
Avete presente quella piacevole sensazione di quando si entra nella propria casa e si infilano le pantofole? Con l’immediata impressione che il tempo della velocità resta in sospensione per qualche ora?
E se vi dicessi che quest’anno (scolastico, intendo) succede quando vado a scuola (leggi ” al lavoro”), entrando in una mia classe? Lo so, non ci credete.
Eppure è quello che magicamente accade ogni volta che varco la soglia della quarta A.
Appena entro ed incrocio gli sguardi limpidi di questi studenti che accolgono sorridendo il mio “bonjour”, io non capisco, ma la “sensazione pantofole” si è già impossessata di me. E per quanto io possa essere stanca, tesa, pensierosa, ansiosa, quel gruppo comincia a sortire l’effetto “pantofole”.
Si discute di tutto, affrontando l’alto e il basso del mondo, tra sorrisi e riflessioni, praticando la contaminatio di generi e linguaggi, maneggiando con cura l’ironia e l’emozione di ciascuno. Più volte mi sono chiesta quale fosse l’ingrediente speciale. E ora penso di poter affermare che tale ingrediente sia proprio quel rispetto e quella delicatezza di tutti per ognuno, quell’intelligenza rara che permette di lasciarsi andare sapendo che in nome di quella e della stima reciproca non sarai sopraffatto.
Quando suona la campanella di fine lezione e io sono in quarta A… Lentamente sfilo le “pantofole” e torno nel mondo più lieve.
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