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Posts Tagged ‘mascherine’

Proviamo a stare, giusto il tempo di questo post, nel mood “dolcetto o scherzetto” tra zucche e pipistrelli, ripensando agli “scherzetti” degli ultimi giorni, che spereremmo davvero tali. E invece…

Number 1: Il Presidente del Senato La Russa, seconda carica dello Stato, in una recente intervista a “La Stampa” alla domanda se celebrerà il “25 aprile”, Festa per tutti gli italiani di liberazione dal nazifascismo, ha risposto: “Dipende. Certo non sfilerò nei cortei per come si svolgono oggi. Perché lì non si celebra una festa della libertà e della democrazia ma qualcosa di completamente diverso, appannaggio di una certa sinistra.” Sembra uno scherzetto, e invece…

Number 2: Nostalgici del Ventennio in camicia nera, anche bambini, a Predappio per commemorare il centenario della “Marcia su Roma”. Con tanto di saluto romano (e l’apologia di fascismo?). Sembra uno scherzetto, e invece…

Number 3: Nel primo decreto del nuovo governo stop mascherine negli ospedali, il luogo dei fragili per antonomasia. Poi anche no. E invece sì al reintegro di medici e operatori sanitari no vax, come se nulla fosse stato (aria di condono?). Il che suona, rispetto a quanto fatto da tutti, più come una beffa che come uno scherzetto…

Ps: Consegno dolcetti, basta scherzetti…

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Il nostro Bel Paese da oggi si smaschera all’aperto, mentre la variante Delta corre e la campagna vaccinale, seconde dosi, tenta di starle appresso. Ma tale e smaniosa era la richiesta (forse più politica che civile) di smascherarsi (del resto l’uso atrofico di un cencio è quasi peggio del non uso) che alla fine è.

Anzi, a ben dire già era. Gli stessi abbracci di piazza a maschera zero nei dopo gol europei, seppur comprensibili, sembrano aver scordato il tunnel da cui tutti noi proveniamo.

Paese davvero strano il nostro. Nel senso etimologico di “estraneo”, quindi “straniero”. Etranger, almeno per me. Un Paese in cui il dibattito sulle “maschere” (Pirandello insegna) ci appassiona di più di quello sui diritti civili e sulle condizioni dei lavoratori. Senza quasi renderci conto del rischio di trasformarci così in maschere nude.

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La moderna e avanzata Svezia non solo non fa indossare le mascherine quale protezione da SarsCov2, ma addirittura dà la multa a chi le indossa. Scelta surreale.

Un professore è stato sanzionato dal suo preside per averla indossata. Si suppone per difendersi dal virus e non per dare scandalo con un capo osè.

C’è da chiedersi il motivo di tale delirante opzione. Motivo che è stato apertamente dichiarato: puntare, obbligatoriamente e senza deroga alcuna, all’immunità di gregge.

Chapeau. Da Nobel.

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Emil Nolde, “Natura morta con maschere” – 1911

Nonostante tutto, siamo in pieno Carnevale. O meglio, è il Carnevale ad essere entrato in pieno nel sistema.

Sempre in mascherina a renderci irriconoscibili, maschere ormai nude di noi stessi. Simulando sorrisi che faticano a generarsi per gli orizzonti stretti.

Sovvertimento dei ruoli elevato a consuetudine. Col plauso di tutti attraverso like e tweet. E conseguente cancellazione di ogni confronto dialettico.

E un nuovo governo che nasce. Con un neoministro dell’Istruzione che annuncia: “Speriamo che faremo bene”. Sob.

Ma è Carnevale, avrà voluto scherzare.

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Contagi, tamponi, Covid19, quarantena, disinfettante, positivi, lockdown, virus, isolamento fiduciario attivo, mascherine, contact tracing, chiusure, pulizia mani, vaccino, distanziamento, cure, terapie intensive, ricoveri, SarsCov2, pandemia.

Ci risiamo con le parole ormai tristemente note a tutti. Con quanto poi, già sappiamo, drammaticamente ne consegue. Dalla perdita di vite umane, innanzitutto, alla perdita di esistenze lavorative, stili di vita, frammenti di libertà. Lo sapevamo. Almeno quasi tutti. Il verosimile racconto manzoniano e quello storico della “spagnola” hanno continuato a ricordarcelo come una triste nenia a sottofondo di comportamenti laschi ed esorcizzanti movide.

Ma davvero qualcuno si era già dimenticato ogni singolo passaggio?

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Felice Casorati, “Gli scolari” – 1927/1928

La scuola oggi ricomincia. Tutto pronto? Tutto a posto? Mah…

Dipende dalle regioni, dipende dalle singole scuole, dipende dalle regole applicate.

C’è infatti chi comincia oggi, chi ha già cominciato, chi posticipa le lezioni a dopo le elezioni, e chi pone in dubbio l’inizio anche dopo il suffragio.

Ci sono poi scuole con tutti gli studenti in presenza (e il distanziamento si fa minimo, replicando come sempre la classe pollaio), altre con i doppi turni (ma i docenti non sono raddoppiati), altre ancora con didattica mista (invece che “didattica a distanza” si chiama “didattica digitale integrata”).

Ancora, a proposito di uniformità nazionale, c’è il dilemma temperatura (a casa e registrata su diario o a scuola con termoscanner), il ruolo della mascherina (sempre e ovunque, oppure solo fuori banco e in movimento), il rebus ingressi (tutti insieme da accessi diversi o scaglionati da un unico portone).

Per tacere dei docenti, in numero minore rispetto all’effettivo bisogno, preoccupati perché in fondo alle preoccupazioni del ministero, sfiduciati per la scarsa considerazione del Paese. Nonostante abbiano continuato ad istruire, educare, sostenere gli studenti anche in lockdown, anche a distanza, anche in vacanza.

Tanto che, nonostante tutto, saranno ai nastri di partenza come sempre, col sorriso che quasi per magia ricompare nei loro occhi in prossimità degli allievi. Anche quando provano a piegarli. È il caso dei docenti fragili che per il ministero non hanno altra opzione che essere dichiarati temporaneamente “inidonei” alla mansione (neanche fossero sovversivi o psicopatici) ed essere ricollocati in archivio o in segreteria, oppure continuare ad essere definiti “idonei” quali sono e andare comunque in classe, con una mascherina più filtrante (e meno aerante per parlare), ma rischiando un po’ di più di tutti gli altri.

La scuola oggi ricomincia. Tutto pronto? Tutto a posto? Mah…

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E così, anche se ridotta, mascherata e distanziata, nonostante tutto, è partita la Maturità 2020, quella dell’epoca Covid19.

Nessuno scritto, solo orale. Anzi maxi orale, visto che è strutturato in cinque parti in cui l’oralità vince sul segno grafico. La parola raccontata regna quindi sovrana su aule in cui i metri sono giustamente tutto, insieme a mascherine, gel disinfettante e autocertificazioni. A risuonare nelle scuole, come sempre, ansia, narrazione e orgoglio. Ma senza strette di mano, baci e abbracci. Solo il senso della fine in una tasca e il sentore di un nuovo inizio nell’altra.

Ps: Buona vita alle mie ragazze e ai miei ragazzi in uscita dalla loro classe.

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