Indro Montanelli dopo aver visto “La dolce vita” scrisse: «Non siamo più nel cinematografo, qui. Siamo nel grande affresco. Fellini secondo me non vi tocca vette meno alte di quelle che Goya toccò in pittura, come potenza di requisitoria contro la sua e la nostra società».
Federico Fellini nasceva 100 anni fa, regalando al mondo sogni in pellicola.
Onirico, visionario, circense il suo cinema, capace di creare mondi in rapporto dialettico con quello reale. Anticipando mode, fustigando pensieri, creando personaggi.
Con il contributo di due indispensabili compagni di viaggio, Giulietta Masina e Marcello Mastroianni. Gli occhi spalancati e ingenui della vagabonda Gelsomina de “La strada” e lo sguardo trasognato del giornalista Marcello Rubini davanti al bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi ne “La dolce vita” non sono che due esempi di fotogrammi felliniani. Sempre complessi, bizzarri, grotteschi, barocchi.
I suoi film conquistano presto l’attenzione internazionale, fino alla consacrazione con quattro Oscar. Titoli che sono diventati quasi modi di dire: “Lo sceicco bianco”, “I vitelloni”, “Le notti di Cabiria”, “8½”, “La città delle donne”, “Amarcord”, “E la nave va”, “La voce della luna”.
Rendiamo omaggio al grande Federico, con quell’Amarcord con cui ha reso unico il tempo dell’adolescenza, rievocando la propria attraverso la nebbia e il sogno. Riattivandola così, in modo empatico e nostalgico, in ciascuno di noi.