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Posts Tagged ‘lacrime’

Sta diventando il nostro “abito” quotidiano, il nostro “modo d’essere”. Accettare i numeri gravi delle giornaliere perdite di vite umane per SarsCov2. Inquietante e doloroso.

Eppure ci stiamo “abituando”. Come se soffermarci troppo, prendendone piena consapevolezza, non fosse possibile. Per preservarci, per sopravvivere. Come accade in guerra.

Vengono in mente le parole usate da Moravia nel suo romanzo “La ciociara”: “Questo per dire che ci si abitua a tutto e che la guerra è proprio un’abitudine e che quello che ci cambia non sono i fatti straordinari che avvengono una volta tanto ma proprio quest’abituarsi, che indica, appunto, che accettiamo quello che ci succede e non ci ribelliamo più.

Noi, che piangiamo sconvolti le vittime di un terremoto, ci stiamo scordando le lacrime.

Un altro risvolto brutale, per nulla umano, di questa pandemia.

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Renè Magritte, "Il telescopio" (1963)

Suderemo e piangeremo. Non avendo ormai altro da offrire, come disse Churchill all’ingresso in guerra del Regno Unito.

E pagheremo, ancora. Perché finora ci hanno fatto credere che vivevamo nel migliore dei mondi possibili.

Questa è l’ultima chiamata. Poi ci lasciano a terra, definitivamente.

E’ stato chiaro Mario Monti, come da tempo non accadeva. Si deve fronteggiare una “crisi gravissima”, perché l’ammontare “del debito pubblico rischia di compromettere quanto costruito in 60 anni di sacrifici da quattro generazioni almeno di italiani“.

Ma la chiarezza brutale si è fatta drammatica certezza con le parole del ministro Fornero: pronunciando il termine “sacrifici”, riguardanti le pensioni, si commuove e non riesce a continuare.

Lì si è rotta la “quarta parete”, quella che solitamente divide gli spettatori dal palcoscenico teatrale, mantenendo la distanza tra la rappresentazione e la realtà. Con le lacrime della Fornero abbiamo compreso che quei ministri non sono politici, neppure nel tentare impossibili equilibrismi per mantenere saldo il proprio elettorato.

In quel momento si è strappato il pirandelliano “cielo di carta”, di cui la politica aveva accuratamente tappezzato l’intero Paese.

Obbligandoci, ora e ancora, a lacrime e sangue.

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Fatalmente tutto è accaduto a quarantacinque anni esatti dall’alluvione di Firenze.

E di fronte al rumore urlato delle immagini restiamo sempre più muti e spiazzati.

Ma almeno un omaggio a chi nel terzo millennio se ne va per eccesso d’acqua in una metropoli.

Con quella faccia un pò così
quell’espressione un po’ così
che abbiamo noi 
prima di andare a Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c’inghiotte e non torniamo più.
Eppur parenti siamo un po’
di quella gente che c’è lì
che in fondo in fondo è come noi selvatica
ma che paura che ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte 
e non stà  fermo mai.
Genova per noi 
che stiamo in fondo alla campagna
e abbiamo il sole in piazza rare volte 
il resto è pioggia che ci bagna.

Paolo Conte, da “Genova per noi”

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“Del pauroso mondo antico e del pauroso mondo futuro,

era rimasta solo la bellezza, e tu

te la sei portata dietro come un sorriso obbediente.

L’obbedienza richiede troppe lacrime inghiottite,

il darsi agli altri, troppo allegri sguardi

che chiedono la loro pietà! Così

ti sei portata via la sua bellezza.

Sparì come un pulviscolo d’oro.”

Pier Paolo Pasolini, da “Sequenza di Marilyn” (sceneggiatura del film “La rabbia”, 1962-63).

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