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Posts Tagged ‘lavoro’

Renato Guttuso, “Contadini al lavoro” – 1950

Un equilibrio instabile quello tra salute e lavoro, due beni primari. Trait d’union la sicurezza.

Rifletterci tutti, durante un Primo Maggio particolarissimo, sarebbe bene. Farlo magari Costituzione alla mano sarebbe ancora meglio.

Si eviterebbe così di invocare di continuo aperture lavorative differenziate per regione. Dimenticandoci dell’articolo 16 che nella sua prima parte recita: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.”

“In via generale” appunto, considerando l’interezza del territorio nazionale. Fatta salva l’istituzione di nuove zone rosse, che limiterebbe in tali aree l’avvio della cosiddetta Fase 2.

E nel frattempo la terra, che per ora continua a darci i suoi frutti, a chiedere di essere raccolta in tempo dalle mani d’uomo. Per buona parte straniero, sottopagato, per nulla in sicurezza. Anche su questo sarebbe bene riflettere in questo strano Primo Maggio.

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“Ascensori al lavoro al Rockefeller Center” – Photo by Ester Maero

Poiché la produzione di beni e servizi aumenta impiegando sempre meno lavoro umano (jobless growth), dopo la liberazione dalla schiavitù e la liberazione dalla fatica, si intravede la possibilità di una diffusa liberazione dal lavoro.

Domenico De Masi, sociologo

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Paolo Ricci, Primo maggio, 1949 – Mantova (Suzzara), Galleria del Premio Suzzara

“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo.”

Adriano Olivetti, imprenditore italiano (1901-1960)

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Tanto amiamo allegramente il sabato perché promessa gioiosa della domenica col suo dono temporale di svago e riposo, quanto sopportiamo invece malinconicamente il lunedì per quel suo carico prospettico di nuove incombenze e impegni lavorativi.

Pensate ora a cosa può diventare un lunedì d’inverno a metà gennaio, solitamente freddo e grigio, in cui le feste natalizie sono ormai un ricordo, con l’addobbo già riposto e il conto poco a posto. Insieme al calo motivazionale e alla necessità di reagire. Shakerate tutti questi ingredienti depressivi e avrete il vostro “Blue Monday”.

Che in realtà è nostro, perché destinato a tutti noi. E quest’anno cade il 15 gennaio. Così almeno secondo lo psicologo Cliff Arnall dell’Università di Cardiff che nei primi anni Duemila, attraverso una complicata equazione, decretò il terzo lunedì di gennaio quale giorno più “nero” dell’anno. O meglio “blue”, il colore associato alla tristezza.

In realtà la giornata è stata individuata non tanto per motivi di umano umore ma quale aziendale indicatore. Infatti si è visto che proprio intorno alla seconda parte di gennaio si impennano ricerche e prenotazioni di viaggi futuri.

Un sogno a portata di mano. Nel blu dipinto di blu.

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Mai tante renne come quest’anno.

Con occhi dolci e pelo lucido osservano curiose il viandante da ogni dove: vetrine, pubblicità, addobbi, auguri.

A chi le guarda con più attenzione risulta però evidente la loro languida stanchezza. Imputabile in parte al surplus di lavoro stagionale, visto che il loro datore/babbo di lavoro elimina in tale periodo i turni di riposo. Ma per una restante quota, quella che celano quasi sempre bene è la nostalgia di casa, dei luoghi noti, dei profumi amati.

E per associazione, non tanto libera ma subito immediata, vedi gli sfruttati del lavoro, pause poche-carichi tanti, e gli immigrati, più o meno volontari. Così ricordi, sempre per associazione, i cosiddetti “uomini di buona volontà”. Sempre più rari, quanto la “pace in terra”.

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Ci risiamo.

Dopo la sperticata (e infelice) laude sulla scelta (non scelta!) di diversi giovani di andare a lavorare all’estero (“alcuni é meglio non averli tra i piedi“) Giancarlo Poletti, ministro del Lavoro (sob!), si lancia nuovamente in iperboli non richieste.

