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Posts Tagged ‘inconscio’

Una mattina mi son svegliata, purtroppo senza “Bella ciao”, e ho trovato l’invasor. Ovvero un incubo da sveglia.

La parte lucida e razionale di me diceva alla totalità di me, “questa situazione forse è per sempre”. Con attrezzi personali e di mestiere ho tentato di tenere a bada quella parte.

Per fortuna casuale o per ventura celeste ci vengono in soccorso i sogni. E quanto mi ha visitato qualche notte dopo quel pensiero distopico è stato una zattera nel mare senza riferimenti che siamo diventati.

Tutto era blu, il colore della calma, del mare, del cielo. Dei luoghi senza confini. Appunto.

È talmente palese l’autocura dell’inconscio, che ogni tentativo di spiegazione psicoanalitica è superfluo.

Quindi pastelli blu per tutti, a colorare di infinito quei passi che prima o poi riprenderemo a fare.

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Stralcio di conversazione captata al volo per strada tra due uomini adulti: “Quell’assuefazione che è l’archetipo della passione che li divora.”

Significato? I don’t know. Però provate a ripeterlo. È musicale, quasi un mantra. Perché si tratta di due inconsapevoli endecasillabi.

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I poeti non dormono mai. Il loro corpo gli sfugge e si lascia irretire dal sonno. Ma anche mentre dormono, forse il loro inconscio continua a lavorare, ad accumulare immagini e a preparare la poesia successiva.” – Tahar Ben Jelloun, scrittore

Ps: il rischio, dormendo, è perdere le gocce di rugiada, effimero passaggio.

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Scompariva 25 anni fa, il 23 gennaio 1989, Salvador Dalì.

Personalità geniale, sempre pronto a stupire con la sua estrosa e creativa capacità di vedere “altro”, spiazzando chi guarda le sue opere.

Anche solo il suo baffo, allungato in modo tale da renderlo infinito, racconta il mondo immaginifico di un artista che ha fatto del Surrealismo il suo manifesto programmatico. Sogno, inconscio e libertà sono infatti le sue parole guida.

Rinomato per i suoi dipinti folli e visionari, Dalì creò le ‘immagini doppie’, cioè un oggetto che può essere visto sia per se stesso che come parte del tutto. Così le farfalle, per esempio, si fanno vele regalando leggerezza all’andare della nave.

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“ESpress 451” è un treno che viaggia attraverso le storie, per trasmetterle e condividerle. Come gli uomini-libro del bosco lungo la ferrovia in “Fahrenheit 451”. Nel romanzo (1953) di Ray Bradbury (reso magistralmente nel film di Francois Truffaut del 1966) il libro resta lo strumento di un mondo di profonda comunicazione tra le persone e di una rigenerante vita immaginaria. Ricordare i libri a memoria è il tentativo di farsi custodi dell’umana conoscenza.

Ma “ESpress 451” è anche la “stampa” (press), il giornale, di ES, che è sì la forma abbreviata del mio nome, ma pure l’istanza psichica dell’inconscio, ES, come fu coniata da Freud. Quindi le parole di questo blog sono i passi di un viaggio in quelle aree di pensiero da tutti noi sempre meno esplorate. “Perché non c’è tempo”, o  meglio perché non è una qualunque passeggiata fermarsi a riflettere sui propri pensieri, scendendo giù, nelle nostre falde acquifere. Mi torna in mente Antonio Tabucchi quando dice: “E ho pensato alla vita, che è surrettizia, e che raramente mostra in superficie le sue ragioni, e invece il suo vero pensiero avviene in profondità, come un fiume carsico”. Quel fiume sotterraneo in cui tanto di noi rimane nascosto. Sorprendendoci quando viene alla luce, perché alcune risposte erano solo nascoste. In attesa. Come in una stazione.

Nelle categorie le mie “conserve”, di libri, film, arte, musica, versi, luoghi, in cui affondo il “cucchiaio”, saziandomi di cose belle. Semplicemente. Condividere il gusto del cibo con altri rende la mia tavola più ricca. Sempre.

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