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Posts Tagged ‘incendio’

Sembra escluso il collegamento tra l’incendio di Notre-Dame di Parigi e i mozziconi di sigaretta ritrovati in loco, ma gli operai che vi lavoravano hanno ammesso di aver fumato nonostante il divieto.

Due riflessioni. La prima. Nonostante il no, niet, non si deve, forbidden, vietato, interdit, sempre più persone scambiano il concetto di divieto con quello di consiglio.

La seconda è una riflessione – confronto sul divieto di fumo. Che a New York City è talmente in uso in ogni dove da considerare ormai il fumo pratica desueta. È vietato fumare anche in strada e nei parchi, e quasi nessuno tenta l’abuso perché, oltre che mal visto, una divisa solitamente si avvicina e ti sottolinea la tua contravvenzione.

A monito che l’applicazione della regola è necessaria tanto quanto la regola stessa.

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La Bellezza salverà il mondo” è il monito salvifico di Dostoevskij.

Senza però tenere in conto l’Uomo. Che tra incuria e dolo è maestro nell’arte della distruzione.

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Photo by Ester Maero – “A riveder le stelle”

Un’emozione al contempo plastica e mistica quella di ritrovare, e con maggiori luci, le geniali geometrie di Guarino Guarini nella Cupola barocca che custodiva la Sacra Sindone prima del terribile incendio scoppiato nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997.

Un plauso a tutti coloro che vi hanno lavorato con dedizione e professionalità, applicando avanzate soluzioni tecniche per riportare infine la Cupola torinese “a riveder le stelle”.

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Che un incidente possa accadere sta nell’ordine delle umane cose. Altro è quando le responsabilità istituzionali sono lapalissiane.

Può una costruzione civile non avere i requisiti minimi di sicurezza solo perché edilizia “popolare”? Gli estintori antincendio non dovrebbero essere una salvaguardia per tutti? Le scale di sicurezza, nel mondo 2.0, sono ancora un optional? Possibile che la ristrutturazione pubblica di un edificio anni ’70 preveda essenzialmente il posizionamento di pannelli in plastica sulle pareti esterne?

Domande che sembrano riguardare il nostro piccolo e antico mondo italico, che si sa, ce lo diciamo spesso, fa acqua da tutte le parti. Ma forse meno che altrove.

Perché guardando quel palazzo in fiamme, la Grenfell Tower, si fa fatica a credere che sia nella moderna e futuristica Londra. Tanto più che nel suo Dna la capitale britannica porta inscritto il Grande Incendio del 1666 che distrusse quasi per intero la città. Sob!

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Sono passati trent’anni da quella domenica pomeriggio. Fredda, tragica e tristissima.

Giorno di cinema per ragazzi e famiglie. Allo “Statuto” di Torino proiettano il film francese “La capra”, storia della ricerca di una ragazza sparita durante una vacanza in Messico. Un giovane Depardieu, già popolare ma non ancora in odore di espatrio, è il protagonista.

Scegliere tra platea e galleria quel pomeriggio fa la differenza. Perché il fumo va verso l’alto e le uscite d’emergenza dalla galleria sono chiuse a chiave poiché il proprietario della sala teme infiltrati non paganti. A infiltrarsi tra gli spettatori sarà invece il fumo sprigionato dalla combustione di tessuti, tende-poltrone-moquette, per un incendio provocato da un cortocircuito. Per 64 persone, tra cui anche bambini, non c’è scampo.

Dopo quella tragedia, la più grave per Torino dal dopoguerra, l’intero Paese prende coscienza dei rischi sulla sicurezza dei luoghi pubblici di ritrovo, dandosi nuove e più severe regole.

Questa sera al cinema Massimo, sotto la Mole, verrà proiettato il documentario “Sale per la Capra”, realizzato nel 2012 da Fabrizio Dividi, Marta Evangelisti e Vincenzo Greco, che racconta il tragico incendio ricostruendo i fatti. Seguirà la presentazione del libro “Statuto-La memoria perduta”, di Patrizia Durante e Gabriele Galvagno, che ricordano: «Con il tragico incendio dello Statuto tutti vissero un personale, torinese, “11 settembre”, qualcosa di più di un semplice, per quanto devastante, evento storico cittadino. Una data, quel 13 febbraio, che è diventata inconsapevole spartiacque di un prima e di un dopo, specchio dell’anima di una città che è radicalmente cambiata nel corso di una notte».

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Ci sono luoghi che non ho mai visto. E che probabilmente mai vedrò.

Ma l’idea che comunque un particolare luogo esista conforta i miei punti cardinali interiori.

Aleppo è uno di questi luoghi. Sarà il sapone, sarà il pino, sarà la sua lontananza che me lo ha reso sempre esotico.

Il suq medievale poi non è solo luogo di odori e colori con le spezie a danzare intorno, è possibilità di scambi, e conoscenze, e crescita.

Giustamente considerato patrimonio dell’umanità, cioè di tutti noi. Che così ne fruiamo anche solo mentalmente, anche solo da lontano. Sapendo che quel luogo è.

Da oggi quel dedalo di legni intarsiati, carnoso zenzero, tappeti istoriati, profumata cannella, sete damascate, luce di zafferano è un luogo di rovine per l’immane incendio che lo ha divorato. Non un incendio incidentale ma di guerra. Che, come sempre, non risparmia mai nulla.

Le immagini del suk avvolto dalle fiamme dolorose stanno scorrendo sui circuiti internazionali. Quindi me ne sottraggo.

Preferendo ricordare quel luogo come era prima che la mano violenta di qualche uomo lo sottraesse alle fantasie di molti altri.

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