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Risultati immagini per il buono il brutto e il cattivo

Uscito alla vigilia del Natale 1966, il film cult di Sergio Leone “Il buono, il brutto, il cattivo” entra ben presto nella storia del cinema e nell’immaginario degli spettatori che ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, si incantano di fronte ad ogni fotogramma pur conoscendone a memoria il dipanarsi.

Così le vicende del “biondo” e taciturno cacciatore di taglie senza nome Eastwood, del loquace bandito “Tuco Ramirez” alias Wallach, e dello spietato sergente unionista “Sentenza” ovvero Van Cleef appassionano nel loro intreccio, reso potente e indimenticabile dalle inquadrature volute da Sergio Leone: campi lunghissimi sul deserto e primissimi piani su volti e dettagli.

Memorabile poi la scena finale del “triello” al cimitero, costruita con cura maniacale, in cui sono gli sguardi dei protagonisti e la musica sublime di Ennio Morricone a raccontare senza parole l’azione. Insieme ad un montaggio sempre più veloce che farà scuola.

Resto grata a mio papà che mi ha fatto conoscere e amare questo film di Leone. Ogni volta che lo guardavamo insieme, pur conoscendone ormai le battute, il silenzio era religioso. E ancora oggi, davanti a questo film, pur da sola sento di non guardarlo da sola.

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Le note del Premio Oscar Ennio Morricone sono immediatamente riconoscibili. E propriamente visibili.

Perché al loro dipanarsi uditivo è fulmineo l’apparire delle scene filmiche che ne hanno scatenato la composizione.

Le immagini sfilano così davanti ai nostri occhi, anche senza rivederle.

Dalla sequenza sgranata dei baci cinematografici in “Nuovo Cinema Paradiso” alla drammatica scena cimiteriale del “triello” ne “Il buono, il brutto, il cattivo”, dal sogno oppiaceo e struggente di Noodles/De Niro in “C’era una volta in America” all’assolo di Gabriel tra i nativi sudamericani in “Mission”. Per ricordarne solo alcune.

Forse è per questo che Ennio Morricone è un Maestro delle colonne sonore. Perché compone musica sublime facendola aderire, quale vestito di alta fattura, al film da musicare. Nota e fotogramma intrecciati in un connubio superiore. Uno di quei matrimoni che, se ben riusciti, durano per sempre. In virtù di un sommo sacerdote ad officiare tale rito.

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leone

Lo so, si tratta di una mostra ormai conclusa. Ma “C’era una volta in Italia. Il cinema di Sergio Leone” merita una riflessione su quanto di questo cineasta visionario e innovativo ci sia ancora da indagare e scoprire, traendone insegnamento e piacere.

Immagini, documenti, costumi, pistole, frammenti, testimonianze, rarità d’archivio, inediti e fotografie della famiglia Leone sono state raccontate con cura e dovizia di particolari. Ripercorrendo il cammino da pioniere di Sergio Leone nella filmica europea del Far West.

Ed è nella comparazione di alcune sequenze che si scopre che la genesi del famoso “triello” finale de “Il buono, il brutto, il cattivo” sta già, in nuce, nella scena del duello della pellicola precedente, “Per qualche dollaro in più“, in cui Clint Eastwood interpreta già il “terzo” che, solo guardando, partecipa però alla sequenza stessa. E non appare un caso che nel “triello” lo spettatore ritrovi poi Clint il “buono” e il “cattivo” Lee Van Cleef, scoprendo invece trasformato il precedente indio Gian Maria Volonté nel “brutto” Eli Wallach.

Un cinema epico quello di Sergio Leone. Non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello letterario.

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