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Posts Tagged ‘Liliana Segre’

Memoriale di Dachau

La fatica è quella dei sopravvissuti, ormai davvero pochi purtroppo. La fatica di ripercorrere quell’orrore, che tanto continua a devastarli. È sufficiente sentire le parole di Sami Modiano, 92 anni e tanta fragile forza nel dire quanto di sé è ancora chiuso dentro l’orrifico Campo di Sterminio di Birkenau. Insieme a quelli che laggiù, nella ferita più cupa dell’umanità, sono rimasti. Tra cui suo papà Giacobbe, uno sprone per lui affettuosissimo, e l’amatissima sorella Lucia. E gli occhi di Samu si velano, ricordando ed essendoci, di lacrime e di perché. Di perché sulla Shoah di un popolo, di perché sulla sopravvivenza sua.

Il dovere è il nostro. Il dovere di raccontare, “tatuandoci” dentro i ricordi dei sopravvissuti, affinché essere i prossimi testimoni della Shoah. Trasmettendo così alle nuove generazioni, perché l’uomo non dimentichi l’abiezione di sé, il fondo della propria barbarie. Per evitare che tale immane colpa, di noi tutti, diventi qualche “storta sillaba” risolta in poche righe sui libri di storia, come amaramente paventato dalla senatrice Liliana Segre. Di modo da ricordarci sempre che l’Indifferenza, quella scritta a lettere cubitali al “Binario 21” di Milano, é un virus latente e subdolo che si insinua facilmente nel nostro modo di agire. Rischiando di perpetrare quella dolorosa divisione tra “Sommersi” e “Salvati”.

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C’è chi si ostina nel fastidio (“parliamo ancora di fascismo?“), chi invece rievoca con qualche nostalgia (pochi ma pericolosi), chi infine sente giustamente un dovere morale ricordare quel 28 ottobre 2022, “una data funesta – come ha detto Liliana Segre – della storia italiana, che segna l’inizio del fascismo, la più grande sciagura della storia nazionale del secolo scorso“.

Non dimenticare gli eventi storici, cercando di comprenderne le cause, è buona e doverosa pratica che va insegnata alle nuove generazioni in una sorta di passaggio del testimone. Affinché le democrazie, sempre fragili, sempre in divenire, possano sviluppare anticorpi stabili verso possibili sottrazioni di libertà ed uguaglianza.

Anche il cinema, attraverso il documentario “Marcia su Roma” del pluripremiato regista Mark Cousins, con archivi inediti ferma la riflessione su quell’evento epocale, l’ascesa al potere di Mussolini e la sua Marcia su Roma nel 1922, che innescò una catena di accadimenti sempre più tragica. Influenzando poi molte delle tirannie mondiali dal XX secolo in avanti.

Ricordare, senza relegare un tale episodio a fenomeno di contorno, è necessario. Anche per l’esecutivo di un Paese. Di qualsiasi parte politica esso sia.

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Un passaggio di consegne distopico quello tra la senatrice Liliana Segre, che ieri 13 ottobre 2022 ha presieduto l’apertura della diciannovesima legislatura a Palazzo Madama, ed il senatore Ignazio La Russa che è stato eletto alla seconda carica dello Stato. E proprio nel centenario della “Marcia su Roma”.

Quello di Liliana Segre è stato un discorso di monito per tutti: “Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti. In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.”

Parole da brividi, soprattutto vedendo poi l’elezione a Presidente del Senato di Ignazio La Russa che non ha bisogno di presentazioni. Giunto a tanto col contributo di una ventina di voti dell’opposizione. E che, nel suo discorso di insediamento, ha auspicato che alle feste nazionali del 25 aprile (Liberazione), 1°maggio (Lavoro) e 2 giugno  (Repubblica), a cui aveva fatto riferimento la senatrice Segre come date da celebrare e vivere non come “divisive” ma con “autentico spirito repubblicano”, si possa “aggiungere la data di nascita del Regno d’Italia che prima o poi dovrà assurgere a festa nazionale”. Tempo storico in cui, va ricordato, eravamo monarchia e senza alcuni territori ora italiani (leggi Veneto e Trento e Trieste e Roma e il Lazio). Cosa dovremmo festeggiare (forse il re?!) e in cosa sentirci uniti (senza alcune parti) non è affatto chiaro. Sarà l’emozione (e forse l’incredulità) di sedere su tanto scranno dato il cursus honorum. 

Cominciamo davvero bene…

Ps: oggi si è replicato, con la nomina di Lorenzo Fontana (anche per lui ogni presentazione appare superflua) a Presidente della Camera, ovvero alla terza carica dello Stato. Nomi quali Sandro Pertini o Nilde Iotti appaiono davvero lontanissimi.

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“Lezioni di persiano” è un film di Vadim Perelman basato su un racconto dello scrittore Wolfgang Kohlhaase, “Invenzione di una lingua”, che ci ricorda quanto la memoria possa salvarci. Attraverso le parole che, anche se inventate, possono ricordare coloro che sono stati sterminati nell’orrore della Shoah.

