“A vent’anni dalla precoce perdita di Lucio Battisti, figura indimenticabile della musica leggera italiana del secondo novecento, desidero ricordarne lo spessore artistico, la fervida creatività e le intuizioni geniali che hanno dato vita a opere intramontabili.”
Le parole usate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a ricordo di Lucio Battisti sottolineano l’eredità artistica senza tempo del cantore di “Acqua azzurra, acqua chiara”.
Che ha dato vita, insieme al grande paroliere Mogol, a dipinti di note, con racconti di storie semplici ma impresse a fuoco nella memoria di ciascuno. A tal punto che, appena parte l’attacco delle sue canzoni, le parole fluiscono immediatamente, tra ricordi ed emozioni. In un canto libero. In cui alcuni versi sono diventati modi di dire, soprattutto quando la voce ci manca: “Che ne sai tu di un campo di grano?”, “Tu chiamale se vuoi, emozioni”, “Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?” , “Lo scopriremo solo vivendo.”
Del resto, di fronte a quella poesia in musica che è “I giardini di marzo”, i vent’anni senza Lucio Battisti vengono surclassati dal suo esserci. Come ricordò lo stesso musicista nella sua ultima intervista, datata 1979, “L’artista non esiste. Esiste la sua arte.” Che parla per lui. Per sempre.