
Johannes Lingelbach, "Carnevale in Roma", 1650-51
CARNEVALE: Dal latino carnem levare, “eliminare la carne”, l’espressione medievale usata per indicare la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne dal primo giorno di Quaresima fino alla Pasqua. Il “Carnevale” denota infatti il periodo tra l’Epifania e la Quaresima, periodo caratterizzato fin dall’antichità da festeggiamenti smodati intorno al cibo, al vino e al piacere, col sovvertimento autorizzato dell’ordine sociale vigente, nascondendo la propria identità e ruolo dietro le maschere.
Il Carnevale, poiché coincidente con l’inizio dell’anno agricolo, è collegabile con le feste dionisiache, in onore del dio greco del vino, e ai Saturnali romani, in cui si sospendeva il rapporto servo-padrone. Il sovvertimento dei ruoli caratterizza infatti il periodo carnevalesco, con le classi popolari che mettono alla berlina i potenti, anche attraverso i carri allegorici. Ciò è possibile, anzi è permesso, perché tale irrisione è limitata nel tempo.
Conviene quindi godere della festa, come suggerisce Lorenzo De Medici nel suo “Trionfo di Bacco e Arianna”, un canto appunto carnascialesco: “Donne e giovinetti amanti / viva Bacco e viva Amore! / Ciascun suoni, balli e canti! / Arda di dolcezza il core! / Non fatica, non dolore! / Ciò c’ha esser, convien sia. / Chi vuol esser lieto, sia: / di doman non c’è certezza.“
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