Ricordare sempre è dovere di ogni umano, anche perché, come sosteneva Primo Levi, “La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia.” E i fatti di cronaca, davvero inquietanti, di questi giorni, ci impongono tale dovere civile ed esistenziale.

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Tiziano Vecellio, “Caino uccide Abele” – 1543/1545

Ripenso alla vicenda tristissima e annunciata di Willy Duarte Monteiro. Al suo omicidio volontario per mano di “due loschi figuri”, come il Pereira di Antonio Tabucchi definisce gli spietati assassini di un altro giovane, idealista e sorridente alla vita, Francesco Monteiro Rossi. Un personaggio nato dalla penna dello scrittore, che con Willy ha in comune il cognome Monteiro e un pestaggio mortale. Addotto nel romanzo dalla violenza intimidatoria del regime dittatoriale del Portogallo di Salazar, addotto qui dalla violenza sopraffatoria di un regime piccolo, ma non meno pericoloso, di una banda delinquenziale in un piccolo borgo nell’Italia di questi anni ’20 del secolo nuovo.

E allora penso al tempo che passa, ma in realtà non passa mai. Almeno come Storia. Che anzi si ripete. Con le sue storture, i suoi drammi/danni, le sue violenze. E riavvolgendo il nastro, come in un film, riprendono vita, e ahimè morte, i fotogrammi del secolo scorso. Con leggi fascistissime e poi razziali. Con deportazioni e violenze. Con la morte assegnata per capriccio e per procura. E poi i pochi sopravvissuti a raccontarci con dignitosa fatica gli orrori indicibili. Tra cui la senatrice Liliana Segre. Che in occasione del suo novantesimo ha ricordato, ancora una volta, la necessità di tenere alta l’attenzione.

Perché la sopraffazione può annidarsi ovunque. Perché Caino uccide Abele, ancora. E noi tutti non possiamo volgere altrove lo sguardo, riducendo l’evento ad un caso di cronaca. Peraltro nerissima.

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L’attrice Premio Oscar Helen Mirren accompagna gli spettatori nella storia di Anne Frank attraverso le parole del suo famoso diario. Il set è la camera del rifugio segreto di Amsterdam in cui la ragazzina resta nascosta dal 1942 per oltre due anni, stanza ricostruita nei minimi dettagli dagli scenografi del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa.

In parallelo, dal campo di concentramento oggi centro di documentazione di Bergen-Belsen in Germania dove si trovano le tombe di Anne Frank e di sua sorella Margot, una ragazza del nostro tempo visita i luoghi della memoria scrivendo una sorta di diario digitale per i suoi coetanei. In dialogo costante con quel Diario, ovvero con i sogni e le paure di Anne.

Tra questi due piani, le interviste a cinque sopravvissute, tuttora in vita, ai campi di concentramento e sterminio nazisti: Arianna Szörenyi, Sarah Lichtsztejn-Montard, Helga Weiss e le sorelle Andra e Tatiana Bucci. Tutte accomunate dall’essere all’incirca coetanee di Anne Frank.

Curiosa la scelta distributiva italiana. Solo tre giorni per un documentario che dovrebbe essere fruibile sempre. Soprattutto pensando a quanto sta ultimamente accadendo nel nostro Paese.

 

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La senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz e testimone della Shoah, in una lettera di questi giorni agli studenti ricorda a tutti noi il valore civico della memoria: “Un Paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani. La Memoria è un bene prezioso e doveroso da coltivare. Sta a noi farlo. A che serve la memoria? A difendere la democrazia.”

Tenendo sempre presente il monito di Primo Levi che, nell’incipit de “I sommersi e i salvati”, affermava: “La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace“.

Già. Perché a volte, pur ricordando, edulcoriamo, omettiamo, giustifichiamo. Per nascondere colpe e soprusi. Per dimenticare la “zona grigia” dell’umanità. Cioè di ciascuno di noi.

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La nomina di Liliana Segre a senatrice a vita muove riflessioni sul legame imprescindibile tra forma e contenuto.

Qui la forma, il titolo di componente del Senato italiano, è alta e finalmente giunge in chi, Liliana Segre, è da sempre portatrice di un contenuto altissimo, vibrante di testimonianza diretta su quell’orrore indicibile che è stata la Shoah. E non solo, perché la neo senatrice Segre ha speso la propria esistenza per raccontare ciò che è stato, in nome di una memoria sempre viva. Il “Binario 21” della Stazione di Milano non è che l’esito pubblico più evidente.

Di fronte a tale, limpida e superiore, corrispondenza tra forma e contenuto non si può omettere di pensare a quanto lo Stato italiano, anche quando attento alla forma, sia glissante se non silenzioso di fronte al dilagare di certi contenuti. Non poi tanto diversi, come ha ricordato Segre, da quelli che hanno condotto all’Olocausto, e ancor prima alle leggi razziali. Sottoscritte anche dallo Stato italiano. Sob.

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“Meditate che questo è stato.”

Primo Levi, da “Se questo è un uomo”

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