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Posts Tagged ‘Ilaria Occhini’

Anche ora che non è più terreno, non posso che pensarlo così Raffaele La Capria, nell’azzurro dei suoi amori infiniti: la moglie Ilaria (Occhini) che lui definiva il premio più bello della sua vita, e l’isola di Capri il cui nome diceva iscritto quasi per magia nel suo.

Quanto devo al mio scrittore-guida Raffaele La Capria…

Mi ha folgorata con la luminosità e la fugacità della “bella giornata“, “un’immagine primaria” e precaria, di “ossessiva ineffabilità”.

Mi ha condotta, attraverso la sua amata isola azzurra, nella verticalità dei fondali, metaforici e reali, dove il mondo è acqua e trasparenza e gioia (“Nuoti e senti l’azzurro-verde-turchese nelle infinite sue vibrazioni, lo senti risuonare dentro come una scala musicale“).

Mi ha insegnato a riconoscere lo “stile dell’anatra“, in apparenza semplice e leggero sulla superficie dell’acqua, in realtà frutto di un intenso zampettare nella profondità, perché è quello che “non si lascia trasportare dalla corrente”. 

Mi ha incantato associando la letteratura all’arte del tuffo, che per essere bello deve essere eseguito “senza sforzo, e se lo sforzo c’è, non deve apparire” (ancora l’acqua, ancora l’anatra…).

Mi ha reso consapevole, attraverso “La lezione del canarino” (quella forte suggestione provata da bambino quando un cardellino si posò sulla sua spalla, suscitando in lui il desiderio di ricreare le emozioni attraverso la scrittura), di quella urgenza, provata fin da piccola, di scrivere intorno a quanto vedevo/provavo.

Mi ha regalato pagine dense di scrittura azzurra. Per la sua innata capacità di introspezione nei sentimenti e negli eventi, con uno sguardo “altro” e parole alate, come solo i Poeti.

Che tristezza e che fatica doversi accomiatare… Ero sempre in attesa di un suo nuovo scritto, anche solo un pensiero, perché era visione, chiara seppur in controluce, del mondo. A consolarmi le sue parole per tutti noi, a cui attingere per riconoscere, anche a posteriori, “la bella giornata”. Grazie Dudù.

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Strano questo luglio. Amaro e malinconico. Mese di “partenze” notevoli. Che ci lasciano vuoti e soli.

Andrea Camilleri con la sua facondia e la sua Vigàta che entra in quell’olimpo scritturale in cui l’opera ci sarà per sempre. Ma cristallizzata ormai per sempre.

Luciano De Crescenzo con la sua fine ironia e il suo professore Bellavista a rendere più silenziosa quella Bella Napoli culla di intellettuali e teatranti di scuola.

Francesco Saverio Borrelli, già procuratore capo di Milano negli anni di “Mani Pulite”, a ricordarci una magistratura dedita al proprio compito, senza interessi reconditi, facendoci percepire l’attuale organo alquanto sbiadito.

Ilaria Occhini, una dea bella ed elegante, simbolo di una recitazione di valore, a mostrarci un tempo-mondo altro, in cui la Vera Bellezza non necessitava di orpelli.

E ancora. La genialità di Mattia Torre. La sacralità di Valentina Cortese. La creatività di Marisa Merz.

Un luglio triste. Quasi crudele. Seppur ogni mese…

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Mi soffermo sulla scomparsa di Ilaria Occhini soprattutto perché compagna per oltre cinquant’anni di Dudù, il “mio” Raffaele La Capria, l’autore di “Ferito a morte” e ideatore del concetto di “bella giornata”.

Ilaria Occhini è stata un’attrice intensa, dotata di una naturale eleganza espressiva. Ha recitato con Visconti, Ronconi, Patroni Griffi. Ozpetek in particolare è riuscito ad evidenziarla ne “Le mine vaganti”, tanto da condurla al “David di Donatello”.

Eppure la prima cosa che colpiva di lei era la sua bellezza, di cui diceva: “La mia bellezza è come se fosse una cosa, una borsetta, un foulard che porto con me, non ne parlo con nessun vanto“. Ma già suo nonno, lo scrittore Giovanni Papini, scrisse “Per me più bella d’Ilaria non c’è”. E così suo marito La Capria che amava ripeterglielo ogni giorno, “Sei bellissima, la tua bellezza mi distrae”. Con lei di rimando nel loro gioco coniugale: “Che faccio, spengo la luce?”.

Ecco perché scelgo una foto di lei col suo Dudù in una delle loro mitiche estati capresi, in quel tempo che La Capria ha definito “di trasparenza”. Del mare e della vita.

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