Che la terra possa tremare fa parte della “natura delle cose”, come diceva Lucrezio.
Quello che non fa parte del corso naturale degli eventi è che andando a lavorare ti crolli mortalmente addosso il capannone in cui vai a svolgere la tua mansione (avranno verificato l’agibilità?, ti sei chiesto stamattina entrando). Non è ammissibile, soprattutto, che la terra d’Italia, che sismica è oltre ogni ragionevole dubbio, non sia ancora stata ripensata alla luce delle ultime e più avanzate tecniche costruttive e conservative. Ancora una volta ci ritroviamo a piangere le vittime e a darci ulteriori e futuribili programmi di riassetto del territorio nazionale, per poi dimenticare in poco tempo i pro-memoria che puntualmente stiliamo per tenere a bada i sensi di colpa.
Forse è questo che chiede il “popolo” quando dà segnali di insofferenza nei confronti della politica. Che finalmente il nostro denaro sia investito per il Paese intero, e non solo per alcuni suoi abitanti. E che le “grandi opere” di rappresentanza si tramutino in “piccole opere” di manutenzione. Con meno promesse e più certezze. Per piangere meno, potendo essere orgogliosi del nostro territorio. Fatto di opere davvero grandi e uomini ricchi di dignità e onestà. Che vanno al lavoro, come sempre, anche quando la terra trema.