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Usiamo sempre meno parole.

Così discorsi e scritti mancano ormai di sfumature espressive, e la lingua si fa via via più povera e ripetitiva. Con alcuni termini a rischio di estinzione.

Ecco allora che il vocabolario Zingarelli nell’edizione 2020 ha scelto ben 3126 parole da salvare, segnalate da un simbolo grafico, un fiorellino ♣.

A tale progetto si accompagna l’iniziativa #paroledasalvare che coinvolge le principali città italiane, le cui piazze stanno ospitando #AreaZ: una zona a lessico illimitato in cui trovare le parole giuste per esprimere il proprio pensiero, scegliendo una parola a rischio estinzione e prendendosene cura.

Io scelgo “ondìvago“, che è sinonimo di “incerto”, “indeciso”, “tentennante”, ma con quella peculiarità tipica di “chi o cosa vaga sulle onde“. Ecco, è l’implicazione liquida e mutevole a rendermi speciale “ondìvago“. A tal punto che lo uso proprio quando sento la necessità di sottolineare la sensazione del rollìo che solo sull’acqua si prova.

E voi quale parola scegliete?

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Il Libro

“Dizionario affettivo della lingua italiana” – Fandango (2008)

Dapprima ti attira il cuore della copertina. Poi al secondo sguardo ti rendi conto che si tratta di un cuore di vocabolario, e lo associ per conseguenza immediata al titolo che solo a questo punto leggi, “Dizionario affettivo della lingua italiana”. E scopri che si tratta di un viaggio d’amore tra le parole, compiuto da chi maggiormente le frequenta, gli scrittori, da Camilleri a De Luca, da Avoledo a Serra, da Scarpa a Starnone, per citarne alcuni.

Libro da sfogliare o consultare, come ogni dizionario. Io, aprendo a caso, sono planata su “tuffo“: “Sembra piccola cosa e invece, se ben fatto, può procurare insolite, imprevedibili, straordinarie sensazioni e capovolgimenti“. A quel punto non mi sono più fermata, e ho cominciato a nuotare in un mare di parole, seguendo la scia di quelle da me già amate, amandole ancora di più, da “anima” (“apre nuove vie, pervade, esplora“) a “cura” (“parola di scoperte e di avventure intimissime“), da “invece” (“la meraviglia delle situazioni inaspettate“) a “nonostante” (“credo riassuma un po’ tutta la vita e tutto quello che facciamo“), da “silenzio” (“mi piace il silenzio della notte, quando basta la mia mano sul profilo del tuo corpo a darmi pace“) ad “orizzonte” (“era l’onda degli ulivi che si perdeva, verso nord-ovest, nel biancheggiare di piccoli paesi“).

Definizioni brevi e mai scontate della parola amata da ogni scrittore. Come quella di Gemma Gaetani che mi ha letteralmente folgorato con la sua scelta, “vocabolario“, perché non è una definizione linguistica ma una dichiarazione per il suo uomo, il cui nome di battesimo sta, come il suo, nel vocabolario. Non potendo vedere spesso il suo uomo (“io lo amo da lontano, senza mondo, senza niente“), il suo lemma “gemma” di notte scavalca tutte le altre parole e attraverso le pagine raggiunge il nome di quest’uomo (“per stringersi a lui in barba ad ogni impedimento“). Solo uno scrittore poteva inventarsi un simile stratagemma per incontrare chi ama anche quando non si può.

Anch’io ho uno stratagemma. Pensarmi punto cardinale sul quadrante di una bussola. Per incrociare un altro punto in qualsiasi angolo del mondo.

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