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Giuseppe D’Asta, “Il mare in testa”

Per me “il mare in testa” è una costante.

Perché il liquido specchio di sale è mio orizzonte di festa in testa. E perché onde e pesci esplicitano alquanto il mio mare di pensieri in fieri.

Oggi, in un giorno che all’orizzonte appare di maroso per contestazione e protesta, spero che a tutti salga “il mare in testa”. Al fine di ritrovare i suoni armonici di quando eravamo branchie e pinne e squame. Costruttori minimi di ben altre trame.

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In linguaggio tecnico sono i “gingerbread men”. In linguaggio festivo fanno semplicemente Natale.

E allora, nel giorno degli addobbi, via libera agli omini di zenzero. Buoni, belli e coccolosi. Un regalo che sa di cucina, calore e attenzione. Per risvegliare tutti i sensi.

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“Carnevale” di Daniele Vannucci

Il Carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù.” – Michail Bachtin, da “L’opera di Rabelais e la cultura popolare”

Tale abolizione oggi sembra essere definitiva. Con il Carnevale a dominare ogni giorno. No regole, no tabù. Poche gerarchie, in virtù dell’uno vale uno. E i privilegi invece mantenuti, in ricordo di antichi istituti.

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Un tempo “addobbare” era “in-vestire” un cavaliere, quindi in modo più ampio “investire di dignità” qualcuno.

Poi si passò a vestire a festa l’albero, rendendolo “albero di Natale” coi relativi addobbi.

E se oggi “in-vestire” noi stessi e gli altri di dignità fosse la nuova frontiera, l’addobbo 2.0?

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zucca-turbante-di-turco-mini

Quasi quasi azzardo e scelgo “scherzetto”.

Del resto è un po’ di tempo che ci fanno credere che le zucche siano carrozze…

Ps: ogni riferimento a qualsivoglia “fiaba” è puramente casuale.

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cenerentola

In questi giorni ovunque ti volti vedi zucche. Risotti, fantasmi, dolcetti, scherzetti. E allora decido di tornare alla mia prima zucca, che è quella resa carrozza da una fata per Cenerentola. Rendendo possibile un sogno.

« “Sono la fata tua madrina e mi chiamo Smemorina. Non abbiamo molto tempo a disposizione. Penso che per prima cosa tu abbia bisogno di una zucca.” Cenerentola non capì il motivo, ma obbedì e raccolse una grossa zucca.  La fata agitò la sua bacchetta magica verso di essa, e cantò: “Salagadula, mencica bula, bibbidi-bobbidi-bu….“. La zucca si alzò lentamente sul fusto, mentre i viticci arrotolandosi si trasformarono in ruote: in un attimo diventò una stupenda carrozza. »

Una festa per Cenerentola. Un’autentica Halloween ante litteram.

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Dire grazie espande il cuore.

E fa gioire appieno per quanto ricevuto.

Di qualsiasi raccolto si tratti.

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Sapore di festa la griglia in compagnia.

La carne da ricercare con cura meticolosa, il barbecue da preparare con riti maniacali, aromi e oli da spennellare.

E poi la brace, cioè fumo che avvolge salsicce, costine, braciole, verdure e commensali.

Con l’atmosfera tutta affumicata, appetitosa, gioiosa.

Un giorno d’estate. Che sa di cose fino in fondo gustate.

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Patate e fagiolini fanno da tappezzeria.

Le trofie sono le reginette della festa.

Ma è solo lui che può creare la giusta atmosfera.

Odoroso, gustoso, godurioso. Il pesto.

Assaporandolo senti quanto il sole abbia baciato quelle foglie di basilico che adesso fanno titillare il tuo palato.

Anche quello interiore.

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Johannes Lingelbach, "Carnevale in Roma", 1650-51

CARNEVALE: Dal latino carnem levare, “eliminare la carne”, l’espressione medievale usata per indicare la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne dal primo giorno di Quaresima fino alla Pasqua. Il “Carnevale” denota infatti il periodo tra l’Epifania e la Quaresima, periodo caratterizzato fin dall’antichità da festeggiamenti smodati intorno al cibo, al vino e al piacere, col sovvertimento autorizzato dell’ordine sociale vigente, nascondendo la propria identità e ruolo dietro le maschere.

Il Carnevale, poiché coincidente con l’inizio dell’anno agricolo, è collegabile con le feste dionisiache, in onore del dio greco del vino, e ai Saturnali romani, in cui si sospendeva il rapporto servo-padrone. Il sovvertimento dei ruoli caratterizza infatti il periodo carnevalesco, con le classi popolari che mettono alla berlina i potenti, anche attraverso i carri allegorici. Ciò è possibile, anzi è permesso, perché tale irrisione è limitata nel tempo.

Conviene quindi godere della festa, come suggerisce Lorenzo De Medici nel suo “Trionfo di Bacco e Arianna”, un canto appunto carnascialesco: “Donne e giovinetti amanti / viva Bacco e viva Amore! / Ciascun suoni, balli e canti! / Arda di dolcezza il core! / Non fatica, non dolore! / Ciò c’ha esser, convien sia. / Chi vuol esser lieto, sia: / di doman non c’è certezza.


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