Questa è la volta del suo suggerimento pro occupazione: una partita di calcetto è più utile (sigh!) di tanti curricula. Le relazioni sociali, a detta sua, si sviluppano meglio sul terreno da gioco che a tavolino. Rivelandosi più vantaggiose. Ovvero, sudare si suda ugualmente, ma il risultato cambia in meglio. Sempre a suo dire.

Caro Signor Ministro, urge il silenzio. Tacendo si può far credere di avere pensieri più illuminati di quanto si possa sospettare. E il giovamento, per sé e gli altri, é incredibilmente alto.

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migranti

E così torniamo ad essere un popolo di migratori.

In base al rapporto “Italiani nel Mondo”, pubblicato dalla Fondazione Migrantes della Cei, il numero delle partenze dall’Italia ha superato quello degli arrivi dei lavoratori stranieri. Regno Unito la meta più richiesta, seguito da Germania, Svizzera e Francia. Recessione economica e disoccupazione hanno raggiunto livelli da giustificare la nuova migrazione italiana. A sorprendere semmai è che la regione da cui si registrano più partenze sia la Lombardia, seguita dal Veneto.

Possibile allora che oltre alla carenza di lavoro sia anche la perdita di fiducia nel sistema Italia a far preparare le valigie da emigranti?

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Jean-Prouvé-1

La mostra, “Una passione per Jean Prouvé: dal mobile alla casa”, è bella, esaltata dal luogo che la ospita, la Pinacoteca Agnelli a Torino, perché è sita in alto, tra luce e silenzio. E salendo un’ulteriore rampa ti ritrovi in compagnia delle acque di Canaletto e dei colori di Matisse.

Ma quello che mi ha colpito di questa mostra dell’architetto autodidatta Jean Prouvè è la capacità geniale di alcuni umani di usare al meglio le proprie doti, ponendole anche al servizio degli altri.

Così nasce nel 1954 una casa dal nome poetico, la Maison des Jours Meilleurs, la “Casa per giorni migliori”. Era un inverno freddo e l’ecclesiastico Abbé Pierre aveva fatto un appello per le donazioni finalizzate alla costruzione di alloggi di emergenza per le persone senza fissa dimora. Prouvé pensa a “giorni migliori” anche per gli “ultimi” e progetta 57 metri quadrati, con due camere e un ampio soggiorno. La novità è che la casa è pronta in sette ore col lavoro di due uomini.

La filosofia di lavoro di Prouvé prevedeva un principio, non rimandare le decisioni in modo da non perdere la spinta né indulgere in previsioni non realistiche.

Quanto era avanti rispetto ai suoi tempi questo homo faber

Quanto è indietro il nostro tempo rispetto alle esigenze primarie delle persone.

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primo-maggio

Il lavoro non viene più eseguito con la coscienza orgogliosa di essere utile, ma con il sentimento umiliante e angosciante di possedere un privilegio concesso da un favore passeggero della sorte, un privilegio dal quale si escludono parecchi esseri umani per il fatto stesso di goderne, in breve un posto.

Simone Weil – scrittrice francese (1909-1943)

Ps: che intuizioni hanno certe menti…  Uno sguardo attraverso il tempo.

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In radio poco tempo fa ho sentito delle interviste ad alcuni lavoratori minerari del Sulcis. Pensavo raccontassero della fatica del loro lavoro. Pesante, scuro, usurante. Scelto, o meglio non scelto, per necessità, disperazione, assenza d’altro.

E invece ascolto, con curiosità crescente, di persone non solo fiere del loro lavoro, ma contente di quanto fanno, affascinate dall’ambiente in cui lo fanno, al punto da non poterne più fare a meno. Percependo la luce nel buio.

Scopro così che spesso dividiamo il mondo in scomparti, in preconcetti, in gabbie. Vivendo a volte, io almeno, in miniera.

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