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Posts Tagged ‘maestro’

Franco Battiato era considerato da molti un Maestro. Di quelli veri. Che intuiscono e ricercano e vedono oltre. Per quel “magis“, il “di più” insito nella parola stessa “maestro”.

È stato un Maestro, quindi un riferimento, anche per me. Che da liceale lo cantavo e lo ballavo, intuendo e poco meno il suo sperimentalismo, sonoro e linguistico. Per cui il suo “Cuccurucucu paloma Ahia-ia-ia-iai cantava” pareva avanguardia in gocce di melodia, e il “Centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente” diventava un inno per non perdere la rotta, continuando a sventolare sul ponte “bandiera bianca”.

Solo in seguito compresi, almeno in parte, il senso profondo di permanenza di quel “centro” cantato e ricercato da Battiato, contiguo all’immanenza. E alla danza dei dervisci rotanti e alla poesia sufi e al mistico armeno Gurdjieff. E a quanto cerchiamo sempre, all’essenza a volte sfiorata, alla consapevolezza sometimes percepita spesso sopita.

Così ho colto, esplorando, altre ottave nella poesia cantata di Franco Battiato, dalle “correnti gravitazionali” de “La cura” alla ricerca dell’ “Uno al di sopra del Bene e del Male” in “E ti vengo a cercare”.

Per rifugiarmi poi, trovando balsamo consolatorio e spiraglio di orizzonte, in quei suoi versi della “Passacaglia” che recitano:

Vorrei tornare indietro
Per rivedere gli errori
Per accelerare
Il mio processo interiore
Ero in quinta elementare
Entrai per caso nella mia esistenza
Fatta di giorni allegri
E di continue esplorazioni
E trasformazioni dell’io“.

Grazie Franco Battiato per quanto hai cercato, consegnandoci mappe per leggere il mondo interiore, fatto di tracce minime ma preziose.

Come hai scritto nell’ultimo lavoro, “Torneremo ancora”. Da “migranti di Ganden / In corpi di luce / Su pianeti invisibili“. Quindi, Maestro, arrivederci. (Seppure sia “difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”… ).

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È ingiusta la mortalità. Quando sottrae agli affetti più intimi. Ma anche quando la sottrazione avviene nelle maglie più larghe, ma non meno forti, della comunità sociale, civile, letteraria, artistica.

E bisogna fare uno sforzo sovrumano a non pensare più Andrea Camilleri presente nel dibattito civile e attivo nella scrittura di nuove casi del suo figliolo Montalbano.

Eppure sembra di sentirlo il Maestro. “Ma che, volete babbiare? A tutto c’è una fine, tutto è già stato scritto.”

Grazie Maestro. Per le storie che ci hai raccontato, con ironia e maestria. E per le parole, poetiche e lungimiranti, che ci hai donato.

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Sembrava provenire da un’antica bottega d’arte fiorentina, il Maestro Franco Zeffirelli. Ovviamente del tempo più votato alla bellezza, il Rinascimento.

Aveva il culto del bello ed è riuscito a trasmetterlo al mondo, regandoci opere eterne. Con allestimenti scenici sontuosi, regie filmiche magistrali, messinscene operistiche sublimi.

La perfezione del tutto passava attraverso la visione millimetrica del dettaglio. Così è riuscito, per esempio, a farci “credere” nel suo “Gesù di Nazareth”. Quello sguardo umano illuminato dal divino è storia del cinema, ma non solo. È anche storia dell’uomo toccato dal divino. Nella sua bellezza, nel suo mistero.

Grazie Maestro.

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Qualche settimana fa, ad una manciata di giorni dalla fine dell’anno scolastico, una mia classe faceva il conto dei giorni all’alba, e tutti erano visibilmente contenti.

Eccetto un mio studente, passo profondo nel suo cammino. Mi guarda e mi confessa, a cuore aperto e mente oltre la finestra: “Prof, a me un po’ dispiace. Amo venire a scuola perché imparo cose nuove.” I compagni, inconsapevolmente miopi, in risposta: “Ma a settembre ritorniamo!”. E lui, a visione consapevolmente chiara, forse troppo, ribatte placido, come suo solito: “Ma il prossimo anno sarà un’altra cosa!“.

E così porto a casa, felicemente silenziosa, un piccolo ripasso della lezione per me più preziosa. Che il “maestro” è dietro l’angolo, e si presenta quando meno te lo aspetti. Per questo bisogna essere attenti e fiduciosi. Dentro e fuori scuola. Grazie Hartwig.

Ps: buone vacanze alle mie “bimbe” e ai miei “bimbi”, anche a quelli “bischeri”…

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andrea-camilleri

Auguri di Buon Compleanno al Maestro Andrea Camilleri.

E in tempi di moda rottamatoria penso con gratitudine all’acuta e ironica saggezza di alcuni grandi italiani, come il padre di Montalbano.

Quegli italiani che forse andrebbero più ascoltati, nella lungimiranza del loro vedere. Che, a dispetto dell’anagrafe, è un autentico antivedere. Come quando Camilleri scrive: “Sarebbe un grave errore buttar via quello che oggi ci appare sorpassato e superfluo. Tutto serve a fare peso. Peso che incide meglio la nostra orma nella sabbia del tempo.” (da “Come la penso” di Andrea Camilleri).

E insieme a lui compleanno, e importante, per una delle sue creature più belle, “La forma dell’acqua“, della saga di Montalbano, che compie trent’anni. Ma che, in virtù di quel titolo che trovai da subito bellissimo, assume la forma che solo il lettore desidera.

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recalcati

«Il sapere del maestro non è mai ciò che colma la mancanza quanto ciò che la preserva».

Da “L’ora di lezione” di Massimo Recalcati.

Ps: Questo è il mio autunnale consiglio di lettura per il Matteo nazionale, tutto preso dal far bella figura con la parola “scuola”. Una parola grande per tutti. Per i politici un po’ di più. Anche se a portata di mano, o di parola, per far bella figura.

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alfabeto

«Abbiamo solo ventuno lettere, ha detto il maestro. Con quelle dovremo fare tutto: ridere, piangere, consolare, amare, contraddirci. Dire quando siamo felici, non far capire quando non lo siamo piú, ingoiare una parola che potrebbe ferire, tenercene una tra le mani come una cosa fragilissima e preziosa»

Da “La vita non è in ordine alfabetico” di Andrea Bajani

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Cento anni fa nasceva un maestro della regia, Michelangelo Antonioni.

E’ stato geniale nel raccontare l’incomunicabilità, l’alienazione, il disagio esistenziale. Dell’uomo di ogni tempo.

Mi piace ricordare tra i suoi film “Blow-Up”, perché “l’ingrandimento” della realtà non permette all’uomo né di svelarla né di comprenderla.

Così non resta che guardarla, la realtà. Con l’occhio interno. Come ha fatto, magistralmente, il regista Antonioni.

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