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Scrittore mitteleuropeo Claudio Magris, che ha reso onore di continuità alla Trieste di Saba e Svevo e Joyce.

Capace di raccontare una grande visione europea in “Danubio”, così come il minimo universo della vita in “Microcosmi”. Sottesi in entrambi i valori universali. E nel mezzo, sul ponte come ci indica lui, “L’infinito viaggiare” che è l’esplorazione dell’esistenza:

“Alle genti di una riva quelle della riva opposta sembrano spesso barbare, pericolose e piene di pregiudizi nei confronti di chi vive sull’altra sponda. Ma se ci si mette a girare su e giù per un ponte, mescolandosi alle persone che vi transitano e andando da una riva all’altra fino a non sapere più bene da quale parte o in quale paese si sia, si ritrova la benevolenza per se stessi e il piacere del mondo.”

Auguri quindi ai suoi ottant’anni. E alla sua scrittura cristallina, nonché a quella profonda e preveggente capacità di raccontare ogni luogo geografico come luogo essenzialmente umano. Perché, sono parole sue, “è soprattutto nel dialogo, nell’uscire da se stessi e nell’incontrare l’altro, che consiste il senso dell’esistenza.”

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Giotto, "L'Adorazione dei Magi", XIV sec.

EPIFANIA: Dal greco epifanèia, la “manifestazione di una divinità”. Dal III secolo il mondo cristiano rievoca, con il termine Epifania, le manifestazioni divine (miracoli, segni, visioni) di Gesù. In particolare, tra queste manifestazioni, l’adorazione da parte dei Re Magi, il battesimo di Gesù ed il primo miracolo avvenuto a Cana. Oggi il termine indica la prima manifestazione pubblica della divinità, con la visita dei Magi (sacerdoti astronomi Persiani) al bambino Gesù.

Secondo il Vangelo di Matteo i Magi (Melchiorre, Gaspare e Baldassarre), guidati in Giudea da una stella, portano in dono a Gesù bambino, riconosciuto come “re dei Giudei”, oro per la regalità, incenso per la divinità, e mirra quale anticipazione della futura sofferenza redentrice di Cristo, e lo adorano.

Anche per gli scrittori il termine “epifania” presenta un’aura di sacralità. In James Joyce, per esempio, identifica un particolare momento di intuizione improvvisa in cui un’esperienza del passato sale alla superficie della mente riportando dettagli ed emozioni, “rivelatori” del vero significato della vita. Illuminazioni insomma, quelle che Marcel Proust, con un’espressione particolarmente felice, chiamò le “intermittenze del cuore”.


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