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Posts Tagged ‘Londra’

Si è spenta ieri, 13 aprile 2023, un’icona della moda femminile, Mary Quant, creatrice della minigonna. Era solita dire che il pezzo ridotto di stoffa sulle gambe femminili non l’aveva inventato lei, bensì “lo ha fatto la strada”.

Eppure a lei è stata dedicata una targa a Londra, proprio in King’s Road dove la stilista aprì la sua prima boutique, Bazaar, divenuta in poco tempo destinazione culto per la Swinging London degli anni Sessanta. E la modella Twiggy Lawson, col suo fisico asciutto, la testimonial perfetta per quel capo simbolo di quell’epoca.

Dopodiché la minigonna continuò e continua a raccontare la bellezza e la libertà femminile. Rendendoci gazzelle.

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Oggi, 8 settembre 2022, si chiude il percorso terreno della Regina Elisabetta II, diventando Storia.

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Sono “Leggenda” le “cose da leggersi”, quindi da ricordare e tramandare.

In tal senso Freddy Mercury, frontman del gruppo rock britannico “Queen”, è Leggenda. Infatti, nonostante manchi da trenta anni (ma davvero?!), la sua musica e la sua voce sono patrimonio di tutti noi. Da brividi ogni volta che risuonano.

I sei incredibili minuti di “Bohemian rhapsody”, in quella magica e commista armonia di generi che la canzone sprigiona, rendono tangibile la parola “Leggenda”. Vederla poi cantata a quell’evento benefico, anch’esso leggenda, che fu il “Live Aid” 1985 allo Stadio Wembley di Londra, con una folla oceanica a seguirlo, fa ripensare ai versi iniziali, “Is this the real life? / Is this just fantasy?“, in quel misto di reale e meraviglioso che è la narrazione stessa di una Leggenda. Quale Freddy Mercury, davvero immortale.

 

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Come si usa dire, “non succede, ma se succede…

Nel frattempo apprezziamo la meta raggiunta: finale tanto voluta degli Europei 2020 di calcio per l’Italia in quel di Wembley e finale davvero storica del torneo tennistico di Wimbledon con Matteo Berrettini.

Una Nazionale azzurra come l’orizzonte per cui giocano, e un giovane romano dalla battuta supersonica.

In entrambi i casi sembrano mancare, vivaddio e finalmente, atteggiamenti divistici e superomistici. Con l’obiettivo invece a fuoco, attraverso tenacia e costanza, non solo sul corpo volto al gesto sportivo, ma anche sull’atteggiamento e sulla mentalità da cui quel gesto viene partorito. Con umiltà e passione, ma anche determinazione e prestanza.

Sarà poi quel che sarà. Con l’intima speranza, però, di smontare l’antico adagio della “perfida Albione”.

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Che un incidente possa accadere sta nell’ordine delle umane cose. Altro è quando le responsabilità istituzionali sono lapalissiane.

Può una costruzione civile non avere i requisiti minimi di sicurezza solo perché edilizia “popolare”? Gli estintori antincendio non dovrebbero essere una salvaguardia per tutti? Le scale di sicurezza, nel mondo 2.0, sono ancora un optional? Possibile che la ristrutturazione pubblica di un edificio anni ’70 preveda essenzialmente il posizionamento di pannelli in plastica sulle pareti esterne?

Domande che sembrano riguardare il nostro piccolo e antico mondo italico, che si sa, ce lo diciamo spesso, fa acqua da tutte le parti. Ma forse meno che altrove.

Perché guardando quel palazzo in fiamme, la Grenfell Tower, si fa fatica a credere che sia nella moderna e futuristica Londra. Tanto più che nel suo Dna la capitale britannica porta inscritto il Grande Incendio del 1666 che distrusse quasi per intero la città. Sob!

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Risultati immagini per londra london bridge terrore

Nel tempo 2.0, quello social & terrorist, un evento pubblico porta ormai con sé, sottotraccia, un’ansia strisciante per qualcosa di pericoloso che può accadere. Così qualsiasi rumore o voce o spostamento, seppur minimo, deflagra su quella paura sottile trasformandola immediatamente in panico. L’effetto domino fa il resto. Fuggi fuggi scomposto, e l’uomo si fa mandria. Corre senza fermarsi, travolgendo tutto ciò che incontra. Compresi i suoi simili.

