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Posts Tagged ‘interviste’

È stato un giornalista di razza, Gianni Minà. E un uomo empatico, libero e gentile.

È sufficiente guardare questa foto, un pezzo di Storia del Novecento. Gabriel García Marquez, Sergio Leone, Muhammad Ali, Robert De Niro. E poi lui, Gianni Minà, sorridente, sornione, il regista di quell’incontro.

Questa foto giustifica il mio lavoro di giornalista – scriveva – È stata fatta a Roma, a Trastevere, davanti al ristorante ‘Checco Er Carettiere’ ed è la summa di quello che è stato il mio modo di essere, del piacere che dà l’amicizia e della possibilità di riunire una sera d’estate, per un inatteso gioco del destino, cinque amici avidi di curiosità per ascoltare i racconti del più affascinante tra di noi, Muhammad Ali, un pugile, ma prima di tutto un combattente della vita. Con lui Sergio Leone, un visionario che ha dato al cinema tutta la fantasia possibile, Robert De Niro, che da molti anni viene indicato come il più prestigioso attore dell’arte cinematografica, e perfino Gabriel García Marquez, lo scrittore colombiano premio Nobel che, prima di andarsene da questo mondo, ci ha regalato le pagine più affascinanti della letteratura del ‘900. Una combriccola così è proprio irripetibile e ancora adesso non so capacitarmi di come sia stato possibile riunire, una sera a Roma, questi amici”.

Anche in questo racconto, la sua profondità e la sua levità. Grazie Gianni Minà.

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Che tristezza scriverne al passato…

Maurizio Costanzo è un pezzo di ciascuno di noi che se ne va. La sua presenza (e come tutti i grandi non ne concepisci l’assenza) era costante (nomen omen), affabile e acuta insieme, sorniona e cinica, da autentico romano. Un po’ Alberto Sordi (con cui condivide dopo vent’anni esatti l’uscita di scena), un po’ Ennio Flaiano (per la capacità di sintetizzare in aforismi i concetti), tanto Maurizio Costanzo. Ossia la caratteristica caleidoscopica di muoversi agilmente su più tavoli comunicativi: la scrittura di canzoni (“Se telefonando” su musica di Morricone resta un gioiello), di film (quel capolavoro di sensibilità altra che è “Una giornata particolare” di Ettore Scola), di libri (numerosi, con “Smemorabilia” autentica chicca intorno agli oggetti perduti, dal telefono a gettoni al calcio balilla).

Ma è la televisione il medium in cui da pioniere (“Bontà loro” con la fatidica domanda sul “Cosa c’è dietro l’angolo?”) diventa abilissimo cerimoniere e poi maestro di ascolto pubblico e privato in quello che fu poi definito talk show. La sua intuizione furono gli ospiti seduti da intervistare, seguendoli però con incalzante acume nei loro racconti, fino a porre in luce aspetti sconosciuti nei già conosciuti e a far diventare conosciuti quelli del tutto sconosciuti (un’altra sua dote fu quella da talent scout). E il “Maurizio Costanzo Show” diviene marchio di fabbrica e palcoscenico istituzionale. Chi “passava” lí (con temuta passerella finale) poteva raggiungere, se coglieva in modo arguto l’occasione, l’agognato riconoscimento.

Chiacchiericcio leggero, note musicali, segreti a tratti smascherati, battute fulminanti, collegamenti inusitati tra ospiti, feroci duelli, e poi lui, Maurizio Costanzo a dirigere l’orchestra di parole. Con lo sgabello alle spalle degli ospiti del Teatro Parioli. Quasi psicanalista di una collettiva seduta di gruppo, in cui tutto era possibile. Anche affrontare con coraggio e spessore temi civili quali la mafia. Senza sconti, a viso aperto, decretandone peraltro l’attentato, per miracolo fallito, a lui e alla moglie Maria De Filippi.

È stata lei, Queen Mary, la sua più importante scoperta, pubblica e privata. Con un connubio lungo trent’anni, in cui la condivisione di affetti e interessi li ha resi la coppia catodica per eccellenza, scoprendo nuovi talenti (si pensi solo ai cantanti Emma Marrone e Irama e altri usciti da “Amici” di Maria) e lavorando sempre sul linguaggio televisivo.

Il sipario che scende su Maurizio Costanzo ci coglie impreparati. Seppur quanto da lui inventato resti anche a sipario chiuso. Grazie.

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