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Il nartèce allagato della Basilica di San Marco a Venezia

Il naufragio di Venezia continua. Purtroppo.

Diverse maree eccezionali in giorni ravvicinati diventano un evento storico. E tragico. Per la fragilità di questo patrimonio artistico mondiale. Poco curato, spesso sfregiato. Grandi navi, turismo mordi e fuggi, scarsa considerazione per il valore delle “Pietre di Venezia”, come le chiamava il celebre scrittore John Ruskin.

Tre sfregi di questi giorni, tre “segni” di un’unica riflessione.

Il nartèce di San Marco allagato. Il nartèce è il corto atrio tra le navate e la facciata principale, tipico delle basiliche dei primi sei-sette secoli del Cristianesimo. Il termine deriva dal greco e significa “bastone, flagello”, simbolo di pentimento e punizione. Un “segno” fin troppo chiaro delle colpe di tutti noi. Dall’indifferenza alla ruberia.

“Il bambino naufrago”, opera murale di Bansky, ha l’acqua che gli arriva ormai alla vita, quando solitamente emerge dal canale coi piedi visibili fuori dall’acqua. Ha un giubbotto di salvataggio, per ogni evenienza, ma la nuvola rossa di un razzo segnaletico sembra gridare al mondo l’emergenza di Venezia.

Sott’acqua anche “Il bambino naufrago” di Bansky a Rio San Pantalon, nei pressi di Dorsoduro (Venezia)

C’è una libreria a Venezia, considerata una delle più belle al mondo, con una gondola piena di libri a “navigare” tra gli scaffali. Per non parlare delle vasche. Si chiama “Acqua alta”, proprio a monito dei naviganti-lettori su un fenomeno tipico della città lagunare, ma non a questi livelli. E anche questo luogo, nonostante le precauzioni , è finito sott’acqua.

Perché a questa città unica è venuta a mancare la manutenzione ordinaria, quella che va ben oltre la straordinaria fatta di faraonici progetti mai entrati in funzione. Una manutenzione quotidiana, affettuosa, necessaria.

Libreria “Acqua alta” a Venezia

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“Acqua granda” la chiamano i veneziani quando l’ondata di marea è eccezionale.

Lo è stata. Ben 187 centimetri, seconda misura dal primato del 4 novembre1966 in cui aveva raggiunto i 194. E il mare ha invaso Venezia per l’80% del suo territorio. Anche le passerelle si sono rivelate inutili.

L’acqua è talmente alta da far suo tutto. Case, negozi, ristoranti. E gli edifici famosi in tutto il mondo. Dalla Basilica di San Marco al Teatro La Fenice. Ed è acqua salsa, che s’infiltra corrodendo.

E il mitico Mose, il sistema di paratie che doveva salvare la Serenissima dalle ondate di piena, in continuo peggioramento coi cambiamenti climatici? Non pervenuto. Almeno per ora. Iniziato nell’ormai lontano 2003, si stima in funzione nel 2021. Ma dopo ingenti investimenti pubblici, ruberie e commissariamento, oggi i dubbi sul Mose riguardano l’invecchiamento delle stesse paratie. Con costi manutentivi alquanto esosi.

Eppure il Mose resta un salvagente necessario per Venezia. Nonché per tutti noi che di quella bellezza abbiamo assoluta necessità.

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