natura’

Michele De Flaviis, “La nebbia” – 2014

Incredibile come tutto si trasformi nelle mani di un artista. Rivelando bellezze nascoste.

Persino nella nebbia.

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Complice l’estate di San Martino, puntuale nonostante la fiumana che l’ha preceduta, la natura si sta lentamente spogliando dei suoi vestiti. Regalandoci cangianti tappeti fogliati dalle tonalità fiammanti. Con il cremisi e l’ocra che giocano a prendersi e a sorprenderci.

A palcoscenico aperto. In un prolungato e superbo canto del cigno.

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“Margherite affacciate sul mondo” – Photo by Ester Maero

La nascita porta inscritto in sé, quasi per definizione, l’evento miracoloso.

Ma la rinascita? Il ciclo vitale che ricomincia? Atto di pura fede che si compie davanti all’occhio umano.

Ecco perché la primavera è, per definizione piena, la vita che si rinnova.

Gemme, fiori, foglie novelle. E su tutto un verde tenero, bambino. Che compie i primi passi. Incerti ma fondamentali.

Ps: questo blog compie oggi sette anni. L’età delle prime corse riflessive…

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Un messaggio di speranza, quello dell’ultima fatica musicale dei Negramaro. In cui la bellezza torna, infine, a visitarci. Stropicciata, ma vivida.

Portandoci  “i vecchi tempi / con le loro camicie fiammanti” e le “storie da cortile / che facevano annoiare / ma che adesso sono aria / buona pure da mangiare”. E con la natura a darci indicazioni su “come volare / per raggiungere orizzonti / più lontani al di là del mare”.

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La notizia che la marcia dei pinguini sia stata quest’anno una strage di cuccioli, con ovvie conseguenze sul futuro della specie, mi ha fatto pensare alla nave di bambini migranti, molti dei quali sbarcati soli. Dopo un viaggio lungo e rischioso. Come quello dei piccoli pinguini.

Da una parte una natura aspra, complice l’uomo. Dall’altra un mondo sottosopra, ancora complice l’uomo.

Con gli ultimi nati ad arrancare a fatica nella corsa alla sopravvivenza. Siano essi pinguini o bambini.

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“Versicoli quasi ecologici” di Giorgio Caproni

Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra.

(1972, dalla raccolta Res Amissa)

Lo rivedo ancora, ora come allora, il “mio” Giorgio Caproni. A consegnarmi, con grazia lieve, il Premio Montale per la tesi di laurea. Uno dei miei poeti guida. Sottile e all’apparenza fragile. In realtà delicato, ma di tempra forte, livornese. Sguardo nostalgico, in parte languido. Gli occhi si soffermavano spesso su qualcosa di lontano. Temporalmente lontano. In avanti. Quell’antivedere del poeta, che guarda quel che poi noi vedremo.

Così nella raccolta “Res amissa”, in cui “la perduta cosa” è quella che sfugge. Perché impossibile a dirsi, perché impossibile a trattenersi. A volte col nostro, di noi umani, concorso di colpa.

Ecco allora l’imperativo dei suoi ecologici “versicoli” a non uccidere le molteplici forme di natura, a non soffocare le plurime voci di vita. Perché anche di questo siamo fatti noi umani. Erba, acqua, libellula, aria verde. Da non oltraggiare. Semplicemente, senza profitti, da amare.

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Jaime Rojo, "The Monarchs in the Snow" - 2017

Jaime Rojo, “The Monarchs in the Snow” – 2017

Sembra un quadro. Invece è una foto. Tra quelle vincitrici del World Press Photo 2017 sezione natura. Autore Jaime Rojo. Titolo “The Monarchs in the Snow”.

Sono farfalle Monarca addormentate, ibernate dicono gli esperti, sulla neve. Caduta abbondante e inaspettata in Messico. Dove non dovrebbe. Ma dove l’uomo, con i suoi comportamenti ha fatto in modo che accadesse. Variando, o meglio storcendo, il corso naturale degli eventi.

Ma la Natura batte l’uomo 1 a 0 sempre. É diventata “resiliente”, adattandosi alle difficoltà. Così questo tappeto di butterflies attende diligentemente che il bianco sottostante le loro ali si smaterializzi. Per tornare poi a dare forma volante al proprio essere. E ai nostri sogni.

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Perché la Natura chiede periodicamente un alto tributo umano?

Deve essere davvero fuori misura l’oltraggio che noi commettiamo.

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Crolli di abitazioni, chiese e palazzi storici nel terremoto del maceratese. Ha rischiato anche il manoscritto de “L’infinito” di Giacomo Leopardi.

E di fronte a tal sommovimento della Natura sono proprio i versi leopardiani a dirci della nostra umana impotenza:

“Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio.”

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La natura ottobrina si fa cangiante tavolozza: le foglie dal verde virano al giallo, passando per l’arancione e il rosso, fino a giungere al marrone, al prugna, al viola.

Sublimi cromatismi d’Autore.

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