La fatica è quella dei sopravvissuti, ormai davvero pochi purtroppo. La fatica di ripercorrere quell’orrore, che tanto continua a devastarli. È sufficiente sentire le parole di Sami Modiano, 92 anni e tanta fragile forza nel dire quanto di sé è ancora chiuso dentro l’orrifico Campo di Sterminio di Birkenau. Insieme a quelli che laggiù, nella ferita più cupa dell’umanità, sono rimasti. Tra cui suo papà Giacobbe, uno sprone per lui affettuosissimo, e l’amatissima sorella Lucia. E gli occhi di Samu si velano, ricordando ed essendoci, di lacrime e di perché. Di perché sulla Shoah di un popolo, di perché sulla sopravvivenza sua.
Il dovere è il nostro. Il dovere di raccontare, “tatuandoci” dentro i ricordi dei sopravvissuti, affinché essere i prossimi testimoni della Shoah. Trasmettendo così alle nuove generazioni, perché l’uomo non dimentichi l’abiezione di sé, il fondo della propria barbarie. Per evitare che tale immane colpa, di noi tutti, diventi qualche “storta sillaba” risolta in poche righe sui libri di storia, come amaramente paventato dalla senatrice Liliana Segre. Di modo da ricordarci sempre che l’Indifferenza, quella scritta a lettere cubitali al “Binario 21” di Milano, é un virus latente e subdolo che si insinua facilmente nel nostro modo di agire. Rischiando di perpetrare quella dolorosa divisione tra “Sommersi” e “Salvati”.