Così è avvenuto nel cuore di Torino, di fronte ai maxischermi posizionati in Piazza San Carlo (scelta discutibile) per la finale di Champions, Juventus versus Real Madrid. Oltre 1500 tra contusi e feriti, di cui alcuni gravi. Il pensiero va ad un’altra finale bianconera di Champions, allo stadio Heysel di Bruxelles e al suo tributo di sangue.

Ma nel tempo 2.0 social & terrorist le notizie globali si spostano velocemente e il Big Eye è sul London Bridge. Ancora un attacco terroristico nella capitale britannica. In un “normale” sabato sera, terrore tra strade e ristoranti, con accoltellamenti, urla, sbigottimento, vittime, feriti, polizia in assetto di guerra.

Così la nostra angoscia si rinforza. A tal punto da farci tracimare anche da soli. Ad ogni frullo d’ali.

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Mi sono sufficienti le prime note della sigla del telefilm “Attenti a quei due” e le lancette temporali arretrano su me bambina nel tinello di casa, felice di vedere in azione i miei eroi preferiti, Tony Curtis e Roger Moore.

Con mia sorella ci contendevamo sempre la spartizione dei due perché, secondo le puntate e l’umore, preferivamo entrambe il bruno milionario americano Daniel Wilde o il biondo aristocratico inglese Lord Brett Sinclair. Ci piaceva, e ci piace ancora, quell’atmosfera amabile e leggera, ricca di humour sottile e scanzonato antagonismo, nonostante i “cattivi” da combattere. Avventure rocambolesche, mai davvero cruente, in cui il pericolo era sempre ammantato da umorismo.

Un tempo lontano. A cui si sottrae ora, garbato ed elegante come sempre, anche Roger Moore.

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Ancora. Un nuovo attacco. Un’altra ferita.

Questa volta al cuore di Londra. A quel Parlamento che pulsa democrazia per tutti. Un simbolo potente. Di istituzioni, leggi, uguaglianza, confronto.

Lo sfregio umano e immaginifico a Westminster colpisce tutti noi. Ma non solo da europei. Ancor più ci ferisce da cittadini del mondo.

Memori di quanto diceva sir Winston Churchill, vicino alla cui statua é avvenuto l’attacco: “Fanatico é colui che non può cambiare idea e non intende cambiare argomento.

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Sadiq Khan, neo sindaco di Londra nonché primo sindaco musulmano in una città europea, aveva e ha i suoi detrattori a dritta e a manca.

Gli islamofobici vedono nella sua ascesa gli inizi della sottomissione europea all’Islam, quella già paventata da Oriana Fallaci e descritta da Michel Houellebecq. Gli islamici oltranzisti gli contestano invece la sua dottrina tiepida, in nome di un laicismo moderato pur praticando la fede islamica.

Eppure Sadiq Khan ha vinto. Ovvero la maggioranza dei londinesi, un popolo misto da tempo esempio di multiculturalismo, ha scelto Khan per guidare la più grande metropoli europea.

Dando così, a tutti noi europei, un’indicazione di rotta per il futuro stesso del vecchio continente.

Concepita a suo tempo sulle acque del Mediterraneo, l’Europa sarà infine liquida ed integrata. Proprio come il mare. Senza muri, all inclusive.

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"Queen Elisabeth's portraits" by Andy Warhol (1985)

“Queen Elisabeth’s portraits” by Andy Warhol (1985)

Il 21 aprile 1926 nasceva colei che sarebbe diventata la più longeva sovrana del Regno Unito, la Regina Elisabetta II.

Le celebrazioni, sobrie come nel suo stile, si faranno più evidenti in giugno con “Trooping the colour”, la storica parata militare a cavallo, e un grande picnic collettivo per le strade di Londra.

Per intanto Sua Maestà accenderà a Windsor la prima delle mille torce che illumineranno per l’occasione tutto il Regno Unito.

God save the Queen.

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